Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10081 del 28/05/2020

Cassazione civile sez. un., 28/05/2020, (ud. 14/01/2020, dep. 28/05/2020), n.10081

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Primo Presidente f.f. –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23157/2019 proposto da:

D.R.L., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato GIUSEPPE FUSCO;

– ricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE, MINISTERO DELLA

GIUSTIZIA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 52/2019 del CONSIGLIO SUPERIORE DELLA

MAGISTRATURA, depositata il 23/05/2019.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/01/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott.

SALZANO Francesco, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

annullamento con rinvio;

udito l’Avvocato Giuseppe Fusco.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Dott. D.R.L., giudice del Tribunale di Torre Annunziata, venne incolpato dell’illecito di cui al D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 2, comma 1, lett. c), per aver violato l’obbligo di astensione di cui all’art. 36 c.p.p., comma 1, lett. h), in tre procedimenti penali, iscritti nel ruolo del Tribunale di Torre Annunziata con i nn. 101164/14, 2024/14 e 720/13; ciò in quanto in detti procedimenti penali una delle parti era difesa dal prof. avv. M.V., con il quale il medesimo Dott. D.R. intratteneva rapporti di collaborazione scientifica in ambito universitario ed editoriale.

2. Dall’incolpazione concernente il procedimento penale n. 720/13 il Dott. D.R. fu assolto, per essere rimasto escluso l’addebito, con la sentenza della Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura n. 96/2018, con la quale l’incolpato venne condannato soltanto per la mancata astensione nei procedimenti penali n. 101164/14 e n. 2024/14.

3. A seguito della cassazione, decisa da queste Sezioni Unite con la sentenza n. 2301/19, della statuizione di condanna pronunciata a carico del Dott. D.R. con la suddetta sentenza n. 96/2018, la Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura, con la sentenza emessa in sede di rinvio n. 52/19, ha assolto l’incolpato tanto per la mancata astensione nel procedimento penale n. 101164/14, con la formula “per essere rimasto escluso l’addebito”, quanto per la mancata astensione nel procedimento penale n. 2024/14, con la formula “perchè l’illecito disciplinare non è configurabile essendo il fatto di scarsa rilevanza”.

4. In particolare, per quanto qui ancora interessa, la Sezione disciplinare ha ritenuto che la mancata astensione del Dott. D.R. nelle udienze del procedimento penale n. 2024/14 celebrate il 22 gennaio 2015 e il 28 maggio 2015 – nelle quali l’incolpato aveva composto il collegio giudicante nonostante che una della parti fosse difesa dal prof. M. integrasse l’illecito disciplinare di cui al D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 2, comma 1, lett. c). Al riguardo il Giudice disciplinare ha argomentato, per un verso, che l’assunto dell’incolpato di essere stato previamente informato della circostanza, poi effettivamente verificatasi, che in entrambe tali udienze sarebbero stati disposti dei meri rinvii, risultava smentito dalle affermazioni della Dott.ssa C., presidente del collegio penale, secondo le quali “al Dottor D.r. non era stata data assicurazione alcuna circa il fatto che le udienze non sarebbero state trattate in quanto di mero rinvio”; per altro verso, che “la natura dell’attività concretamente espletata – consistita nell’accoglimento dell’istanza difensiva di rinvio del processo per allegato impedimento di alcuni difensori – non escludeva il dovere di astensione da parte del magistrato, in quanto implicante valutazioni di contenuto giurisdizionale” (i virgolettati sono tratti da pag. 6 della sentenza n. 52/19).

5. Anche avverso quest’ultima sentenza della Sezione disciplinare il Dott. D.R. ha proposto ricorso per cassazione, censurando esclusivamente la statuizione che lo ha assolto dall’incolpazione relativa al procedimento penale n. 2024/14 per la scarsa rilevanza del fatto e lamentando la mancata esclusione dell’illecito.

6. Con l’unico motivo di ricorso, promiscuamente riferito dell’art. 606 c.p.p., lett. e) e b), il Dott. D.R. denuncia il vizio di mancanza di motivazione, anche in relazione ai principi stabiliti nella menzionata sentenza di questa Corte n. 2301/19, nonchè il vizio di violazione di legge, in relazione all’art. 36 c.p.p., lett. h).

7. Preliminarmente il ricorrente evidenzia che la sentenza della Sezione disciplinare n. 96/2018 era stata cassata – quanto alla statuizione di condanna per la mancata astensione nelle udienze del procedimento penale n. 2024/14 del 22 gennaio 2015 e del 28 maggio 2015 – in ragione della mancata considerazione della natura effettiva di tali udienze, alla luce dei verbali di causa, dai quali emergeva che i rinvii ivi disposti corrispondevano anche ad esigenze rappresentate dal pubblico ministero.

