Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10084 del 26/04/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 10084 Anno 2013
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: PARZIALE IPPOLISTO

SENTENZA
sul ricorso 3194 – 2007 proposto da:
IACP PROVINCIA di SALERNO, in persona del Presidente protempore e del Direttore generale pro-tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA SISTINA 42, presso lo studio
dell’avvocato VENTURIELLO MICHELE, rappresentato e difeso
dall’avvocato GARGIONE GIANCARLO, come da procura speciale
a margine del ricorso;

– ricorrente contro
CAPOZZOLI ELDA, CAPOZZOLI MARIA, CAPOZZOLI
LUCIDO, CAPOZZOLI ALESSANDRO, elettivamente domiciliati
in ROMA, VIA CARLO POMA 2, presso lo studio dell’avvocato
CAPUANO ALDO, rappresentati e difesi dall’avvocato
CONSOLMAGNO CELESTINO, come da procura speciale a
margine del controricorso;

Data pubblicazione: 26/04/2013

- controficorrenti avverso la sentenza n. 648/2006 della CORTE D’APPELLO di
SALERNO, depositata il 12/09/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
18/01/2013 dal Consigliere Dott. IPPOLISTO PARZIALE;

udito l’Avvocato Giancarlo Gargione, che si riporta agli atti e insiste
sulle conclusioni già assunte;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
ROSARIO GIOVANNI RUSSO, che conclude per l’accoglimento del
primo motivo ed assorbimento degli altri.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. – Lo IACP della provincia di Salerno impugna la sentenza n. 648 del
2006 (pubblicata il 12 settembre 2006) con la quale veniva accolta la
domanda di usucapione avanzata dal dante causa degli odierni intimati
quanto all’immobile di proprietà dell’ente, sito in Aquara.
Al riguardo il primo giudice, il GOA del Tribunale di Salerno, aveva
rigettato la domanda di usucapione, ritenendo l’immobile in questione
non usucapibile.
2. – La Corte di appello di Salerno, adita dagli odierni intimati,
accoglieva la domanda di usucapione, ritenendo fondato il relativo
motivo di gravame quanto all’erronea declaratoria di non usucapibilità
del bene. Al riguardo, la Corte territoriale, nella contumacia dello
IACP, rilevava come accertato in fatto quanto segue: a) la famiglia
degli istanti era stata sistemata nell’abitazione in questione a seguito
della frana del 1947; b) l’immobile era stato accatastato nel 1987 in
capo allo IACP; c) non era mai stato pagato alcun canone. Rilevava la
Corte territoriale che nel caso in questione «non vi è traccia né di un atto di
destinazione o di un contratto di locazione, né vi è prova di atti di manutenzione
posti in essere dall’ente nel corso dei trascorsi cinquant’anni, né di interventi di
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s

qualsiasi genere». Era risultato, invece, che il bene in questione era stato
goduto uti dominus prima dal Capozzoli Luigi e poi dalla vedova e dai
figli con conseguente dichiarazione di intervenuta usucapione.
3. – Il ricorrente IACP formula tre motivi. Resistono con controricorso
gli intimati. Parte ricorrente ha depositato memoria.

1. I motivi del ricorso
1.1 – Con il primo motivo di ricorso si deduce la «violazione e/ o falsa
applicazione degli articoli 826, comma 3, 828, comma 2, e 830, commi i e 2,
codice civile in relazione all’art. 360, n. 3 cp.c. – Omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia».
Il bene in questione apparteneva al patrimonio indisponibile di un
Ente pubblico non territoriale ed era, quindi, non usucapibile ai sensi
degli articoli 830-828 codice civile. L’immobile, infatti, fu costruito tra
il 1941 al 1947 per conto del Partito nazionale fascista, cui era
succeduto lo IACP. Gli alloggi erano stati costruiti per fronteggiare i
bisogni abitativi delle famiglie del Comune di Aquara rimaste senza
tetto a causa di una frana del 1941. L’atto di destinazione al pubblico
servizio (atto a torto ritenuto mancante dalla Corte territoriale) doveva
invece essere individuato nel “verbale di consegna del 25 settembre
1947”, dal quale risultavano chiaramente le ragioni di detta
assegnazione (provvedere alle esigenze abitative delle famiglie rimaste
senza casa all’esito della frana). Tale destinazione escludeva la
possibilità di usucapione e rendeva comunque gli odierni intimati solo
meri detentori e non possessori dell’immobile. Sussisteva anche il
dedotto vizio di motivazione, sotto il profilo della contraddittorietà,
per aver la Corte territoriale, da un lato, riconosciuto che nel caso in
questione si verteva in ipotesi di concessione-contratto e, dall’altro,
ritenuto poi l’usucapibilità del bene. Al riguardo il ricorrente formula il
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MOTIVI DELLA DECISIONE

seguente quesito: «sulla scorta delle deduzioni di fatto e di diritto sopra
formulate la Corte di cassazione accerti e dichiari che il capo della sentenza della
Corte d’appello di Salerno n. 148/06 (..) e relativo alla qualificazione del bene
immobile oggetto della presente controversia quale non appartenente al patrimonio
indisponibile dello IACP è stata resa in violazione dell’articolo 826, comma 3,

