Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10097 del 18/05/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 10097 Anno 2015
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: GHINOY PAOLA

SENTENZA

sul ricorso 8923-2011 proposto da:
UGLIETTI

SALVATORE

C.E.

GLTSVT40M09F839S,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE CLODIO 14,
presso lo studio dell’avvocato MASSIMO DI CELMO, che
lo rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

2015
158

contro

I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE
CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, (C.E. 01165400589),
in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE

Data pubblicazione: 18/05/2015

144, presso lo studio degli avvocati LUIGI LA
PEOCERELLA, RAFFAELA FABBI, che lo rappresentano e
difendono giusta delega in atti;
controricorrente

avverso la sentenza n. 6185/2010 della CORTE D’APPELLO
di NAPOLI, depositata il 14/10/2010 r.g.n. 7098/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/01/2015 dal Consigliere Dott. PAOLA
GHINOY;
udito l’Avvocato DI CELMO MASSIMO;
udito l’Avvocato FAVATA EMILIA per delega FABBI
RAFFAELLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PAOLA MASTROBERARDINO, che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso.

«

:
,

R. Gen. N. 8923/2011
Udienza 14.1.2015

I

RAGIONI DELLA DECISIONE

%

r

I. Con la sentenza n. 6185 del 2010 la Corte d’appello di Napoli, accogliendo il
gravame proposto dall’Inail avverso la sentenza del Tribunale che aveva riconosciuto
in favore di Salvatore Uglietti una rendita per malattia professionale (fibrosi
polmonare) rapportata al grado invalidante del 30%, dopo avere disposto nuova

dell’11%.
2. Per la cassazione della sentenza Salvatore Uglietti ha proposto ricorso,
affidato a un solo articolato motivo, cui ha resistito con controricorso l’inali.
3. Il ricorso è fondato sulla censura di violazione e falsa applicazione
dell’articolo 41 c.p., nonché degli articoli 115 e 116 c.p.c. e di omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione.
Il ricorrente sostiene che la Corte d’appello avrebbe avallato le conclusioni del
c.t.u., affette da un vizio che configurerebbe devianza dalle nozioni correnti di
scienza medica nella metodologia valutativa assunta a fondamento della
quantificazione del danno. Riferisce infatti che il consulente d’ufficio, avendo
riscontrato una tubercolosi anamnestica ed un tabagismo, ha ritenuto che fossero
presenti tre fattori di rischio per il sistema respiratorio ed ha quindi diviso il danno
per tre, in violazione del principio previsto dall’articolo 41 c.p. di cosiddetta
equivalenza delle concause, per cui deve essere riconosciuta efficienza causale ad
ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta, alla produzione
dell’evento. Deduce che le cause extraprofessionali possono rivendicare un ruolo
nella determinazione della malattia e possono esercitare un effetto congiunto
moltiplicativo sul rischio, circostanza della quale la Corte d’appello non ha tenuto
conto, omettendo di argomentare circa la metodologia diagnostica adoperata, la
tipologia delle sostanze nocive, la letteratura medica in materia.
4. Il ricorso non è fondato.
Va premesso che il ricorrente richiama la regola contenuta nell’art. 41 c.p,
costantemente applicata nella materia delle malattie professionali, per cui il rapporto
3
,..

causale tra evento e danno è governato dal principio dell’equivalenza delle
condizioni, secondo il quale va riconosciuta l’efficienza causale ad ogni antecedente
PaoJ Gjinoy, estensore
3

consulenza tecnica medico-legale, rideterminava il grado di invalidità nella misura

R. Gen. N. 8923/2011
Udienza 14.12015

che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, alla produzione

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dell’evento, salvo il temperamento, previsto nella stessa disposizione, in forza del
quale il nesso eziologico è interrotto dalla sopravvenienza di un fattore sufficiente da
solo a produrre l’evento, tale da far degradare le cause antecedenti a semplici
occasioni (v. Cass. n. 1477 del 2014, Cass. n. 17959 del 2005, Cass. n. 6722 del