8. Sulla scorta di tale premessa, il ricorrente, per un verso, deduce che la sentenza impugnata in questa in sede, reiterando il medesimo vizio di motivazione che aveva condotto alla cassazione della sentenza n. 96/2018, trascura qualunque considerazione dell’effettiva attività svolta nelle udienze in relazione alle quali è stata contestata la mancata astensione dell’incolpato; per altro verso, denuncia l’errore di diritto in cui la Sezione disciplinare sarebbe incorsa ritenendo doverosa l’astensione in udienze nelle quali:

il collegio risultava composto precariamente, nell’attesa della presa di possesso del nuovo presidente di sezione, con l’assegnazione in supplenza del Dott. D.R. (componente di altra sezione del tribunale);

– le uniche attività processuali svolte in dette udienze, in entrambe le quali il prof. M. fu assente, si erano risolte nell’adozione di un provvedimento di rinvio;

nell’udienza del 22.1.15 il rinvio fu chiesto per l’impedimento di un difensore diverso dal prof. M. e il pubblico ministero non si oppose, rappresentando esigenze processuali recepite dal tribunale, che dispose il rinvio “tenuto conto anche delle esigenze rappresentate dal PM”;

– nell’udienza del 25.5.15 il rinvio fu motivato dal tribunale “coerentemente con quanto già disposto alla scorsa udienza, al fine di consentire una trattazione unitaria dei fatti di cui al presente processo”.

9. La causa è stata discussa alla pubblica udienza del 14.1.20, nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

10. Va preliminarmente affermata l’ammissibilità del ricorso. La più recente, e persuasiva, giurisprudenza di queste Sezioni Unite, a cui il Collegio intende dare seguito, ha infatti chiarito, superando la difforme pronuncia n. 14889/10, che, in tema di responsabilità disciplinare del magistrato, l’assoluzione con la formula di cui al D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 3 bis, da parte della Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura, non è tale da escludere qualsiasi effetto svantaggioso per il magistrato assolto ed è, pertanto, idonea a radicare il suo interesse a impugnare la sentenza davanti alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, al fine di ottenere una pronuncia, totalmente liberatoria, di esclusione dell’addebito per insussistenza del fatto o perchè il fatto non è a lui attribuibile (cfr. SSUU 29914/17, SSUU 1416/19).

11. Nel merito della doglianza, è opportuno sottolineare, in via preliminare, che qui non è in discussione la sussistenza dell’obbligo del Dott. D.R. di astenersi nel procedimento penale iscritto nel ruolo del Tribunale di Torre Annunziata con il n. 2024/14; tale obbligo è stato infatti accertato nella sentenza della Sezione disciplinare n. 96/2018, con statuizione confermata nella più volte richiamate sentenza di queste Sezioni Unite n. 2301/19 (p. 3.3).

12. Ciò posto, il Collegio rileva che la sentenza n. 96/2018 è stata cassata per non aver motivato in ordine alla “natura effettiva” delle udienze in cui l’incolpato non si era astenuto. Si veda p. 3.3. di Cass. 2301/19: “Così decidendo, la Sezione disciplinare è tuttavia incorsa nel denunciato vizio di motivazione, perchè non ha considerato la natura effettiva delle due udienze in questione alle luce dei verbali di causa, dai quali emerge: quanto alla prima, del 22 gennaio 2015, che in essa, assente il prof. M., fu disposto il rinvio preliminare ad udienza successiva (al 28 maggio 2015), non solo in accoglimento dell’istanza di rinvio per legittimo impedimento dell’avv. Antonio De Martino già depositata in cancelleria, ma anche tenuto conto delle esigenze rappresentate dal pubblico ministero, Dott. Siracusa, il quale aveva evidenziato che, in relazione a quel medesimo processo, vi erano alcune posizioni per le quali doveva ancora tenersi l’udienza preliminare; quanto alla seconda, del 28 maggio 2015, che in essa, sempre assente il prof. M. e sempre in via preliminare, venne stabilito, “coerentemente con quanto già disposto alla (precedente) udienza”, il rinvio al 5 novembre 2015, avendo il pubblico ministero formulato istanza in tal senso “in modo da consentire, dopo la celebrazione dell’udienza preliminare, la riunione delle posizioni degli altri imputati eventualmente rinviati a giudizio””.

13. La sentenza emessa in sede di rinvio ha totalmente trascurato i temi di indagine indicati da queste Sezioni Unite nella sentenza n. 2301/19, in tal guisa reiterando l’errore della sentenza n. 96/2018 e, in definitiva, sottraendosi al dovere di uniformarsi alla sentenza della Cassazione fissato nell’art. 627 c.p.p..

14. La sentenza qui impugnata, infatti, si fonda sul duplice argomento che:

a) non vi era prova del fatto che l’incolpato sapesse previamente che nelle udienze de quibus il collegio si sarebbe limitato a disporre un rinvio;

b) in ogni caso l’incolpato si sarebbe dovuto astenere anche sulla istanza difensiva di rinvio, trattandosi di attività giurisdizionale.

