Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10094 del 09/05/2011

Cassazione civile sez. III, 09/05/2011, (ud. 26/11/2010, dep. 09/05/2011), n.10094

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – rel. Consigliere –

Dott. LEVI Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 9944/2006 proposto da:

AZIENDA OSPEDALIERA SANTA CROCE & CARLE DI CUNEO (OMISSIS), in

persona del Direttore Generale e legale rappresentante Dott. M.

F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SALARIA 162, presso

lo studio dell’avvocato MEINERI Giovanni, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato GIORDANENGO VITTORIO giusta delega a

margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE BOVES (OMISSIS), in persona del Sindaco pro tempore, Dott.

R.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

PIERLUIGI DA PALESTRINA 63, presso lo studio dell’avvocato CONTALDI

Mario, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato BARALE

PIERCARLO giusta delega a margine del controricorso;

ASSOCIAZIONE SPORTIVA SANTA CROCE GOLF CLUB (OMISSIS), in persona

del suo Presidente e legale rappresentante Sig. O.E.,

elettivamente domiciliata in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE

DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’Avv. LAZZARONE FRANCO

giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

A.S., GOLF CLUB CUNEO S.R.L., IMM. SPORTIVA SANTA CROCE

S.R.L. IN LIQ., ASSOCIAZIONE GOLF CLUB CUNEO, P.G.,

RESIGOLF S.R.L. IN LIQ.;

– intimati –

avverso la sentenza 16/05 della CORTE D’APPELLO di TORINO, Sezione

Quarta Civile, emessa il 13/01/2005, depositata il 23/03/2005 R.G.N.

341/03;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

26/11/2010 dal Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;

udito l’Avvocato MEINERI GIOVANNI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso con l’accoglimento del primo

motivo, in subordine al quinto motivo del ricorso con assorbimento

degli altri motivi.

Fatto

IN FATTO

L’Azienda ospedaliera “S. Croce e Carle”, nel convenire in giudizio dinanzi al tribunale di Cuneo l’Associazione sportiva Santa Croce Golf Club, il Golf Club Cuneo, l’Immobiliare sportiva S. Croce s.r.l., la Resigolf s.r.l., la Golf club Cuneo s.r.l. e i coniugi A.S. e P.G. sulla premessa che, ai sensi della legge istituiva del servizio sanitario nazionale (L. n. 833 del 1978), gli immobili appartenenti agli enti ospedalieri contestualmente soppressi erano stati trasferiti ai comuni con vincolo di destinazione alle USL, espose:

– che, con decreto del presidente della giunta regionale del Piemonte, l’ente ospedaliere S. Croce era stato soppresso, con trasferimento dei beni ricompresi nel patrimonio dell’ente ai vari comuni aventi diritto;

– che i medesimi beni erano stati poi trasferiti, con provvedimento regionale, dai comuni alle USL, ovvero alle Aziende ospedaliere di nuova istituzione;

– che il complesso di beni immobili denominati (OMISSIS), sito nel comune di Boves, prima di essere trasferito al patrimonio dell’Azienda ospedaliera esponente, aveva costituito oggetto – nel periodo in cui tale complesso immobiliare era stato ricompreso nel patrimonio del comune – di una convenzione che, in spregio al vincolo di destinazione, aveva trasferito alla Associazione sportiva Golf Club S. Croce, con sede in Torino, il diritto di superficie sull’area sulla quale insisteva il fabbricato denominato (OMISSIS), con contestuale concessione in affitto del fabbricato denominato (OMISSIS) e del circostante terreno, per una durata di 60 anni;

– che il trasferimento in parola aveva la finalità di consentire alla società affittuaria la costruzione di un campo da golf verso un canone annuo di L. 50 milioni, di cui 49.500.000 a titolo di affitto e 500.000 quale corrispettivo del costituito diritto di superficie;

– che la stipula della convenzione non era stata preceduta dalla preventiva adozione di uno specifico provvedimento da parte dell’assemblea generale della Usl;

– che il comune non aveva rispettato le procedure stabilite ex lege per la scelta del contraente;

-che tutti i soggetti (illegittimamente) occupanti gli immobili avevano apportato trasformazioni di considerevole entità ai fabbricati e alle relative pertinenze, oltre a procedere alla edificazione di nuove unità immobiliari ad uso abitativo, pur essendo il compendio sottoposto a vincolo della L. n. 1089 del 1939, ex art. 4, oltre che ricompreso nel patrimonio indisponibile dell’ente territoriale;

