Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10094 del 27/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 27/04/2010, (ud. 26/03/2010, dep. 27/04/2010), n.10094

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – rel. Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

D.G. e GALLANT S.A.S. DI DONATO GIUSEPPE E POSSENTI

LUISA & C, in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimato –

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria

Regionale dell’Emilia Romagna, sez. 1^, n. 107, depositata il 2

ottobre 2007;

Letta la relazione scritta redatta dal consigliere relatore dott.

Cappabianca Aurelio;

constatata la regolarita’ delle comunicazioni di cui all’art. 380 bis

c.p.c., comma 3;

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Premesso:

– che D.G., in proprio e per la Gallant s.a.s., propose ricorso avverso provvedimento, D.L. n. 12 del 2002, ex art. 3, comma 3 convertito in L. n. 73 del 2002, con il quale l’Ufficio, sulla scorta di verbale di contestazione Inps in esito a verifica del 30.6.2003, gli aveva irrogato sanzione amministrativa, per essersi avvalso, dall’1.1.2003, dell’attivita’ lavorativa di lavoratrice, in nero, non risultante dalle scritture e dalla documentazione obbligatoria;

che l’adita commissione tributaria respinse il ricorso, ma, in esito all’appello del contribuente, la commissione regionale riformo’ parzialmente la decisione impugnata;

che in particolare, rilevato “che l’ispezione condotta da funzionari dell’I.n.p.s. (con accesso in data 30.6.2003) ha accertato la mancata iscrizione, nelle scritture obbligatorie, della lavoratrice in questione”, i giudici di appello – assunto che, in forza della sentenza della Corte cost. 144/05, la sanzione aggiuntiva per lavoro irregolare deve essere calcolata dalla data di effettiva instaurazione del rapporto irregolare ed atteso che risultava provato in atti che la dipendente si era trattenuta all’Estero sino al (OMISSIS) – annullarono parzialmente il provvedimento impugnato, rimodulando l’importo della sanzione irrogata con riferimento alla data di effettivo inizio dell’occupazione irregolare (anziche’ alla data dell’inizio dell’anno) e facendo riferimento, per la quantificazione delle sanzioni, allo ius superveniens costituito dal D.L. n. 223 del 2006, art. 36 bis, comma 7;

rilevato:

– che, avverso la decisione di appello, l’Agenzia ha proposto ricorso per Cassazione, in tre motivi;

– che il contribuente non si e’ costituito;

osservato:

– che, con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia deduce “violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, per motivi attinenti alla giurisdizione” e formula il seguente quesito di diritto: “Dica, la Corte, se, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 130 del 14 maggio 2008, che ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 2, comma 1 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nella L. 30 dicembre 1991, n. 413, art. 30), nella, parte in cui attribuisce alla giurisdizione tributaria le controversie relative alle sanzioni comunque irrogate da uffici finanziari, anche laddove esse conseguano alla violazione di disposizioni non aventi natura tributaria, la giurisdizione sulle controversie relative alle sanzioni irrogate dagli Uffici Finanziari per l’impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture obbligatorie appartenga alla giurisdizione del giudice ordinario e, conseguentemente, alla Commissione Tributaria Regionale non spetti piu’ la giurisdizione a decidere sulla presente controversia”;

considerato:

– che il mezzo e’ inammissibile, atteso che ogni valutazione in merito alla giurisdizione risulta in questa sede preclusa, alla luce di quanto puntualizzato dalle ss.uu., con le sentenze 24883/08 e 26019/08;

osservato:

– che, con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia deduce “violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 3 – nel testo vigente ratione temporis – del D.L. 22 febbraio 2002, n. 12. convertito con modificazioni in L. 23 aprile 2002, n. 13, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3″ e formula il seguente quesito di diritto; “Dica codesta Suprema Corte se all’atto di irrogazione di sanzioni del 1/3/2005 scaturito a seguito di processo verbale di constatazione I.n.p.s. del 13/8/2003, debba ritenersi applicabile la disciplina di cui al D.L. n. 12 del 2002, art. 3, comma 3 conv. in L. n. 73 del 2002, nella versione vigente ratione temporis, ossia prima della modifica introdotta dal D.L. n. 223 del 2006, art. 36 bis, comma 7, lett. a) e b) convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248 ed entrata in vigore in data 12/8/2006”;

considerato:

che il mezzo e’ inammissibile, posto che – a fronte dell’affermazione dei giudici di appello di aver definito la sanzione, in funzione di quanto deciso da C. cost. 144/05 – l’Agenzia ricorrente non censura minimamente il richiamo all’evocato criterio ne’ offre indicazione alcuna atta ad rivelarne l’uso scorretto, cosi’ evidenziando di non cogliere la ratio della decisione impugnata;

osservato:

– che, con il terzo motivo di ricorso, l’Agenzia ha dedotto “violazione di legge e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, comma 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4″ e formulato il seguente quesito: “… se l’elemento dedotto per la prima volta davanti al giudice di secondo grado (nella fattispecie concreta relativo alla non presenza in Italia della lavoratrice), comporti il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato e conseguentemente violi il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57”;

considerato:

che, anche tale motivo di ricorso appare manifestamente infondato, posto che dalla stessa sentenza impugnata emerge che, gia’ in primo grado, il contribuente aveva posto il tema della prova della data di decorrenza dei rapporti in nero, ai fini della determinazione della sanzione;

ritenuto:

– che, pertanto, il ricorso va respinto nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;

che, stante l’assenza d’attivita’ difensiva dell’intimato, non vi e’ luogo a provvedere sulle spese.

P.Q.M.

LA CORTE Respinge il ricorso.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 26 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2010

 

 

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