15. Tali argomenti sono, tuttavia, privi di concludenza, giacchè:

l’argomento sub a), oltre ad essere estraneo al tema di indagine deferito al Giudice di rinvio nella sentenza di questa Corte n. 2301/19, trascura il rilievo che in quest’ultima sentenza, come si legge nello stralcio sopra trascritto, si riferiva che l’istanza dell’avv. Antonio de Martino di rinvio dell’udienza del 22 gennaio 2015, accolta dal collegio giudicante di cui faceva parte l’incolpato, risultava “già depositata in cancelleria”;

– l’argomento sub b) trascura che nella sentenza di cassazione con rinvio era stato richiesto alla Sezione disciplinare di valutare la circostanza che l’istanza di rinvio dell’avv. Antonio de Martino era stata condivisa dal pubblico ministero per esigenze processuali legate alla necessità di svolgere l’udienza preliminare per alcuni degli imputati.

16. La Sezione disciplinare, in sostanza, non ha apprezzato nella sua esatta portata il dictum della sentenza n. 2301/19, la quale, nel momento stesso in cui chiedeva al giudice di rinvio di considerare “la natura effettiva delle due udienze”, implicitamente postulava il principio che l’obbligo di astensione gravante su un magistrato impedisce al medesimo di compiere le attività processuali direttamente o indirettamente rilevanti ai fini della decisione, ma non gli preclude il compimento di attività che, in concreto, si palesino prive di qualunque portata decisoria e risultino destinate esclusivamente a garantire l’ordinata e sollecita prosecuzione dell’attività giurisdizionale, nell’interesse dell’amministrazione della giustizia e nel rispetto del principio della ragionevole durata del giudizio.

17. In definitiva – omettendo di considerare “la natura effettiva delle due udienze”, ossia di apprezzare la natura necessitata dei rinvii ivi stabiliti, imposti da ragioni processuali oggettive che avevano indotto il pubblico ministero ad aderire all’istanza di rinvio di un difensore (diverso, va sottolineato, dall’avv. Antonio de Martino) – l’impugnata sentenza è incorsa nella violazione del disposto dell’art. 627 c.p.p. (non richiamato espressamente nel mezzo di impugnazione, ma evocato nella rubrica del motivo tramite il riferimento, ivi svolto, ai “principi stabiliti nella precedente sentenza di annullamento con rinvio”). Ai sensi di detta disposizione infatti, come precisato in Cass. pen. 11641/18, il giudice del rinvio è tenuto ad uniformarsi non solo al principio di diritto, ma anche alle premesse logico-giuridiche poste a base dell’annullamento, non potendo nuovamente valutare questioni che, anche se non esaminate nel giudizio rescindente, costituiscono i presupposti della pronuncia sui quali si è formato il giudicato implicito interno.

18. Il ricorso va quindi giudicato fondato e l’impugnata sentenza va cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito.

19. Risulta infatti accertato che:

– “nelle udienze nelle quali è stato violato il dovere di astensione non è stato trattato il merito della vicenda processuale ma si è proceduto ad un mero rinvio dell’udienza ad altra data” (pag. 7, quarto capoverso della sentenza impugnata);

– l’istanza dell’avv. Antonio de Martino di rinvio dell’udienza del 22 gennaio 2015 era “già depositata in cancelleria” (p. 3 SSUU n. 2301/19);

– all’istanza suddetta il pubblico ministero ha aderito evidenziando che, in relazione a quel medesimo processo, “vi erano alcune posizioni per le quali doveva ancora tenersi l’udienza preliminare” (p. 3 SSUU n. 2301/19);

– l’udienza del 28 maggio 2015 fu rinviata, in via preliminare, “avendo il pubblico ministero formulato istanza in tal senso “in modo da consentire, dopo la celebrazione dell’udienza preliminare, la riunione delle posizioni degli altri imputati eventualmente rinviati a giudizio”” (p. 3 SSUU n. 2301/19).

20. Il quadro di tali emergenze processuale dimostra univocamente che nella concreta situazione in esame il Dott. D.R. non era tenuto ad astenersi, in quanto la sua partecipazione al collegio giudicante non poteva in alcun modo orientare la decisione sul merito delle vicende dedotte in giudizio ma tendeva esclusivamente a consentire il regolare svolgimento della sequenza procedimentale del giudizio penale, nell’interesse dell’amministrazione della giustizia e della celerità del giudizio.

21. Alla cassazione dell’impugnata sentenza deve pertanto seguire l’assoluzione del ricorrente dall’incolpazione relativa alla sua mancata astensione nel procedimento penale iscritto nel ruolo del Tribunale di Torre Annunziata con il n. 2024/14 per essere rimasto escluso l’addebito.

22. L’Amministrazione della giustizia deve rifondere al ricorrente le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo

nel merito, assolve il Dott. D.R.L., per essere rimasto escluso l’addebito, dall’incolpazione relativa alla sua mancata astensione nel procedimento penale iscritto nel ruolo del Tribunale di Torre Annunziata con il n. 2024/14.

Condanna il Ministero della Giustizia a rifondere al ricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 3.200 per onorari, oltre Euro 200 per esborsi e accessori di legge.

Si dà atto che il presente provvedimento è firmato dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a).

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2020

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