– che l’Associazione sportiva e i suoi successivi aventi causa non avevano pagato il canone di affitto, rendendosi gravemente inadempienti agli obblighi contrattuali;

– che, con riguardo, in particolare, agli aventi causa dell’Associazione sportiva, quest’ultima aveva ceduto, nell’ottobre del 1989, il diritto di superficie alla Immobiliare sportiva S. Croce srl ed alla Resigolf srl, mentre il comune di Boves nel luglio del 1993 avrebbe a sua volta concesso alle due società il medesimo ius inaedificandi su altra area limitrofa;

– che, nel gennaio del 1994, la Resigolf aveva venduto ai coniugi A. un appartamento con pertinenze facente parte del complesso di nuova edificazione, mentre la Immobiliare S. Croce aveva a sua volta alienato alla Golf Club Cuneo srl parte del fabbricato edificato in proprietà superficiaria;

– tanto premesso, l’attrice chiese, in via principale, l’accertamento della nullità della convenzione, la declaratoria della inesistenza di alcun diritto in capo agli aventi causa dell’Associazione sportiva sul compendio immobiliare di cui alla narrativa, la condanna dei convenuti alla restituzione dei beni, alla loro riduzione in pristino, al risarcimento dei danni anche ambientali, alla corresponsione (dal 1994 alla restituzione) di un indennizzo per arricchimento senza causa pari al valore economico della utilizzazione del complesso in misura non inferiore al canone annuo previsto dalla convenzione; in via subordinata, la risoluzione per inadempimento dell’intera convenzione, ovvero della parte relativa al contratto di affitto.

Tutti i convenuti, nel costituirsi in giudizio (ad eccezione della Resigolf, rimasta contumace), contestarono la fondatezza delle domande, chiedendone a vario titolo il rigetto.

Il giudice di primo grado respinse tutte le domande dell’azienda ospedaliera, revocando il sequestro giudiziario disposto nelle more del procedimento.

La sentenza fu impugnata in via principale dall’attrice dinanzi alla corte di appello di Torino, che ne rigettò il gravame, respingendo altresì gli appelli incidentali proposti dall’associazione sportiva S. Croce, dall’Associazione Golf Club Cuneo, dalla srl Golf Club Cuneo e dai coniugi A..

L’Azienda ospedaliera S. Croce ha impugnato la sentenza di appello con ricorso per cassazione sorretto da 6 motivi.

Resistono con controricorso il comune di Boves e l’Associazione sportiva S. Croce Golf Club.

La ricorrente ha depositato memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c..

Diritto

IN DIRITTO

Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo, si denuncia violazione di norme di diritto (art. 1418 c.c., comma 1; della L. n. 833 del 1978, art. 66, comma 1; della L.R. Piemonte n. 9 del 1983, artt. 13, 15 e 20; della L.R. Piemonte n. 7 del 1982, art. 18); insufficiente e contraddittoria motivazione.

Con il secondo motivo, si denuncia una ulteriore violazione di norme di diritto (art. 1418 c.c., comma 1; L. n. 783 del 1908; R.D. n. 454 del 1909; R.D. n. 2440 del 1923; R.D. n. 827 del 1924; R.D. n. 383 del 1934); insufficiente e contraddittoria motivazione.

Con il terzo motivo, si denuncia ancora violazione di norme di diritto (art. 1418 c.c., comma 1, artt. 822, 823 e 824 c.c.; della L. n. 1089 del 1939, artt. 23, 28 e 61); insufficiente e contraddittoria motivazione.

I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, attesane la intrinseca connessione logico-giuridica, sono privi di pregio.

