Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1008 del 17/01/2018


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 1008 Anno 2018
Presidente: CHINDEMI DOMENICO
Relatore: DELLI PRISCOLI LORENZO

ORDINANZA

sul ricorso 21438-2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente contro

PIZZERIA RISOTTERIA DA ARNOLD’S DI BUONO & MASCONNI
SNC, domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR, rappresentato
e difeso dagli Avvocati DILETTA FUSARO, LUCA FIORMONTE
(avviso postale ex art. 135);
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 25/2013 della COMM.TRIB.REG. di
FIRENZE, depositata il 04/02/2013;

Data pubblicazione: 17/01/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 07/12/2017 dal Consigliere Dott. LORENZO

DELLI PRISCOLI.

FATTI DI CAUSA

Rilevato che il contribuente, la Pizzeria Risotteria da Arnold’s di Buono e
Masconni s.n.c. di Grosseto, aderiva al condono fiscale previsto dall’art. 12
della legge 27 dicembre 2002, n. 289, in relazione a due carichi di ruolo
pregressi del 1996 e del 1997, relativi a maggiori imposte e sanzioni derivanti
dalla liquidazione ex art. 36-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, per gli

quantum richiesto del 25% dell’importo complessivamente a ruolo, mediante il
versamento dell’acconto dell’80°/0 di tale 25% in data 16 maggio 2003 e del
saldo (20% del suddetto 25%) in data 8 aprile 2004;
che l’Agenzia delle Entrate, in data 7 dicembre 2009, notificava al
contribuente il provvedimento di diniego della definizione dei carichi di ruolo
per la mancanza dei relativi presupposti;
che avverso tale provvedimento il contribuente ricorreva alla Commissione
Tributaria Provinciale di Grosseto, la quale, con sentenza n. 63/3/11 depositata
il 23 maggio 2011, respingeva il ricorso compensando le spese perché la
domanda di condono si riferiva a ruoli consegnati al concessionario oltre il
termine previsto dalla legge per la validità del condono stesso;
che la Commissione Tributaria Regionale della Toscana, con sentenza n.
25/1/13, depositata il 4 febbraio 2013, accogliendo l’appello del contribuente
nei confronti dell’Agenzia delle Entrate di Grosseto, in totale riforma della
decisone della Commissione Tributaria Provinciale di Grosseto, dichiarava
tempestivi i versamenti effettuati e compensava le spese;
che infatti, secondo il Giudice di appello, in ragione di quanto stabilito da
Cass. 13 luglio 2012, n. 12090, una interpretazione costituzionalmente
orientata della complessa normativa oggetto della questione in esame impone
di affermare che la proroga dei termini per aderire al condono disposta con
D.M. 8 aprile 2004 opera anche per coloro che, come nella fattispecie, avevano
pagato la prima rata in data anteriore alla data di entrata in vigore del D.L. n.
143 del 2003 (ossia il 12 agosto 2003), in quanto la limitazione dei potenziali
beneficiari del condono – prevista dal comma 2 dell’art. 1 del citato D.L. e
consistente nel richiedersi che il contribuente, alla data di entrata in vigore del

anni d’imposta 1989 e 1990, versando, per entrambe le partite di ruolo, il

D.L. n. 143 del 2003, non abbia effettuato versamenti “utili” – debba intendersi
nel senso che tali versamenti impeditivi del condono sono solo quelli
completamente estintivi di detti obblighi, non anche quelli consistenti in un
semplice acconto (avvenuto nella specie prima di tale data, ossia il 16 maggio
2003), in quanto il saldo è invece avvenuto dopo tale data (1’8 aprile 2004),
ma prima della scadenza del termine ultimo entro il quale concludere la

