Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10085 del 26/04/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 10085 Anno 2013
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: PROTO CESARE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 7017-2007 proposto da:
DELLA VALLE VITTORIO DLLVTR53P23H501C, CAPPONI TIZIANA
CPPTZN58L68H501S, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA RUFFINI 2-A, presso lo studio dell’avvocato

t
t

RACCUGLIA TOMMASO, che li rappresenta e difende;
– ricorrenti contro

2013
445

COND VIA LUIGI SETTEMBRINI 28 ROMA, ROMANELLI MARIA
ROSARIA, ETIM SNC;
– intimati –

avverso la sentenza n. 4829/2006 della CORTE D’APPELLO

Data pubblicazione: 26/04/2013

di ROMA, depositata il 08/11/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/02/2013 dal Consigliere Dott. CESARE
ANTONIO PROTO;
udito l’Avvocato RACCUGLIA Tommaso, difensore dei

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

ricorrenti che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 18/11/1994 Vittorio Della Valle e
Tiziana Capponi convenivano in giudizio davanti al
Tribunale di Roma il Condominio di via Luigi
Settembrini 28 chiedendo la declaratoria di

erano resi cessionari, con il credito vantato dal
condominio per lavori condominiali.
Il condominio eccepiva la prescrizione del credito
risarcitorio e, in ordine alla responsabilità per il
danno cagionato indicava, quale soggetto parzialmente
responsabile, la condomina Rosaria Romanelli che
pertanto era chiamata in causa in garanzia.
Quest’ultima indicava quale responsabile dei danni la
SDF Elettrotermoidraulica che pure era chiamata in
causa.
La causa era quindi riunita al giudizio di opposizione
a decreto ingiuntivo promosso da Vittorio Della Valle
e Tiziana Capponi avverso il Condominio che aveva
ottenuto il decreto ingiuntivo per lire 18.864.000 per
lavori condominiali.
Con sentenza n. 705 del 2001 il Tribunale di Roma
rigettava la domanda risarcitoria degli attori salvo
che per un danno da infiltrazioni, liquidato in lire

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compensazione di un credito risarcitorio del quale si

1.350.000,

rigettava

l’opposizione

a

decreto

ingiuntivo, dichiarava inammissibile una domanda
riconvenzionale della Romanelli, terza chiamata e
compensava le spese.
Proponevano appello Vittorio Della Valle e Tiziana

costituivano le altre parti.
La

Corte

di

dell’8/11/2006,

Appello

di

Roma

con

sentenza

quanto alle domande degli odierni

ricorrenti che sono oggetto di ricorso, osservava:
relativamente

alla

prescrizione

del

credito

risarcitorio, che i documenti ai quali era fatto
riferimento nel verbale dell’assemblea condominiale del
15/1/1994 (nel quinto motivo di ricorso la data del
verbale è individuata nel 20/1/1994) non costituivano
atti idonei a interrompere la prescrizione, né la
prescrizione poteva ritenersi interrotta dalla
richiesta di risarcimento pervenuta nell’assemblea del
10/12/2003 perché nella richiesta mancava il
riferimento agli episodi del 1987 e 1988 per i quali
era chiesto in giudizio il risarcimento; l’avere messo
all’ordine del giorno la richiesta di risarcimento
costituiva una mera ricognizione della richiesta senza
implicare alcuna rinuncia ad avvalersi della

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Capponi e appello incidentale la Romanelli; non si

prescrizione, tanto più che l’assemblea aveva ritenuto
di non potere deliberare senza la verifica delle voci e
dei fatti;
– la rinnovata domanda di ammissione dei medesimi mezzi
istruttori rigettati dal G.I. in primo grado con

l’ammissione dell’interrogatorio formale, era
inammissibile perché non erano state censurate, con
motivo di gravame, le ragioni per le quali le istanze
erano state respinte;
– il decreto ingiuntivo era stato legittimamente emesso
ai sensi dell’art. 63 disp att. c.c. in base allo stato
di ripartizione approvato dall’assemblea del 20/1/1994;
tale condizione era ritenuta sussistente in quanto
l’assemblea del condominio, con voto unanime, aveva
deliberato l’esecuzione dei lavori affidandoli ad una
impresa edile per l’importo di lire 183.200.000 e aveva
autorizzato l’amministratore a elaborare il piano di
riparto che era allegato al verbale dell’assemblea, con
suddivisione in 12 rate mensili e riscossione dal
successivo mese di Marzo; inoltre con il ricorso per
decreto ingiuntivo erano richieste solo le rate mensili
già scadute.