Essi costituiscono, nella sostanza, la pedissequa ripetizione di doglianze già svolte nel corso del giudizio di merito, tanto in primo quanto in secondo grado, doglianze alle quali la corte di appello di Torino, con motivazione ampia, articolata, esaustiva e del tutto scevra da vizi logico-giuridici, ha fornito condivisibile e condivisa risposta, sotto il profilo:

1) della pretesa nullità della Convenzione per violazione delle norme statali e regionali sul vincolo degli immobili – correttamente evidenziando, alla luce di un iter interpretativo ritenuto da questa corte del tutto esente da vizi logico/giuridici, che la stipula della convenzione rientrava nella previsione della L.R. n. 8 del 1983, artt. 13 e 15, per non essere i beni in contestazione destinati alla erogazione dei servizi sanitari, e per contenere l’art. 20 una indicazione letterale (“movimenti patrimoniali di beni immobili”) ristretta alle sole ipotesi di trasferimenti di proprietà, e non anche comprensiva di qualunque operazione di contenuto economico (quali la stipula di contratti di costituzione di diritti reali limitati e di godimento dei beni), senza che la Legge Statale n. 502 del 1992 (impositiva dell’autorizzazione regionale per tutti gli atti di trasferimento di immobili) potesse, all’uopo, spiegare influenza onde pervenire alla soluzione auspicata dall’appellante oggi ricorrente, attesane la natura palesemente non interpretativa in via retroattiva della precedente normativa sì come vigente all’epoca dei fatti, con l’ulteriore, condivisibile precisazione secondo cui il citato art. 20 operava un chiaro ed univoco riferimento alla sola ipotesi di cui al comma 5 del precedente art. 15, rientrando di converso la fattispecie oggetto del giudizio nella previsione del secondo comma di tale norma, onde la mancanza del parere preventivo dell’assemblea generale della USL, attenendo al procedimento finalizzato alla formazione della volontà dell’ente legittimato al compimento dell’atto (il comune), integrava gli estremi del vizio del volere, causa di annullabilità e non di nullità radicale dell’atto oggi impugnato;

2) della asserita nullità della convenzione per violazione delle norme che regolano la stipula dei contratti della P.A. a trattativa privata – correttamente ricostruendo la fattispecie di invalidità ancor oggi oggetto di contestazione in termini di annullabilità del contratto, atteso che le fasi e gli atti del procedimento, determinativi della volontà dell’ente, che si concreta nel provvedimento dell’organo deliberante funzionale alla stipula del contratto di diritto privato attengono al processo di formazione della volontà, le cui carenze si risolvono, conseguentemente, in vizi del volere invalidanti la vicenda negoziale sub specie della sua annullabilità (mentre nessun conforto trae la tesi oggi ancora sostenuta del ricorrente dalla sentenza 9283 del 1999 – erroneamente indicata dal giudice dell’appello come n. 193/2002 -, a mente della quale le disposizioni di cui alla L.R. Piemonte n. 2 del 1981, artt. 61 e 10 – che consentono alle Unità sanitarie locali – oggi ASL – di stipulare contratti a trattativa privata solo in presenza di particolari circostanze, tassativamente indicate in modo specifico, con assoluto ed inderogabile divieto di procedere con tale sistema fuori dai detti casi – hanno ad oggetto norme di carattere imperativo, con la conseguenza che deve ritenersi affetto da nullità, ai senso dell’art. 1418 cod. civ., il contratto stipulato in violazione di esse -, che ha evidentemente riguardo alla diversa fattispecie della attività negoziale delle USL, mentre nell’attuale vicenda processuale la delibera prodromica alla stipula del contratto fu adottata dal consiglio comunale – che approvò la stipulazione della convenzione con un soggetto privato -, divenne esecutiva a seguito del visto di controllo del CORRECO, non venne mai impugnata nelle sedi competenti, onde la sua eventuale illegittimità per violazione di norme relative al procedimento di formazione della volontà dell’ente non poteva che integrare gli estremi della annullabilità e non della nullità della convenzione stipulata dal comune);

3) della asserita nullità della convenzione per violazione della L. n. 1089 del 1939, e in particolare dell’art. 23 – escludendo, con accertamento di fatto scevro da vizi logico-giuridici e perciò solo incensurabile in questa sede, che l’interesse storico-artistico (impredicabile ipso facto, per il solo risalire la costruzione dell’immobile ad oltre 50 anni prima) sussistesse in concreto, in mancanza di qualsiasi prova fornita, in proposito, dalla parte a tanto onerata, e in mancanza di quelle “intrinseche caratteristiche e qualità del bene evincibili anche dagli atti e dai comportamenti posti in essere dall’autorità amministrativa nel momento gestorio” (Cass. 6522/03), atteso che gli immobili non furono inclusi in alcun utile elenco redatto ai sensi della legge 1089 nè in quello degli edifici vincolati, mentre l’intervento della Sopraintendenza, di molti anni successivo alla stipula della convenzione, non ebbe alcun esito all’esito dell’esame della documentazione fotografica (così, del tutto condivisibilmente, a f. 80 della sentenza impugnata, il giudice territoriale, che del tutto legittimamente ebbe ad escludere, contrariamente a quanto ancor oggi sostenuto dal ricorrente, la ammissibilità di una consulenza dalla natura irredimibilmente esplorativa).