1.2

828, comma 2, e 830, commi 1 2 codice civile …».
Con il secondo motivo, proposto in via subordinata, il ricorrente

lamenta la «violazione e falsa applicazione degli articoli 1140, 1141, 1144,
1145, comma 1,1158 e 1164 codice civile nonché art. 2697 codice civile e articoli
115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c. Omessa, insufficiente o
contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione
all’articolo 360 n. 5 cp.c.». Gli odierni intimati mai avevano posseduto il
bene immobile in questione uti domini, avendone ricevuto la mera
detenzione. Né era stato da loro provato — pur essendone onerati – un
idoneo atto di interversione del possesso, non essendo sufficiente la
mera permanenza nell’immobile. Al riguardo il ricorrente formula il
seguente quesito: «… La Corte di cassazione accerti e dichiari che il capo della
sentenza della Corte d’appello di Salerno … relativo alla dichiarazione di acquisto
della proprietà per usucapione, in capo agli attori di primo grado, del bene immobile
oggetto del presente controversia, è stata resa in violazione degli articoli 1140,
1141, 1144, 1145, comma 1, 1158 e 1164 codice civile, nonché degli articoli
2697 codice civile e articoli 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 3,
conseguentemente cassi la sentenza impugnata…».
1.3

Con il terzo motivo, pure avanzato in via subordinata, il

ricorrente deduce «violazione e/ o falsa applicazione dell’articolo 11 delle
disposizioni sulla legge in generale di cui al r.d. 16 marzo 1942, n. 262, in
relazione all’abrogazione dell’articolo 38 del DL Lgt 27 luglio 1944 n. 159 da
parte della legge 13 maggio 1978, n. 208, nonché degli articoli 826, comma 3,
828, comma 2, e 830 commi 1 e 2, 1145, comma 1, 1158 codice civile in
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relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. Omessa, insufficiente o contraddittoria
motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’articolo 360
n. 5 cp.c.». Sostiene il ricorrente che l’immobile in questione solo
dall’entrata in vigore legge 1978 n. 208 poteva essere considerato come
usucapibile, per effetto dell’abrogazione, operata da tale legge,

in questione (passati dal disciolto Partito fascista allo Stato italiano)
entrassero a far parte ope legis del patrimonio indisponibile dello Stato.
Conseguentemente, non essendo neanche trascorsi 20 anni dal 1978 al
momento della introduzione della domanda di usucapione (del 1994),
tale domanda doveva essere rigettata. Al riguardo, il ricorrente formula
il seguente quesito: «… La Corte di cassazione accerti e dichiari che il capo
della sentenza della Corte d’appello di Salerno n. 648/06 … relativo alla
qualificazione del bene oggetto della presente controversia quale non appartenente al
patrimonio indisponibile dello IACP della provincia di Salerno, è stata resa in
violazione dell’articolo 11 delle disposizioni sulla legge in generale di cui al r. d. 16
marzo 1942, n. 262, in relazione all’abrogazione dell’articolo 38 del DI. Lgt 27
luglio 1944 n. 159 da parte della legge 13 maggio 1978, n. 208, e per tale via in
violazione degli articoli 826, comma 3, 828, comma 2, e 830 commi i e 2,1145,
comma 1, 1158 codice civile e. conseguentemente cassi la sentenza impugnata … e
per l’effetto dichiari non usucapibile o comunque non usucapito per mancato decorso
del termine ventennale l’appartamento de quo».
2. Il ricorso è fondato e va accolto quanto al primo assorbente motivo.
Risulta dalla complessiva vicenda processuale che l’immobile in
questione era di proprietà dell’Istituto e da questo destinato ad alcune
famiglie, che avevano necessità abitative del comune di Aquara, a
seguito della frana verificatesi nell’abitato nel 1947 e, tra queste, anche
quella del dante causa degli odierni intimati. Si tratta, quindi, di un
bene appartenente al patrimonio disponibile dell’Istituto, perché
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dell’articolo 38 del Dl. Lgt. C944 n. 159, che aveva previsto che i beni

destinato fin dall’origine al fine di pubblico servizio, nel caso in
questione, appunto, per fronteggiare l’emergenza abitativa conseguente
alla frana. Si tratta, quindi, di immobile non usucabile, secondo
l’orientamento costante di questa Corte (Cass. 1998 n. 3667, Cass.
2002 n. 12608; Cass. 2012 n. 2962). Un’eventuale diversa destinazione

prova che è del tutto mancata.
3. L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento degli
altri, avanzati in via subordinata.
4. La sentenza impugnata va, quindi, cassata e, non essendo necessari
ulteriori accertamenti di fatto – in quanto dall’accoglimento del ricorso
deriva logicamente il giudizio d’infondatezza della domanda di
usucapione avanzata dal dante causa degli odierni controricorrenti – è
consentito in questa sede pronunciare nel merito ai sensi dell’art. 384,
primo comma, c.p.c. e rigettare la domanda.
5. In relazione all’esito del giudizio nei due gradi del merito, appare
equo disporre la integrale compensazione delle spese, ponendosi quelle
del giudizio di cassazione a carico dei controricorrenti.

P.T.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri; cassa la
sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di
usucapione rivolta contro il ricorrente. Compensa interamente le spese
di giudizio per il primo e il secondo grado e condanna i
controricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione,
liquidate in € 2000 (duemila) per compensi e 200 (duecento) per spese,
oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, Camera di Consiglio del 18 geniio 2013
L’rINSO

IL PRES1ENTE

attribuita al bene successivamente doveva essere oggetto di specifica

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