5. Alcune sentenze (Cass. n. 21021 del 2007, Cass. n. 6195 del 2003 e Cass. n.
2352 del 2004) hanno però evidenziato la differenza che esiste tra il caso in cui un
evento patologico unitario ed indivisibile sia conseguenza di più fattori causali (c.d.
concause di lesione, secondo la dottrina medico-legale), regolato appunto dal
principio della equivalenza delle cause, da quello in cui invece, in presenza di un
concorso di cause, sia possibile individuare quali effetti siano conseguenza di una
causa e quali conseguenza dell’altra (c.d. concause di invalidità). Quest’ultima ipotesi
è ravvisabile per esempio nel caso, ripetutamente esaminato dalla giurisprudenza
(cfr. Cass. S.U. n. 6846 del 1992 e, più di recente, Cass. n. 7933 del 2000), in cui un
determinato grado complessivo di ipoacusia sia addebitatile per una certa parte a
fattori extralavorativi, quali la riduzione della capacità uditiva fisiologicamente
dovuta all’età del soggetto, e in parte a fattori lavorativi, e comporta l’
indennizzabilità della lesione per la sola parte addebitabile al rischio coperto
dall’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
6. Nel caso in esame, il ricorrente non riferisce per quale motivo la Corte
d’appello, recependo le conclusioni del c.t.0 che ha fatto ricorso all’ipotesi c.d. delle
concause di invalidità – con valutazione autonoma della percentuale invalidante
derivante dalla noxa professionale rispetto all’invalidità attribuibile agli ulteriori
,

fattori individuati- abbia errato. Non viene proposta infatti alcuna giustificazione
dell’ affermazione secondo la quale la malattia polmonare da cui è affetto sarebbe
addebitabile alla causa professionale, mentre gli ulteriori fattori avrebbero assunto un
effetto moltiplicativo del rischio lavorativo, ciò che avrebbe richiesto il preciso
riferimento, che nel caso manca, alle caratteristiche concrete dell’attività lavorativa,

ì

della malattia e della sua evoluzione nel tempo, nonché alla natura ed effetti dei
riscontrati agenti extraprofessionali.
Paola hinoy,

estensore

4

2003).

R. Gen. N. 8923/2011
Udienza 14.1.2015

E’ stato infatti su tale aspetto precisato che “nel caso di malattia ad eziologia
multifattoriale, il nesso di causalità relativo all’origine professionale della malattia
non può essere oggetto di semplici presunzioni tratte da ipotesi tecniche teoricamente
possibili, ma necessita di una concreta e specifica dimostrazione, e, se questa può
essere data anche in termini di probabilità sulla base delle particolarità della

dell’eziologia), è necessario pur sempre che si tratti di “probabilità qualificata”, da
verificarsi attraverso ulteriori elementi (come ad esempio i dati epidemiologici),
idonei a tradurre la conclusione probabilistica in certezza giudiziale (v. Cass. 12-52004 n. 9057). Ciò significa che anche l’ incidenza sulla malattia derivante
dall’attività lavorativa delle concause extralavorative, nonché il loro effetto
congiunto moltiplicativo sul rischio, al di là della mera affermazione, avrebbero
dovuto essere oggetto di deduzione e prova nel senso indicato, che escludesse
l’ipotesi, ritenuta dal c.t.u., di cause efficienti autonome.
7. Segue coerente il rigetto del ricorso.
8. La natura del diritto azionato in giudizio impone l’esonero della parte
soccombente dal pagamento delle spese processuali, ai sensi dell’art.152 disp. att.
c.p.c., nel testo vigente prima delle modifiche apportate dal D.L. n. 269 del 2003
(conv. in L. n. 326 del 2003) nella specie inapplicabili perché il deposito del ricorso
di primo grado è anteriore al 3 ottobre 2003.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.
Così deciso in Roma, il 14.1.2015

fattispecie (essendo impossibile, nella maggior parte dei casi, ottenere la certezza

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