Con il quarto motivo, si denuncia violazione degli artt. 163, 183 e 426 c.p.c.; omessa o insufficiente motivazione.

La doglianza non può essere accolta.

Correttamente la corte territoriale ha rilevato come l’appellante oggi ricorrente, nell’atto di citazione in primo grado, non avesse formulato alcuna esplicita domanda di nullità dell’atto pubblico rogato dal notaio Marinelli, tale non potendosi ritenere le generiche indicazioni contenute nel predetto atto di citazione oggi riportato in ricorso, in parte qua, al folio 36, indicazioni evidentemente funzionali a stigmatizzare il comportamento del comune, senza che la censura consentisse in alcun modo l’individuazione del petitum e della causa petendi in relazione ad una pretesa actio nullitatis condivisibilmente ritenuta dalla corte territoriale domanda nuova poichè proposta per la prima volta con la sola memoria integrativa e come nullità soltanto derivata dalla pretesa nullità della convenzione.

Con il quinto motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1453, 1455 e 1587 c.c.; della L. n. 833 del 1978, art. 66; L.R. n. 9 del 1982, art. 13; insufficiente e contraddittoria motivazione.

La censura è infondata.

Il ricorrente lamenta nuovamente, con dovizia di argomentazioni che si estendono per oltre 10 pagine del ricorso (ff. 39-50) il mancato accoglimento, da parte della corte subalpina, della domanda subordinata di risoluzione del contratto di affitto contenuto nella convenzione per inadempimento nel pagamento dei canoni da parte dell’Associazione sportiva S. Croce Golf Club e per violazione del divieto contenuto nel contratto di affitto.

La doglianza si infrange sul corretto impianto motivazionale della sentenza impugnata che, correttamente evocato il criterio generale della valutazione dell’inadempimento alla luce della complessiva economia del contratto e degli interessi sostanziali perseguiti dalle parti, ne ha escluso ogni carattere di gravità escludendo nel contempo – del tutto correttamente in punto di diritto – ogni contraddittorietà tra la ricostruzione in termini di collegamento negoziale della convenzione sotto il profilo della causa negoziale e la sua valutazione in termini di unitarietà di scopi e funzione quanto al profilo economico, tale da comportarne l’interdipendenza e l’indissolubilità.

Le ulteriori valutazioni del giudice di merito (ff. 89 ss. della sentenza oggi impugnata), che questa corte interamente condivide, appartenendo alla sfera degli accertamenti di fatto, si sottraggono inevitabilmente a qualsiasi censura in sede di giudizio di legittimità.

Con il sesto motivo, si denuncia, infine, violazione degli artt. 183 e 426 c.p.c.; art. 1594 c.c.; della L. n. 2248 del 1865, art. 334, all. F; della L. n. 55 del 1990, art. 18; della L. n. 203 del 1991, art. 22; insufficiente e contraddittoria motivazione.

Il motivo è infondato.

La corte territoriale, nel confermare in parte qua la statuizione del tribunale, ha qualificato in termini di inammissibilità (oltre che di infondatezza per essere stata espressamente prevista, nella convenzione, la facoltà di subaffitto, cui andava nella sostanza equiparato il comodato stipulato tra l’associazione conduttrice e l’immobiliare S. Croce) la ulteriore domanda di risoluzione contrattuale proposta dall’odierna ricorrente con riguardo alla violazione del divieto di cessione del contratto di affitto, attesa la evidente diversità della relativa allegazione, osservando, del tutto condivisibilmente, che l’allegazione di un inadempimento del tutto diverso rispetto a quello addotto con l’atto di citazione costituisse mutamento della domanda sotto il profilo della causa petendi, come tale inammissibile se effettuato (come nella specie) soltanto con la memoria ex art. 426 c.p.c..

Il ricorso è pertanto rigettato.

La disciplina delle spese (che possono per motivi di equità essere in questa sede compensate) segue come da dispositivo.

P.Q.M.

La corte rigetta il ricorso e dichiara interamente compensate tra tutte le parti le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 26 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2011

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