Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1009 del 17/01/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 1009 Anno 2018
Presidente: CHINDEMI DOMENICO
Relatore: DELLI PRISCOLI LORENZO

ORDINANZA
sul ricorso 26599-2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

SORGENTI

SRL

IN

LIQUIDAZIONE,

elettivamente

domiciliato in ROMA VIA F. SIACCI 4, presso lo studio
dell’avvocato ALESSANDRO VOGLINO, che lo rappresenta e
difende;

avverso

la

sentenza

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST.

di

controricorrente

n.
LATINA,

175/2013

della

depositata

il

Data pubblicazione: 17/01/2018

04/04/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 07/12/2017 dal Consigliere Dott. LORENZO

DELLI PRISCOLI.

FATTI DI CAUSA
Rilevato che il contribuente, la Società Sorgenti s.r.l. in
liquidazione, come subentrata nei diritti della Idrominerale Bagnasco
s.r.l. anch’essa in liquidazione, aderiva al condono fiscale previsto
dall’art. 12 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, in relazione a due

d’imposta del 1995 e del 1996, versando, come previsto da tale
norma, il quantum richiesto del 25°/o dell’importo complessivamente a
ruolo, mediante il pagamento dell’acconto (1’80% di tale 25%) in data
16 maggio 2003 e del saldo (il residuo 20% di tale 25%) in data 16
aprile 2004;
che l’Agenzia delle Entrate, in data 1° aprile 2010, notificava al
contribuente il provvedimento di diniego della definizione dei carichi
di ruolo per la mancanza dei relativi presupposti (non attinenti al
quantum dovuto);
che avverso tale provvedimento il contribuente ricorreva alla
Commissione Tributaria Provinciale di Latina, la quale, con sentenza
n. 197/04/2011 depositata il 22 marzo 2011, accoglieva il ricorso
annullando il provvedimento di diniego in quanto la notifica del
ricorso era stata effettuata oltre il termine di decadenza previsto
dall’art. 37, comma 44, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito in
legge 4 agosto 2006, n. 248 (norma secondo la quale la notifica delle
cartelle di pagamento conseguenti alle iscrizioni a ruolo previste dagli
articoli 7, 8, 9, 14, 15, e 16 della legge n. 289 del 2002 è eseguita a
pena di decadenza entro il 31 dicembre 2008), potendosi equiparare
la notifica del diniego del condono a quella della cartella esattoriale;
che la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, sezione
distaccata di Latina, con sentenza n. 175/39/13, depositata il 4 aprile
2013, respingeva l’appello dell’Agenzia delle Entrate nei confronti del
contribuente, ritenendo che, anche se l’art. 12 della legge n. 289 del
2002 non prevede alcun termine esplicito per la notifica di eventuali

carichi di ruolo relativi ad imposte dirette afferenti alle annualità

dinieghi, pur tuttavia anche nel caso di tale norma poteva applicarsi il
termine decadenziale di cui all’art. 37, comma 44, del D.L. n. 223 del
2006, per evidenti ragioni di coerenza sistematica, di certezza dei
rapporti giuridici e di sostanziale parità di trattamento rispetto
all’ipotesi previste in quest’ultima norma, ma anche e soprattutto

oppure – come richiesto dall’Agenzia delle Entrate – la prescrizione
ordinaria di dieci anni cui all’art. 2946 cod. civ.;
che l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso affidato ad un
motivo e il contribuente si costituiva con controricorso;
RAGIONI DELLA DECISIONE
Considerato che con il primo motivo d’impugnazione, in relazione
all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, la ricorrente Agenzia delle
entrate deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 12 della legge
n. 289 del 2002 e dell’art. 37, comma 44, del D.L. n. 223 del 2006
perché il termine decadenziale previsto in quest’ultima norma non
sarebbe applicabile in via analogica all’art. 12 citato, in quanto
quest’ultima norma non fa alcun riferimento a termini tassativi di
decadenza per l’Amministrazione finanziaria nell’eseguire il controllo
sulla regolarità del condono e avrebbe natura eccezionale e
peculiarità diverse rispetto alle altre norme della legge n. 289 del
2002 citate dall’art. 37, comma 44 citato;
che il contribuente resistente chiede che il ricorso sia dichiarato
inammissibile per difetto di rappresentanza dell’Avvocatura dello
Stato, in quanto mancherebbe l’esistenza di una richiesta dell’Agenzia
delle Entrate circa l’intervento dell’Avvocatura;
che il contribuente resistente chiede in subordine che il ricorso sia
rigettato in quanto l’art. 37, comma 44, citato, secondo cui la notifica
delle cartelle di pagamento conseguenti alle iscrizioni a ruolo previste
dalla legge n. 289 del 2002 sarebbe applicabile al caso di specie
dovendosi comunque individuare un “termine certo” adeguato

