Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10081 del 18/05/2015


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 10081 Anno 2015
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: DI AMATO SERGIO

SENTENZA

sul ricorso 8776-2009 proposto da:
DE GREGORIO TABACCHI S.R.L. (c.f./p.i. 00815120621),
in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI VILLA
MASSIMO 33, presso l’avvocato MAURIZIO BENINCASA,
che la rappresenta e difende unitamente agli
2015
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avvocati GIUSEPPE VIOLA, FRANCESCO MALATESTA, giusta
procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro

Data pubblicazione: 18/05/2015

AGEA – AGENZIA PER LE EROGAZIONI IN AGRICOLTURA,
MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI;
– intimati –

avverso la sentenza n. 825/2008 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 25/02/2008;

udienza del 27/03/2015 dal Consigliere Dott. SERGIO
DI AMATO;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato FRANCESCO
MALATESTA che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che ha
concluso per raccoglimento dei motivi primo e
terzo, assorbimento del secondo.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

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Ritenuto in fatto e in diritto
– che, con sentenza del 25 febbraio 2008, la Corte di
appello di Roma confermava la sentenza n. 33060/2003 con
la quale il Tribunale della stessa città aveva accolto la
domanda della s.r.l. De Gregorio Tabacchi, intesa ad

ottenere la condanna dell’AGEA (Agenzia per l’Erogazione
in Agricoltura) al pagamento di somme a titolo di premio
comunitario per la raccolta e trasformazione di alcune
qualità di tabacchi grezzi, stabilendo tuttavia la
decorrenza degli interessi legali sulle somme liquidate
dalla domanda giudiziale e non dalla data di un’anteriore
messa in mora, come richiesto dall’attrice. In
particolare, la Corte di appello, premesso che il primo
giudice aveva motivato la sua decisione con il rilievo che
non era provata la ricezione, da parte dall’ente
destinatario, degli atti di messa in mora prodotti
dall’attrice, osservava che non si poteva condividere la
tesi secondo cui la ricezione, in assenza di
contestazione, doveva ritenersi pacifica e perciò non
doveva essere provata. Ciò in quanto i fatti allegati da
una parte possono considerarsi pacifici soltanto se
esplicitamente ammessi dalla controparte ovvero se questa
ha assunto una posizione difensiva totalmente
incompatibile con la loro negazione; il che nella specie
non si era verificato poiché la convenuta si era difesa
deducendo l’infondatezza della pretesa;
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- che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per
cassazione la s.r.l. De Gregorio Tabacchi, deducendo: 1)
la violazione dell’art. 112 c.p.c. in quanto la sentenza
non aveva pronunziato sul motivo con il quale, in base
alla documentazione (atto di costituzione in mora ed

avviso di ricevimento) allegata all’atto di appello,
l’appellante aveva chiesto che fosse accertato il diritto
dell’appellante alla corresponsione degli interessi legali
dal 26 luglio 1991; 2) la violazione degli artt. 116,
coma 2, e 167 c.p.c. e degli artt. 1224 e 2697 c.c.
nonché il vizio di motivazione poiché, da un lato, il
convenuto ha l’onere di prendere posizione in comparsa di
risposta sui fatti posti dall’attore a fondamento della
domanda e la non contestazione rappresenta di per sé
l’adozione di una linea di difesa incompatibile con la
negazione del fatto e poiché, d’altro canto, considerato
che tra la richiesta di pagamento del 1991 e la citazione
erano trascorsi più di dieci anni, la mancata eccezione di
prescrizione doveva ritenersi in concreto incompatibile
con la sussistenza di una controversia circa la ricezione
degli atti di costituzione in mora; 3) la violazione degli
artt. 112 e 116 c.p.c. nonché il vizio di motivazione
poiché, anche a voler ricondurre l’omesso esame di un
motivo di appello alla violazione di legge o al vizio di
motivazione, nella specie sussisteva quest’ultimo vizio
atteso che la domanda di corresponsione degli interessi
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dal 26 luglio 1991 era stata rigettata senza prendere in
••!,’

considerazione il decisivo documento (allegato all’atto di
appello) rappresentato dalla lettera in pari data con il
relativo avviso di ricevimento;
– che l’AGEA (Agenzia per l’Erogazione in Agricoltura)

ed il Ministero delle Politiche Agricole non hanno svolto
attività difensiva;
– che il primo motivo infondato. Infatti, poiché il
vizio di omessa pronuncia si concreta nel difetto del
momento decisorio, per integrare detto vizio occorre che
sia