che l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso affidato ad un motivo e il
contribuente si costituiva con controricorso;
RAGIONI DELLA DECISIONE
Considerato che con l’unico motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360
cod. proc. civ., comma 1, n. 3, la ricorrente Agenzia delle Entrate deduce
violazione e falsa applicazione dell’art. 12 della legge n. 289 del 2002 dal
momento che la Commissione Tributaria Regionale non avrebbe rilevato che i
ruoli relativi all’anno 1997 sono stati consegnati al concessionario per la
riscossione il 10 dicembre 2001 e, quindi, in una data successiva al termine
ultimo del 30 giugno 2001 previsto dal combinato disposto dell’art. 12 della
legge n. 289 del 2002 e dell’art. 1 del D.L. n. 143 del 2003;
che, invece, per quanto riguarda i ruoli relativi al 1996, la ricorrente
Agenzia delle entrate non proponeva impugnazione, ritenendo corretta la
decisione della Commissione Tributaria Regionale che aveva dichiarato validi i
pagamenti effettuati dal contribuente ai fini del condono;
che il contribuente resistente, per quanto riguarda i ruoli relativi al 1996,
aderiva alla tesi del ricorrente;
ritenuto che pertanto sui ruoli relativi al 1996 si è formato il giudicato in
quanto non sono stati oggetto di impugnazione in questa sede;
che il contribuente resistente, per quanto riguarda i ruoli relativi al 1997
(non citati dalla sentenza impugnata), sostiene l’inammissibilità del motivo di
ricorso, in quanto si riferirebbe a delle cartelle mai notificate, mai indicate in
precedenti atti e comunque relativamente alle quali non vi sarebbero
indicazioni nel ricorso circa i precedenti atti in cui vi sarebbe stata fatta
menzione di essi;

procedura di condono previsto dal D.M. 8 aprile 2004, ossia il 18 aprile 2005;

che il contribuente, con successiva memoria, depositava copia
dell’ordinanza della sezione tributaria della Cassazione n. 747 del 2016, avente
asseritamente ad oggetto questione analoga a quella oggetto del presente
ricorso.
Ritenuto che effettivamente il ricorso dell’Agenzia delle entrate è carente
dal punto di vista dell’autosufficienza, in quanto non indica con adeguata

per godere del beneficio del condono, e pertanto si ritiene di aderire
all’insegnamento di Cass. 18 novembre 2015 n. 23575, secondo cui, in tema di
contenzioso tributario, il ricorrente, pur non essendo tenuto a produrre
nuovamente i documenti, in ragione dell’indisponibilità del fascicolo di parte
che resta acquisito, ai sensi dell’art. 25, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992,
al fascicolo d’ufficio del giudizio svoltosi dinanzi alla Commissione Tributaria, di
cui è sufficiente la richiesta di trasmissione ex art. 369, comma 3, cod. proc.
civ., deve rispettare, a pena d’inammissibilità del ricorso, il diverso onere di cui
all’art. 366, n. 6, cod. proc. civ., di specifica indicazione degli atti processuali e
dei documenti sui quali il ricorso si fonda, nonché dei dati necessari
all’individuazione della loro collocazione quanto al momento della produzione
nei gradi dei giudizi di merito;
che infatti, qualora una determinata questione giuridica – che implichi un
accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza
impugnata né indicata nelle conclusioni ivi epigrafate, il ricorrente che
riproponga tale questione in sede di legittimità, al fine di evitare una
statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di
allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma
anche di indicare in quale scritto difensivo o atto del giudizio precedente lo
abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la
veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa
(Cass. 22 aprile 2016, n 8206; Cass. 11 aprile 2016, n. 7048);
che inoltre è ius receptum che i motivi del ricorso per cassazione devono
investire, a pena di inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema
del decidere del giudizio d’appello, non essendo prospettabili per la prima volta

Ppr

specificità i ruoli pregressi del 1997 che sarebbero privi dei requisiti di legge

in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazioni non trattati
nella fase di merito (Cass. 14 novembre 2017, n. 26911) o comunque
questioni che, per la scarsa scientificità del ricorso, non risulti chiaro se siano
state effettivamente trattate;
ritenuto che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile e che la
disciplina delle spese segue la soccombenza.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in
euro 3.000, oltre a spese prenotate a debito.
Così deciso nella camera di consiglio del 7 dicembre 2017.

P.Q.M.

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