Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10081 del 21/04/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 21/04/2017, (ud. 09/01/2017, dep.21/04/2017),  n. 10081

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 405/2013 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

E.K.K. s.d.f., in persona del legale rappresentante pro

tempore, e K.S. rappresentati e difesi, giusta procura

speciale a margine del controricorso, dagli avv.ti Stephan Vale,

Alexander Gasser e Stefano Coen, con domicilio eletto presso lo

studio legale di quest’ultimo difensore, in Roma, piazza di

Priscilla, n. 4;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Trentino-Alto Adige, n. 54/2/12, depositata il 15 ottobre 2012;

Udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 9 gennaio 2017

dal Cons. Lucio Luciotti;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale DEL CORE Sergio, che ha concluso chiedendo l’accoglimento

del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 54 del 15 ottobre 2012, notificata in data 23 ottobre 2012, la Commissione tributaria di 2^ grado di Bolzano accoglieva l’appello proposto dalla s.d.f. E.K.K. riformando la sentenza di primo grado che, rilevando il difetto di legittimazione del socio K.S., aveva dichiarato l’inammissibilità del ricorso da costui proposto avverso l’avviso di accertamento ai fini IVA con cui l’Amministrazione finanziaria, relativamente all’anno di imposta 2002, aveva accertato l’omessa presentazione della dichiarazione IVA e del versamento dell’imposta dovuta per il canone relativo al contratto di affitto di azienda.

Sostenevano i giudici di appello che, stante l’indiscussa qualità di socio della s.d.f. E.K.K., K.S. era legittimato, in base al disposto di cui all’art. 2297 c.c., comma 2, a rappresentare la società in giudizio e, nel merito, che la predetta società, nonostante l’errata indicazione fatta nella dichiarazione, aveva dimostrato di non aver incassato nel 2002 il canone di affitto dell’azienda, come confermato dai controlli effettuati presso il conduttore, non risultando alcun pagamento nè detrazione di imposta.

2. Avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui l’intimata replica con controricorso.

3. Il Collegio ha deliberato la redazione della sentenza con motivazione semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va preliminarmente rilevata ex officio l’inammissibilità del ricorso proposto nei confronti di K.S. in proprio, trattandosi di soggetto che non è stato parte nei precedenti giudizio di merito se non quale legale rappresentante della s.d.f. E.K.K..

2. Con il primo motivo di censura, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e art. 100 c.p.c., per avere la CTR ritenuto K.S. legittimato a proporre impugnazione avverso l’atto impositivo emesso nei confronti della s.d.f. E.K.K., nonostante il difetto di prova della sua qualità di socio.

3. Con il secondo motivo propone la medesima censura sotto il profilo del vizio logico di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamentando l’omessa o, comunque, l’insufficiente giustificazione fornita dalla CTR al fatto, decisivo e controverso, in quanto oggetto di specifica contestazione, rappresentato dall’attribuzione a K.S. della qualità di socio della s.d.f. E.K.K..

4. Con il terzo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 6 e 3 e art. 2697 c.c., sostenendo che la CTR aveva errato nel ritenere vinta la presunzione legale posta dalle citate disposizioni in materia di IVA con la produzione da parte della società contribuente della copia del registro IVA riportante alla data del 31 dicembre 2012 la dicitura “rateo da fattura da emettere” in relazione al contratto di affitto di azienda, nonchè nel porre a carico dell’Amministrazione finanziaria l’onere di provare l’incasso del canone di affitto.

5. I motivi di ricorso sono tutti inammissibili.

6. Quanto al primo, deve osservarsi che quella di socio della società di fatto E.K.K. è qualità che è stata espressamente riconosciuta al controricorrente da entrambi i giudici di merito; dalla CTR, che sul punto afferma che “è pacifico in causa, ed è stato riconosciuto anche dalla Commissione Tributaria di 1^ grado, che K.S. è socio della società E.K.K. s.d.f.”, e dalla CTP che aveva affermato – per come si desume dallo stralcio della motivazione della sentenza di primo grado riprodotta a pag. 13 del controricorso – che “dalla visura storica acquisita dalla stessa Agenzia presso la Camera di commercio, industria, agricoltura ed artigianato di Bolzano” il predetto non risultava essere il legale rappresentante della s.d.f., rivestendo “unicamente la qualità di socio”. Orbene, a fronte di tali evidenti risultanze processuali, la ricorrente ha sostenuto nel motivo di ricorso la carenza di prova in ordine alla qualità di socio del predetto K.S., omettendo però – in violazione del principio di autosufficienza del ricorso – di riprodurre il contenuto essenziale degli atti del giudizio di merito in cui aveva contestato tale qualità – che avrebbe legittimato quel soggetto a proporre ricorso – e non, piuttosto, quella di erede di K.E., come si desume dal contenuto delle controdeduzioni depositate in primo grado e riprodotte a pag. 6 del ricorso in esame, trattandosi di qualificazioni soggettive solo eventualmente coesistenti in capo al medesimo soggetto.

7. Quanto al secondo motivo, con cui la medesima questione viene dedotto sotto il profilo del vizio motivazionale, l’inammissibilità discende, oltre che dalla già rilevata violazione del principio di autosufficienza del ricorso per le ragioni indicate al precedente punto, anche dal rilievo che “la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134”, applicabile nella fattispecie, in quanto la sentenza gravata è stata pubblicata in data 15 ottobre 2012, “deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (cfr. Cass. n. 8053 del 2014), dedotto con il motivo in esame.

8. Quanto al terzo motivo, premesso che i giudici di appello hanno ritenuto che la società aveva adeguatamente provato di non aver incassato alcun rateo di affitto nell’anno in verifica, così facendo corretta applicazione delle disposizioni censurate, in base alle quali deve escludersi che, in materia di IVA, debba emettersi fatture per corrispettivi non conseguiti, la ricorrente con il mezzo di impugnazione in esame, laddove sostiene che aveva errato la CTR a ritenere le prove addotte dalla contribuente idonee ad escludere la legittimità della pretesa fiscale, intende inammissibilmente sottoporre a questa Corte una diversa valutazione degli elementi probatori sui quali si è fondato il convincimento del giudice di merito.

9. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo ai sensi del D.M. Giustizia n. 55 del 2014.

PQM

dichiara l’inammissibilità del ricorso proposto nei confronti di K.S., dei motivi di ricorso proposti nei confronti della s.d.f. E.K.K. e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese processuali del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00 per compenso, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 9 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2017

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