Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10098 del 18/05/2015
Civile Sent. Sez. L Num. 10098 Anno 2015
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: MANNA ANTONIO
SENTENZA
sul ricorso 2539-2014 proposto da:
BORSINI RODOLFO C.F. BRSRLF55C11C1LLE, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA CASAL DE’ PAZZI 148, presso
lo studio dell’avvocato WALTER FELICIANI,
rappresentato e difeso dagli avvocati RICCARDO
LEONARDI, DANIELE PROVINCIALI, giusta delega in atti;
– ricorrente –
2015
contro
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ELICA S.P.A. C.F. 00096570429, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in ROMA,
CORSO TRIESTE 87,
presso lo studio
Data pubblicazione: 18/05/2015
dell’avvocato ARTURO ANTONUCCI, che la rappresenta e
difende unitamente agli avvocati PAOLO GNEMMI,
MAURIZIO BOSCARATO, giusta delega in atti;
controricorrenti
avverso la sentenza
n. 45/2013 della
–
CORTE D’APPELLO
udita la relazione della causa svolta
udienza del
14/01/2015
nella
pubblica
dal Consigliere Dott. ANTONIO
MANNA;
udito l’Avvocato PINELLI MARIO per delega LEONARDI
RICCARDO;
udito l’Avvocato ANTONUCCI ARTURO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.
di ANCONA, depositata il 22/01/2013 r.g.n. 706/2012;
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RG. n. 2539/14
Ud 14.1.2015
Borsini c. Elica S.p.A.
Estensore: dott. Antonio Manna
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza depositata il 22.1.13 la Corte d’appello di Ancona dichiarava
inammissibile il ricorso per revocazione proposto da Rodolfo Borsini contro la
sentenza n. 1147/11 con cui la stessa Corte territoriale aveva rigettato la sua
domanda di condanna della Elica S.p.A. a pagargli compensi per l’attività
lavorativa svolta a vantaggio di detta società nel periodo in cui il lavoratore
risultava dipendente della F1ME S.p.A.
Per la cassazione della sentenza ricorre Rodolfo Borsini affidandosi a quattro
motivi (erroneamente rubricati come cinque in ricorso)
Elica S.p.A. resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1- Con il primo motivo il ricorso lamenta violazione e falsa applicazione dell’art.
395 n. 4 c.p.c. per avere l’impugnata sentenza affermato un fatto — l’esistenza d’un
gruppo di società tra Elica S.p.A. e FIME S.p.A. — che invece doveva considerarsi
pacificamente escluso.
La stessa censura viene sostanzialmente fatta valere con il secondo motivo sotto
forma di vizio di motivazione, nonché con il terzo e il quarto motivo (quest’ultimo
erroneamente rubricato come quinto), sotto il profilo del carattere decisivo
(contrariamente a quanto ritenuto dalla gravata pronuncia) della circostanza
dell’inesistenza del gruppo societario fra le predette due società.
2- I quattro motivi di ricorso — da esaminarsi congiuntamente perché connessi —
sono infondati.
L’errore di fatto idoneo a dare luogo alla revocazione ex art 395 n. 4 c.p.c.
consiste non gia in un errore di giudizio, bensì in una mera svista materiale, vale a
dire in un errore meramente percettivo che abbia indotto il giudice a supporre
l’esistenza di un fatto la cui verità sia esclusa in modo incontrovertibile oppure a
considerare inesistente un fatto positivamente accertato. Tale errore — a sua volta deve trasparire dalle risultanze processuali con assoluta immediatezza, ossia con
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R. G. n. 2539114
Ud. 14.1.2015
Borsini a Elica S.p.A.
Estensore: dott. Antonio Manna
carattere di semplicità, concretezza e facile rilevabilità (cfr. giurisprudenza costante,
da Cass. n. 22080/13 fino a Cass. n. 1013/79), il che non è ove, per dimostrarne
l’esistenza, si invochi — come nel caso in oggetto – una totale rivisitazione di
deposizioni e documenti in confronto tra loro per dimostrare l’insussistenza d’un
gruppo societario tra Elica S.p.A. e FIME S.p.A.
A tale rilievo — di per sé già dirimente – si aggiunga che parlare di un gruppo di
società (nella, più ampia, accezione giuslavoristica e non in quella desumibile
dall’art. 2359 c.c, in tema di società controllate o collegate) involge un giudizio di
tipo (anche) giuridico e non semplicemente fattuale, in quanto tale estraneo alla
sfera di applicazione del rimedio di cui all’art. 395 n. 4 c.p.c.
3- In conclusione, il ricorso è da rigettarsi.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la
soccombenza.
P.Q.M.
La Corte
dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente a pagare le spese del
giudizio di legittimità, liquidate in curo 100,00 per esborsi e in curo 3.500,00 per
compensi professionali, oltre accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13 co. I quater d.P.R. n. 115/2002, come modificato dall’art. 1 co.
17 legge 24.12.2012 n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del co. 1 bis dello stesso art.
13.
Così deciso in Roma, in data 14.1.2015.
Ne,