Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10084 del 21/04/2017
Cassazione civile, sez. trib., 21/04/2017, (ud. 17/01/2017, dep.21/04/2017), n. 10084
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIELLI Stefano – Presidente –
Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 24147/2011 R.G. proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,
domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi 12, presso 12, l’Avvocatura
Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
S.S., rappresentato e difeso dall’avv. Raffaele Scarnati,
con domicilio eletto in Roma, Piazza Prato degli Strozzi 21, presso
lo studio del difensore;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della
Sicilia, depositata il 13 giugno 2011.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 17 gennaio 2017
dal Consigliere Dott. Giuseppe Tedesco;
uditi gli avv. Gianna Galluzzo e Raffaele Scarnati;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso chiedendo il
rigetto del ricorso.
Fatto
FATTI DI CAUSA
Il contribuente, libero professionista residente in Catania (Comune compreso nelle province interessate dal sisma del 1990), ha impugnato il silenzio rifiuto sulla propria richiesta di rimborso del 90% di quanto versato per Ilor, Ires, Iva per gli anni 1990-1992, richiesta ch’era stata avanzata in forza della L. n 289 del 2002, art. 9, comma 17.
Il ricorso fu rigettato dalla Commissione tributaria provinciale, che condivise la tesi dell’Amministrazione Finanziaria sulla non estensibilità della norma dell’art. 9 citato ai rapporti già definiti.
Contro la sentenza il contribuente ha proposto appello davanti alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, che l’accolse, rilevando che esisteva un precedente della stessa Commissione adita (passato in giudicato avendo l’Agenzia delle Entrate prestato acquiescenza) che, in fattispecie identica, aveva definito la lite in senso favorevole per il contribuente.
Contro la sentenza l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo, cui il contribuente reagisce con controricorso.
Il collegio ha deliberato la motivazione della sentenza con motivazione semplificata.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, censura la decisione del giudice d’appello per avere attribuito efficacia di giudicato a una sentenza (intervenuta fra la medesima Agenzia delle Entrate di Catania e un diverso contribuente) che invece tale efficacia non aveva, essendo ancora pendente ricorso per cassazione contro la pronuncia.
Il motivo è infondato. Invero i giudici d’appello decisero in quel modo non perchè avevano ritenuto che la sentenza resa nei confronti del diverso contribuente avesse efficacia diretta nella fattispecie sottoposta al suo giudizio, in un’errata applicazione dell’art. 324 c.p.c. e art. 2909 c.c., ma perchè ne ha condiviso la soluzione, facendo proprie le ragioni esposte in quella pronuncia. Intesa la decisione nei predetti termini, il fatto che il precedente non fosse ancora definitivo (su tale dato formale particolarmente si appuntano le critiche della ricorrente) è irrilevante, essendo appunto altrove la ratio decidendi sottesa alla sentenza impugnata.
Ciò posto va precisato che nelle more del presente giudizio di legittimità è intervenuta la L. n. 190 del 2014 (c.d. legge di stabilità 2015) che all’art. 1, comma 665, ha espressamente previsto che “I soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, individuati ai sensi dell’articolo 3 dell’ordinanza del Ministro per il coordinamento della protezione civile 21 dicembre 1990, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 24 dicembre 1990, che hanno versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10 per cento previsto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 17 e successive modificazioni, hanno diritto, con esclusione di quelli che svolgono attività d’impresa, per i quali l’applicazione dell’agevolazione è sospesa nelle more della verifica della compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’Unione europea, al rimborso di quanto indebitamente versato, a condizione che abbiano presentato l’istanza di rimborso ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, comma 2 e successive modificazioni. Il termine di due anni per la presentazione della suddetta istanza è calcolato a decorrere dalla data di entrata in vigore della L. 28 febbraio 2008, n. 31, di conversione del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248″ e cioè dal 1 marzo 2008”.
Nel caso di specie è pacifico che il ricorrente ha presentato l’istanza di rimborso in data 27 marzo 2008; quindi, essendo l’istanza tempestiva, ha diritto al rimborso del 90% delle imposte versate (in tal senso Cass. n. 24089 del 2015), ad esclusione di quanto pagato a titolo di IVA, perchè il comma 17 della L. n. 289 del 2002, art. 9, non è applicabile in materia di IVA per contrasto col disposto degli articoli 2 e 22 della sesta direttiva 77/388/CEE, come chiarito dall’ordinanza 15 luglio 15 della Corte di giustizia dell’Unione Europea nella causa C-82/14 (cfr. Cass. ord. n. 1643 del 2016; id. sent. n. 25278 del 2015) che ha risposto alla questione posta con domanda di rinvio pregiudiziale di questa Corte affermando (punto 28 dell’ordinanza citata) “che gli artt. 2 e 22 della sesta direttiva devono essere interpretati nel senso che ostano ad una disposizione nazionale, come la L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, la quale prevede, in seguito al terremoto che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, a beneficio delle persone colpite da quest’ultimo, una riduzione del 90% dell’IVA normalmente dovuta per gli anni 1990, 1991 e 1992, riconoscendo in particolare il diritto al rimborso, in tale proporzione, delle somme già corrisposte a titolo di IVA, in quanto la suddetta disposizione non soddisfa i requisiti del principio di neutralità fiscale e non consente di garantire la riscossione integrale dell’IVA dovuta nel territorio italiano”.
In parte qua, pertanto, la pretesa del contribuente non poteva essere accolta; e poichè il contrasto della norma nazionale con i principi dell’Unione Europea è rilevabile d’ufficio anche in questa sede di legittimità, si impone negli stessi limiti la cassazione della sentenza impugnata. D’altra parte, ex art. 384 c.p.c., non essendo necessari ulteriori accertamenti o valutazioni di fatto, questa Corte può decidere nel merito, rigettando il ricorso del contribuente nei limiti della sola richiesta di rimborso dell’IVA.
Tenuto conto delle novità normative intervenute nel corso del giudizio, si ravvisa la sussistenza di giusti motivi per compensare le spese del giudizio, sia quelle della fase di merito e sia quelle del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte rigetta il ricorso; cassa la sentenza impugnata per la sola parte relativa all’Iva e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso del contribuente relativamente alla richiesta di rimborso di quanto pagato per tale imposta; compensa le spese processuali dell’intero giudizio.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2017.
Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2017