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ordinanza confermata in sede di reclamo, salvo che per

Vittorio Della Valle e Tiziana Capponi propongono
ricorso affidato a sei motivi e depositano memoria
illustrativa.
Sono rimasti intimate tutte le altre parti.
Motivi della decisione

violazione dell’art. 63 disp att. c.c. rilevando che la
delibera condominiale del 24/1/1994 non aveva approvato
un piano di riparto, ma aveva autorizzato
l’amministratore a elaborarlo e pertanto non poteva
essere emesso un decreto ingiuntivo mancando il
presupposto dell’approvazione.
I ricorrenti formulano un quesito diretto a stabilire
se l’art. 63 disp. att. c.c. imponga o meno quale
condizione necessaria e infungibile per l’emissione dei
decreto ingiuntivo l’allegazione di uno stato di
ripartizione specificamente approvato.
1.1 Il motivo è infondato perché la delibera ha
approvato la spesa (determinata nella sua quantità e
qualità) relativa a lavori straordinari e il riparto
delegando la sua materiale redazione all’amministratore
che vi ha provveduto allegandolo alla delibera.
La delibera condominiale che dispone l’esecuzione degli
interventi assume valore costitutivo della relativa

6

1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono la

obbligazione in capo a ciascun condomino
3/12/2010

n.

24654);

infatti,

l’obbligo

(Cass.
per

il

condomino di contribuire alle spese per la manutenzione
straordinaria dei beni comuni sorge nel momento in cui
è necessario eseguire le relative opere e la delibera

liquido il debito di cui in sede di ripartizione viene
determinata la quota a carico di ciascun proprietario;
il credito era altresì esigibile in quanto le rate
richieste erano scadute.
L’art.

63,

co.

1″ disp. att. cod. civ., richiede

l’esistenza di uno stato di ripartizione approvato
dall’assemblea condominiale solo al fine di rafforzare
le possibilità di tutela del condominio – creditore,
consentendogli di ottenere decreto ingiuntivo
immediatamente esecutivo.
Le spese dei lavori di manutenzione straordinaria delle
parti comuni deliberati dall’assemblea si ripartiscono
tra i condomini secondo le tabelle millesimali, ai
sensi dell’art. 1123 cod. civ., e pertanto (esistendo
la delibera di approvazione del preventivo e il riparto
predisposto dall’amministratore e allegato al verbale)
ricorrevano, nella fattispecie, le condizioni di
liquidità ed esigibilità del credito, che consentono al

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dell’assemblea di approvazione della spesa rende

condominio di richiederne il pagamento con procedura
monitoria nei confronti del singolo condomino (cfr.
Cass. 19/10/2012 n. 18072).
2.

Con il secondo motivo i ricorrenti deducono la

violazione degli artt. 633 e 634 c.p.c., da 2699 a 2711

I ricorrenti formulano quesito diretto a stabilire se
la delibera condominiale recante approvazione della
futura effettuazione di una spesa integri o meno prova
scritta dell’effettuazione della spesa.
2.1 Il motivo è infondato: il debito per il cui
pagamento era stato richiesto e ottenuto il decreto
ingiuntivo riguardava spese straordinarie (lavori di
ristrutturazione) e, quindi, era sorto non già con
l’effettuazione della spesa, ma con la delibera che
l’aveva approvata (Cass. 3/12/2010 n. 24654).
3.

Con il terzo motivo i ricorrenti deducono la

violazione artt. 645 comma II c.p.c. e 2697 c.c. e
sostengono che la delibera del 20/1/1994 non poteva
costituire prova del credito.
I ricorrenti formulano quesito diretto a stabilire

“se

con l’opposizione a decreto ingiuntivo si instauri o
meno un comune giudizio ordinario e se, nel caso in cui
l’opponente contesti anche la fondatezza della pretesa

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c.c. e l’omessa motivazione.

creditoria, quest’ultima debba o meno venire provata
dall’opposto nel modi e con i mezzi previsti dal rito
ordinario”.
3.1 Il motivo è manifestamente infondato in quanto
muove dall’erroneo presupposto che fosse mancante la

