Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10082 del 09/05/2011

assazione civile sez. I, 09/05/2011, (ud. 05/04/2011, dep. 09/05/2011), n.10082

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.F. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA MARTINI DI BELFIORE 2, presso l’avvocato

ALESSI CARLO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

LUPO MICHELE, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

D.P.E. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA UGO DE CAROLIS 87, presso l’avvocato IELO ANTONIO,

rappresentato e difeso dagli avvocati PANEPINTO FRANCESCO, DELL’OTRI

MASSIMO, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 197/2006 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 03/06/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/04/2011 dal Consigliere Dott. CARLO DE CHIARA;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato GAETANO ALESSI, per delega, che

ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato IELO ANTONIO, per delega,

che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

I sigg. D.P.E. e M.F. erano soci – il secondo anche liquidatore – della Di.E.Ma. s.p.a., che il 13 dicembre 1993 aveva approvato il bilancio di liquidazione nonostante la pendenza di un contenzioso con il Comune di Caltanissetta, avente ad oggetto opposizione a ordinanza ingiunzione per oneri concernenti l’edificazione di due fabbricati.

Con scrittura privata del 17 luglio 1997 i predetti soci concordarono quindi di depositare presso un notaio cambiali per L. 60.000.000 ciascuno, con il nome del beneficiario in bianco, “al fine di garantirsi reciprocamente” in relazione all’eventualità del rigetto dell’opposizione. Gli effetti sarebbero stati, cioè, azionati “soltanto nel caso di soccombenza della Di.E.Ma. (…) e qualora la società non sia in grado di soddisfare il debito con altra provvista”: in tal caso il notaio era autorizzato a consegnare i titoli “al liquidatore della Di.E.Ma. dietro prova della soccombenza della società nella controversia”.

Verificatasi la soccombenza (parziale, per l’esattezza, avendo il Comune ridotto la sua pretesa in corso di causa), il M., ottenuta dal notaio la consegna dei titoli il 24 giugno 1999, intimò al D.P., sulla base di essi, precetto di pagamento per complessive L. 40.605.800. Con citazione del 10 gennaio 2000 l’intimato si oppose al precetto eccependo, fra l’altro, che il M. aveva indicato se stesso come beneficiario degli effetti e aveva agito in proprio, mentre aveva titolo per agire solo come liquidatore della società.

Il convenuto resistette e il Tribunale di Caltanissetta respinse l’opposizione, ritenendo che il M. avesse azionato le cambiali in conformità dell’accordo sottoscritto il 17 luglio 1997 e che fosse irrilevante l’averle egli azionate in proprio, dato che al momento del ritiro dei titoli era cessato dalla carica di liquidatore della società.

La Corte nissena, adita con appello del Di Prima, in riforma della sentenza del Tribunale accolse invece l’opposizione. La ratio della decisione consiste nel fatto che la scrittura del 17 luglio 1997 prevedeva una garanzia atipica stipulata dai sottoscrittori in favore della società, sicchè solo il liquidatore di quest’ultima – e non il M. in proprio – aveva il diritto di ritirare i titoli presso il notaio e di azionarli a nome della società, non rilevando l’avvenuta cancellazione di essa dal registro delle imprese, giacchè l’estinzione di una società di capitali si verifica solo a seguito della definizione di tutti i suoi rapporti giuridici.

Il sig. M. ha quindi proposto ricorso per cassazione per quattro motivi, cui l’intimato ha resistito con controricorso.

Entrambe le parti hanno anche presentato memorie.

In camera di consiglio il Collegio ha deliberato che la motivazione della presente sentenza sia redatta in maniera semplificata, non ponendosi questioni rilevanti sotto il profilo della nomofilachia.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo di ricorso si denuncia vizio di motivazione quanto alla ritenuta intenzione degli autori della scrittura 17 luglio 1997 di garantire con essa la società e non, come chiaramente si legge, invece, nel testo dell’atto, “per garantirsi reciprocamente” in vista, evidentemente, dell’eventuale responsabilità dei soci, e più ancora del liquidatore, ai sensi dell’art. 2456 c.c., comma 2.

2. – Il secondo e il terzo motivo, entrambi contenenti censure di vizio di motivazione, sono trattati congiuntamente dallo stesso ricorrente.

