Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10086 del 21/04/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 21/04/2017, (ud. 17/01/2017, dep.21/04/2017),  n. 10086

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 14119/2013 R.G. proposto da:

ILARIA s.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Francesco dAyala

Valva, con domicilio eletto in Roma, viale Parioli 43, presso lo

studio del dl difensore;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi 12, presso 12, l’Avvocatura

Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della,

Lombardia depositata il 30 novembre 2012.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 17 gennaio 2017

dal Consigliere Dott. Giuseppe Tedesco;

udito l’avv. Francesco d’Ayala Valva;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso chiedendo il

rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Entrate notificata alla società Ilaria srl avviso di accertamento con il quale, per l’anno di imposta 2006, recuperava a tassazione, fra l’altro, maggiori ricavi per Euro 167.874,00 ricostruiti con procedimento presuntivo D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d).

Il ricorso proposto dalla contribuente fu rigettato dalla Commissione tributaria provinciale di Varese e contro la decisione la società ha proposto appello, deducendo che la decisione di primo grado aveva recepito acriticamente i rilievi mossi dai verificatori, che erano invece inidonei a giustificare l’accertamento, tenuto conto che la società, per l’anno di imposta 2006, risultava congrua rispetto agli studi di settore; dedusse altresì l’inidoneità degli elementi in base ai quali fu giustificata la ricostruzione presuntiva del reddito, nonchè l’illegittimità del metodo utilizzato per ipotizzare i maggiori corrispettivi derivanti dalla vendita degli immobili.

L’appello è stata rigettato dalla Commissione tributaria regionale, che espressa valutazione positiva del complesso degli elementi posti a fondamento della rettifica operata con l’avviso.

Contro la sentenza la società propone ricorso per cassazione, che affida a tre motivi.

L’Agenzia delle Entrare reagisce con controricorso.

Il collegio ha autorizzato la redazione della sentenza con motivazione semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso – con cui la ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, incontestati fra le parti, ex art. 115 c.p.c. – è inammissibile. La ricorrente si duole che la Commissione tributaria regionale non avrebbe considerato che i ricavi dichiarati dall’impresa risultavano congrui e coerenti per lo studio di settore.

Il fatto è stato invece esaminato dalla Commissione tributaria regionale, che ritenne nondimeno fondata la ricostruzione dei maggiori ricavi operata dall’Amministrazione finanziaria.

Il fatto inoltre non è decisivo, perchè nella specie non si trattava di accertamento fondato su studi di settore, ma di accertamento analitico induttivo ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), che non ha fra i suoi presupposti lo scostamento del reddito dichiarato da quello risultante dagli studi di settore.

Mutatis mutandis, quanto appena detto può ripetersi per tutti i fatti di cui la ricorrente lamenta l’omesso esame, che sono i fatti già rilevati in sede di verifica, dei quali la ricorrente, in ultima analisi, sollecita inammissibilmente in questa sede la diversa considerazione. Nessuno dei fatti di cui la ricorrente censura l’omesso esame è poi decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Ad esempio, dal fatto che uno dei soci avesse la disponibilità di liquidità derivante dalla vendita di beni personali non ne discende necessariamente che quei mezzi furono utilizzati per finanziare la società e, conseguentemente, non emerge alcuna incompatibilità logica con l’assunto, condiviso dalla sentenza impugnata, secondo cui il finanziamento nascondeva ricavi in nero. Non è superfluo ricordare che, secondo il rigoroso insegnamento di questa Corte, “in sede di legittimità il controllo della motivazione in fatto si compendia nel verificare che il discorso giustificativo svolto dal giudice del merito circa la propria statuizione esibisca i requisiti strutturali minimi dell’argomentazione (fatto probatorio – massima di esperienza – fatto accertato) senza che sia consentito alla Corte sostituire una diversa massima di esperienza a quella utilizzata (potendo questa essere disattesa non già quando l’interferenza probatoria non sia da essa necessitata, ma solo quando non sia da essa neppure minimamente sorretta o sia addirittura smentita, avendosi, in tal caso, una mera apparenza del discorso giustificativo) o confrontare la sentenza impugnata con le risultanze istruttorie, al fine di prendere in considerazione un fatto probatorio diverso o ulteriore rispetto a quelli assunti dal giudice del merito a fondamento della sua decisione” (Cass. n. 14953 del 2000).

Col secondo motivo deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c.. Si imputa ai giudici d’appello di non avere posto a sostegno della decisione fatti ch’erano incontestati tra le parti.

Il motivo, sotto diverso profilo, ripropone la medesima censura oggetto del motivo esaminato precedentemente, se è vero che i fatti che la Commissione tributaria regionale non avrebbe posto a fondamento della decisione sono pur sempre i medesimi fatti emergenti dal processo verbale di constatazione. Il che significa che, sotto la veste della violazione di legge, la ricorrente censura ancora una volta il merito della valutazione compiuta dalla Commissione tributaria regionale, pretendendo una diversa considerazione dei fatti.

Il motivo è quindi inammissibile. “In materia di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 115 c.p.c., può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre” (Cass. 10 giungo 2016, n. 11892).

Col terzo motivo, deduce ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sulla propria eccezione di illegittimità del metodo di rettifica dei ricavi utilizzato dagli agenti verificatori.

Il motivo, formulato esclusivamente sotto il profilo dell’error in procedendo, è infondato. E’ ovvio che, nel momento in cui la sentenza ha riconosciuto la legittimità dell’avviso di accertamento, ha inevitabilmente ritenuto infondata anche la tesi difensiva sulla illegittimità del criterio utilizzato per la rettifica, per cui la sentenza, inattaccabile sotto il profilo della omessa pronuncia, avrebbe dovuto essere semmai denunciata con un mezzo di impugnazione diverso.

PQM

La Corte dichiara inammissibili il primo e il secondo motivo di ricorso; rigetta il terzo motivo; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida nell’importo di Euro 5.600,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2017

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