Con la delibera del 20/1/1994 secondo quanto risulta
dalla sentenza di appello, il condominio aveva affidato
ad un’impresa lavori di ristrutturazione per l’importo
di lire 183.200.000.
Come già riferito, la delibera condominiale che dispone
l’esecuzione dei lavori reputati necessari dal
condominio assume valore costitutivo della relativa
obbligazione in capo a ciascun condomino (Cass.
3/12/2010 n. 24654) perché l’obbligo per il condomino
di contribuire alle spese per la manutenzione
straordinaria dei beni comuni sorge nel momento in cui
è necessario eseguire le relative opere e la delibera
dell’assemblea di approvazione della spesa rende
liquido il debito di cui in sede di ripartizione viene
determinata la quota a carico di ciascun proprietario.
4. Con il quarto motivo i ricorrenti deducono
violazione art. 653 comma 2 c.p.c. perché il decreto
ingiuntivo doveva essere revocato essendo stata

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prova del credito.

riconosciuta la parziale estinzione del credito per
effetto di compensazione con controcredito.
4.1 Il motivo è manifestamente infondato.
Nel dispositivo della sentenza di primo grado manca
qualsiasi accenno ad una anche parziale estinzione del

viene integralmente confermato.
E’ pur vero che nello stesso dispositivo si è accertato
un credito risarcitorio a favore degli ingiunti e che,
in motivazione, si da atto che la somma risarcitoria è
da portare in compensazione, ma ciò non equivale ad una
declaratoria di estinzione del credito, né era stato
formulato uno specifico motivo di appello relativo alla
mancata declaratoria di estinzione per compensazione.
5. Con il quinto motivo i ricorrenti deducono il vizio
di motivazione.
I ricorrenti lamentano che la Corte di appello non
avrebbe

motivato

sull’inidoneità

della

delibera

assembleare del 20/1/2004 (con la quale l’assemblea
prendeva atto della richiesta di risarcimento danni e
della

relativa

motivazione)

a

costituire

prova

dell’inoltro di reiterate richieste di risarcimento.
5.1 Il motivo è completamente infondato.
La Corte di Appello ha motivato rilevando che:

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credito di cui al decreto ingiuntivo opposto che, anzi,

a) nel fascicolo di parte non è stato allegato alcun
atto interruttivo;
b) dal

verbale

della

delibera

risulta

che

all’amministratore del condominio sono stati
consegnati documenti recanti varie date e tra

illeggibile;
c) tuttavia non viene specificata, neppure dalla
parte nei suoi atti difensivi, la natura di tali
documenti, sicché non può ritenersi che abbiano
natura di

atti

idonei

a

interrompere

la

prescrizione;
d) siccome sono in discussione danni verificatisi
negli anni 1987 e 1988 e siccome dalla richiesta
di risarcimento pervenuta quanto meno nella
seduta assembleare del 10/12/1993 si ricava solo
l’ammontare complessivo del credito vantato, ma
non i vari episodi succedutisi nel tempo, la
richiesta non può avere efficacia interruttiva
quanto ai danni verificati per i fatti risalenti
al 1988 e al 1989.
Pertanto la motivazione, bene articolata sotto i
diversi profili, sussiste anche quanto all’inidoneità
di una documentazione solo genericamente richiamata e

11

questi un telegramma ed altro con data

non specificata nei suoi contenuti a costituire prova
di atto interruttivo della prescrizione; questa
decidendi

ratio

non è neppure stata attinta da specifica

censura.
6. Con il sesto motivo i ricorrenti deducono violazione
345

c.p.c.

e

il

vizio

di

illogica

motivazione; sostengono che non sarebbe stata
necessaria la specifica riproduzione, ad illustrazione
dei motivi di gravame, delle deduzioni difensive già
svolte in primo grado in ordine alla mancata ammissione
dei mezzi istruttori.
6.1 Il motivo è infondato e propone una interpretazione
in contrasto con i principi di diritto costantemente
affermati da questa Corte.
Nel giudizio di appello la parte che abbia interesse
all’espletamento di un mezzo istruttorio dichiarato
inammissibile dal giudice di primo grado non può
limitarsi a riproporlo ostandovi la carenza della sua
novità, richiesta dall’art 345 c.p.c., ma deve
censurare con un espresso motivo di gravame
l’apprezzamento espresso dal primo giudice sulla
decadenza della prova e sulla sua inammissibilità
(Cass. 25/7/1980 n. 4837; Cass. 21/11/1984 n. 5957;

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dell’art.

Cass. 1/10/1993 n. 9779; Cass. 23/12/2003 n. 19727;
Cass. 26/1/2006 n. 1691).
6. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato
senza provvedimento sulle spese in quanto gli intimati
non hanno svolto attività difensiva.

La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma il 19/2/2013.

P.Q.M.

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