Con il primo dei due viene censurata l’affermazione del dovere del M. di riempire i titoli con 1’indicazione della sua qualifica di liquidatore della società, osservando che invece egli non rivestiva più tale qualità sin dal 6 luglio 1994, data in cui il Tribunale aveva disposto la cancellazione della società dal registro delle imprese, poi annotata il 4 novembre 1995; con il secondo si censura l’affermazione che il M. avrebbe potuto azionare in proprio i titoli solo a condizione che avesse provveduto a saldare integralmente il debito della società.

Il ricorrente ribadisce che all’epoca in cui i titoli erano stati da lui ritirati e azionati era già stata eseguita la cancellazione della società, dunque il M. non rivestiva più la carica di liquidatore, e non valeva addurre in contrario l’orientamento giurisprudenziale che rinvia comunque l’estinzione della società al momento della definizione di tutti i suoi rapporti, dato che tale orientamento trova giustificazione nella tutela dei creditori, mentre nella specie si verte in una lite tra due ex soci. Osserva, inoltre, che è contraddittorio affermare – come fanno i giudici d’appello – da un lato che i titoli avrebbero potuto essere azionati soltanto dal liquidatore, che aveva conservato la propria carica nonostante l’estinzione della società, e, dall’altro che il M. avrebbe potuto azionare in proprio i titoli solo ove avesse previamente saldato l’intero debito della società.

3. – Con il quarto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 2495 c.c., nel testo anteriore alla novella di cui al D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, sostenendo che con la cancellazione della società dal registro delle imprese viene meno la rappresentanza organica in capo al liquidatore, cui dunque non è più consentito agire in detta qualità.

4. – Va anzitutto sgomberato il campo dal secondo e terzo motivo di ricorso, che sono inammissibili in quanto, pur essendo dedotti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non recano – manifestamente -la chiara indicazione del fatto controverso che ne sarebbe oggetto, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., comma 2. I fatti sui quali si basano le censure, invero, sono pacifici, mentre vengono discussi, semmai, i loro effetti; ma ciò sarebbe stato materia di censura di violazione di legge ai sensi dell’art. 360 cit., n. 3 che necessitava dunque della formulazione di quesiti ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., comma 1, viceversa non formulati dal ricorrente.

5. – II quarto motivo di ricorso – da esaminare con priorità poichè pone una questione giuridica rilevante al fine di ricostruire la effettiva intenzione delle parti della scrittura del 17 luglio 1997, materia del primo motivo – è infondato, alla luce della giurisprudenza di questa Corte secondo cui la cancellazione dal registro delle imprese di una società di capitali, avvenuta – come nella specie – in data anteriore all’entrata in vigore del nuovo art. 2495 c.c. (come modificato dal D.Lgs. n. 6 del 2003, art. 4 cit.), determina l’estinzione della società dal 1 gennaio 2004, data in cui è entrata in vigore la nuova disposizione, la quale non ha inciso sui presupposti della cancellazione in precedenza effettuata, ma ne ha regolato gli effetti, comportando, perciò, l’operare dell’effetto estintivo da tale data (Cass. Sez. Un. 4060/2010 e successive conformi). Dunque all’epoca in cui i titoli cambiari erano stati ritirati, riempiti e azionati dal M. la società Di.E.Ma.

non era ancora estinta e, pertanto, il M. ben avrebbe potuto agire quale suo liquidatore.

6. – Il primo motivo, infine, è inammissibile.

La Corte d’appello, invero, dando rilievo all’ultima parte della scrittura 17 luglio 1997, in cui si prevedeva la consegna dei titoli al liquidatore della Di.E.Ma. s.p.a., ha ritenuto che i sottoscrittori intendessero garantire la società e dunque prevedere un diritto di quest’ultima di avvalersi dei medesimi titoli; il ricorrente sostiene invece il contrario, dando maggior peso alla parte iniziale della scrittura, ove: si legge che le parti intendevano “garantirsi reciprocamente”. Si tratta, allora, di una diversa valutazione degli elementi istruttori, ossia di una pura e semplice censura di merito, che non può trovare ingresso in sede di legittimità.

5. – Il ricorso va in conclusione respinto. Le spese processuali, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, liquidate in Euro 2.200,00, di cui 2.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 5 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2011

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