stato

completamente

omesso

il

provvedimento

indispensabile per la soluzione del caso concreto: il che
si verifica quando il giudice non decide su alcuni capi
della domanda, che siano autonomamente apprezzabili, o
sulle eccezioni proposte ovvero quando egli pronuncia solo
nei confronti di alcune parti. Per contro, il mancato o
insufficiente esame delle argomentazioni delle parti
integra un vizio di natura diversa, relativo all’attività
svolta dal giudice per supportare l’adozione del
provvedimento, senza che possa ritenersi mancante il
momento decisorio. Pertanto, nella specie non integra il
vizio di omessa pronuncia la mancata considerazione del
documento di messa in mora sul quale l’attore appellante
fonda la decorrenza degli interessi, atteso che il vizio
di omessa pronuncia è escluso dalla pronuncia sulla

decorrenza degli interessi che rappresentava l’oggetto
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della domanda il cui esame era stato devoluto al giudice
d’appello (e plurimis Cass. 17 marzo 2006, n. 5277; Cass.
18 febbraio 2005, n. 3388);
– che il secondo motivo è fondato. Invero, soltanto nei
giudizi instaurati con rito ordinario anteriormente

all’entrata in vigore della legge 26 novembre 1990, n.
353, (che ha modificato il primo comma dell’art. 167
c.p.c., imponendo al convenuto di prendere posizione sui

fatti posti dall’attore a fondamento della domanda),
affinché il fatto allegato da una parte possa considerarsi
pacifico, così da poter fondare la decisione ancorché non
provato, non è sufficiente la mancata contestazione,
occorrendo che la controparte ammetta il fatto
esplicitamente o che imposti il sistema difensivo su
circostanze e argomentazioni logicamente incompatibili con
la sua negazione (Cass. 16 novembre 2012, n. 20211). Per i
giudizi instaurati successivamente l’onere di specifica
contestazione impone al convenuto di prendere posizione
sui fatti posti dall’attore a fondamento della domanda,
cosicché i suddetti fatti, se non contestati, debbono
essere considerati incontroversi e non richiedono una
specifica dimostrazione. Ne consegue che la contestazione
limitata solo ad alcuni dei fatti c.d. principali,
costitutivi del diritto azionato, ex adverso allegati, pur
se ritenuta decisiva dalla parte interessata, non riveste
carattere assorbente e non rende superflua qualsiasi
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contestazione sulle allegazioni relative a fatti ulteriori
che, in caso di rigetto della contestazione ritenuta
pregiudiziale e dirimente, potrebbero assumere carattere
rilevante ai fini della decisione (Cass. 19 agosto 2008,
n. 18399; in generale sull’onere del convenuto di

collaborare, fin dalle prime battute processuali, a
circoscrivere la materia controversa, evidenziando con
chiarezza gli elementi in contestazione, v. Cass. 27
febbraio 2008, n. 5191; Cass. 5 marzo 2009, n. 5356; Cass.
15 ottobre 2014, n. 21847). Ne consegue che, in difetto di
contestazioni da parte delle amministrazioni convenute,
l’attore non aveva l’onere di provare la costituzione in
mora dal 4 settembre 1991, come dedotto con la citazione
(pag. 2 della sentenza impugnata);

che all’accoglimento del secondo motivo consegue

l’assorbimento del terzo;
– che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di
fatto, questa Corte, cassata la sentenza impugnata, può
decidere nel merito e condannare l’AGEA al pagamento degli
interessi legali sulle somme liquidate dal Tribunale dal 4
settembre 1991 e non dalla data della proposizione della
domanda;
– che le spese seguono la soccombenza e si liquidano
come in dispositivo.
P.Q.M.

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rigetta il primo motivo, accoglie il secondo e dichiara
assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata e,
decidendo nel merito, condanna l’AGEA al pagamento degli
interessi legali sulle somme liquidate dal Tribunale di
Roma con sentenza 33060/2003 dal 4 settembre 1991 anziché

delle spese di lite liquidate quanto al giudizio di primo
grado nella misura stabilita dal Tribunale; quanto al
giudizio di appello in

e

10.500,00 di cui 9.000,00 per

onorari e 1.000,00 per diritti di procuratore; quanto al
giudizio di cassazione in C 10.200,00=, di cui 200,00 per
esborsi, oltre, per tutti i giudizi, spese generali, IVA e
CP.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 27
marzo 2015.

dalla data della domanda; condanna l’AGEA al rimborso

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