perché sarebbe irragionevole applicare un termine diverso e più lungo

all’esigenza di non lasciare il contribuente esposto indefinitamente
all’azione esecutiva del Fisco;
ritenuto che, l’eccezione di inammissibilità è infondata in quanto
in tema di contenzioso tributario l’Avvocatura dello Stato, per
proporre ricorso per cassazione in rappresentanza

relativo incarico, del quale, però, non deve farsi specifica menzione
nel ricorso atteso che l’art. 366, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.,
inserendo tra i contenuti necessari del ricorso “l’indicazione della
procura, se conferita con atto separato”, fa riferimento
esclusivamente alla procura intesa come negozio processuale
attributivo dello ius postulandi (peraltro non necessario quando il
patrocinio dell’Agenzia delle entrate venga assunto dalla
Avvocatura dello Stato) e non invece al negozio sostanziale
attributivo dell’incarico professionale al difensore (Cass. 4 novembre
2016, n. 22434);
ritenuto che nel merito il ricorso è infondato;
che infatti, se è vero che secondo l’orientamento di questa Corte
«i rapporti tributari per i quali sia stato richiesto il condono fiscale
non possono intendersi definiti prima del controllo da parte
dell’Amministrazione sulla correttezza, completezza e sufficienza dei
necessari adempimenti», tuttavia è altrettanto vero che tale controllo
deve avvenire in tempi ragionevoli, anche se la legge n. 289 del
2012, art. 12 non prevede uno specifico termine entro il quale tale
potere di controllo debba essere esercitato e anche se la domanda di
condono del contribuente non può essere assimilata (ai fini della
disciplina applicabile) a una sorta di dichiarazione dei redditi (Cass. n.
8772 del 2017 e nn. 636 e 11986 del 2012);
che infatti l’art. 37, comma 44, citato, lungi dall’avere natura
eccezionale, come sostenuto dall’Agenzia delle Entrate, è norma di
carattere generale, applicabile a tutti i rapporti pendenti (in questo

dell’Agenzia delle entrate, deve avere ricevuto da quest’ultima il

senso Cass., 8 febbraio 2017, n. 3342), in quanto costituisce
espressione dei principi di ragionevolezza, tutela dell’affidamento del
contribuente, buon andamento dell’azione amministrativa ed è
dunque suscettibile di applicazione in via analogica anche all’art. 12
(parimenti citato), in virtù di una interpretazione costituzionalmente

che pertanto, alla luce dei principi espressi dagli artt. 3
(ragionevolezza) 24 e 97 Cost., nonché del principio di collaborazione
e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore
e contribuente – sancito dall’art. 10, comma 1, della legge n. 212 del
2000 (cd. “Statuto del contribuente”) – non appare ammissibile una
indefinitezza dei limiti temporali della procedura di valutazione della
domanda di condono, sì da potersi ritenere legittima una pendenza
sine die di detta procedura anche dopo il decorso di un congruo lasso
di tempo;
che pertanto – anche alla luce del principio di solidarietà
economica e sociale di cui all’art. 2 Cost. che deve ispirare anche i
rapporti fra pubblica amministrazione e cittadino – non appare
tollerabile che il contribuente sia assoggettato all’azione esecutiva . del
Fisco per un tempo indeterminato, o comunque eccessivo e
irragionevole, soprattutto nei casi in cui, e questo sembra davvero
uno di quelli, l’Amministrazione è chiamata a compiere una semplice
operazione di verifica meramente formale;
che la mancata definizione della procedura di condono con la
concreta attuazione del controllo da parte dell’Amministrazione si è
infatti protratta per un lasso di tempo irragionevole (nel caso di
specie il diniego è stato notificato 6 anni dopo l’ultimo pagamento
effettuato dal contribuente), con la conseguente dichiarazione di
infondatezza della censura in esame;
che pertanto il ricorso va rigettato;

orientata del suddetto art. 37, comma 44;

che il consolidamento dei principi sopraindicati in epoca
successiva alla proposizione del ricorso e la complessità della
questione giustificano la compensazione delle spese della presente
fase di legittimità.
P.Q.M.

Così deciso nella camera di consiglio del 7 dicembre 2017.

Rigetta il ricorso. Compensa integralmente le spese del giudizio.

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