Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10079 del 09/05/2011

Cassazione civile sez. I, 09/05/2011, (ud. 15/03/2011, dep. 09/05/2011), n.10079

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Maria Rosa – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI AVELLINO (C.F./P.I. (OMISSIS)), in persona del Sindaco

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA GIULIANA

74, presso l’avvocato PORPORA RAFFAELE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MAGGI ALFREDO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.P., M.G., M.A., D.

G.G.;

– intimata –

Nonchè da:

M.P. (c.f. (OMISSIS)), M.G. (c.f.

(OMISSIS)), D.G.G. vedova M. (c.f.

(OMISSIS)), M.A. (c.f. (OMISSIS)),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLA FREZZA 59, presso

l’avvocato SANDULLI EMILIO PAOLO, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato PAPA NERI FRANCESCO, giusta procura a margine

del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

contro

COMUNE DI AVELLINO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA

GIULIANA 74, presso l’avvocato PORPORA RAFFAELE, rappresentato e

difeso dall’avvocato MAGGI ALFREDO, giusta procura a margine del

controricorso al ricorso incidentale;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 4447/2008 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 29/12/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/03/2011 dal Consigliere Dott. SALVATORE SALVAGO;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato MAGLI ALFREDO che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per i controricorrenti e ricorrenti incidentali, l’Avvocato

SANDULLI EMILIO PAOLO che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di appello di Napoli adita da P. ed M. A., nonchè da D.G.G., dopo che il Tribunale di Avellino con sentenza del 27 maggio 2002 aveva dichiarato la propria incompetenza per materia, con sentenza del 29 dicembre 2008 ha determinato l’indennità a costoro dovuta dal comune di Avellino per l’espropriazione di un terreno di loro proprietà ubicato in contrada (OMISSIS) (in catasto al fg. 11, part. 114 e 176), in Euro 546.491,70, osservando:

a) che la stessa avendo l’immobile natura edificatoria doveva essere stimato con il criterio generale posto dalla L. n. 2359 del 1865, art. 39 dopo la nota decisione 348/2007 della Corte Costituzionale che aveva dichiarato costituzionalmente illegittimo quello riduttivo introdotto dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis;

b) che il prezzo di mercato dell’immobile poteva essere fissato nel 1988 nella misura di L. 251.224 mq. con il metodo sintetico comparativo, traendolo soprattutto dal valore di alcuni terreni vicini rivalutato attraverso gli indici ISTAT alla data del decreto ablativo.

Per la cassazione della sentenza il comune di Avellino ha proposto ricorso per 3 motivi; cui resistono i M. – D.G. con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il comune di Avallino, deducendo violazione della L. n. 865 del 1971, art. 19 e art. 295 cod. proc. civ. addebita alla sentenza impugnata:

a) di non aver dichiarato la decadenza dell’opposizione dei M. proposta ad un giudice incompetente -il Tribunale di Avellino- malgrado non sussistesse incertezza alcuna sulla competenza della Corte di appello a conoscere della stima dell’indennità di espropriazione;

d) di non aver considerato che la riassunzione davanti al giudice competente era stata avanzata assai dopo la scadenza del termine concesso dal menzionato art. 19 e che non ricorreva peraltro neppure un’ipotesi di litispendenza tra le varie domande formulate dagli espropriati; c) che infine quella tempestivamente intrapresa davanti alla Corte di appello era stata abbandonata, invece di essere coltivata anche con la richiesta di sospensione in attesa della pronuncia del Tribunale cui era stato richiesto anche il risarcimento del danno per l’illegittima occupazione.

Le doglianze sono infondate.

La sentenza impugnata ha accertato e nessuna delle parti contestato:

a)che dopo la pubblicazione in data 11 aprile 1989 nel FAL della Provincia di Avellino delle indennità determinate dall’UTE, C. M., dante causa degli attuali espropriati con citazione notificata il 2 maggio 1989 propose tempestiva opposizione alla stima suddetta davanti al Tribunale di Avellino;e che tale opposizione reiterò con successiva citazione notificata il 10 maggio 1989;

b)che dopo la sentenza 27 maggio 2004 con cui il Tribunale dichiarò la propria incompetenza per materia, gli eredi M., con citazione notificata il 25 ottobre 2002 riassunsero la controversia nel termine indicato dall’art. 50 cod. proc. civ. davanti alla Corte di appello di Napoli, insistendo nella proposta opposizione alla stima dell’indennità di espropriazione. Per cui la sentenza impugnata ha correttamente applicato il principio ripetutamente enunciato da questa Corte che la disposizione dell’art. 50 cod. proc. civ., secondo cui con la riassunzione della causa il processo “continua” davanti al nuovo giudice, quantunque collocata nell’ambito della disciplina del regolamento di giurisdizione e di competenza, trova applicazione in relazione a tutte le forme di competenza:

nessuna rilevanza potendosi attribuire a questi effetti alla differenziazione tra la incompetenza per valore, per territorio derogabile, per litispendenza, continenza o connessione e l’incompetenza per materia o per territorio inderogabile. Consegue che la competenza inderogabilmente attribuita alla Corte d’appello in materia di opposizione alla stima dell’indennità di espropriazione non esclude che, dichiarata l’incompetenza da parte del tribunale e riassunto il processo, si esplichi l’effetto della “translatio iudicii” (Cass. 974/1998; 3473/2000; 22498/2006), con la ulteriore conseguenza che all’originario atto introduttivo occorre fare riferimento al fine di verificare l’ammissibilità della domanda in relazione ai termini di decadenza a cui la legge sottopone la proponibilità della stessa.

D’altra parte, nessuna disposizione processuale precludeva al M. la proposizione di più domande e/o opposizioni contro la medesima stima dell’indennità;e la loro trattazione è anzi specificamente prevista e disciplinata dagli artt. 39 e 40 cod. proc. civ.,ove proposte a giudici diversi, nonchè dall’art. 273 cod. proc. civ. ove avanzate davanti allo stesso giudice: come è accaduto nel caso concreto,in cui il Tribunale di Avellino, in applicazione di detta norma le ha riunite per poi dichiarare la propria incompetenza per materia in ordine ad esse. Mentre nè l’art. 50 cod. proc. civ. nè l’art. 2966 cod. civ. subordinano gli effetti della traslatio judici a specifiche tipologie di errori ovvero alla loro scusabilità posto che in base al combinato disposto di dette norme, per un verso, la tempestiva proposizione della domanda giudiziale, ancorchè davanti a giudice incompetente, rappresenta un evento idoneo ad escludere la decadenza dell’azione;e per altro verso, la riassunzione del giudizio avanti al giudice dichiarato competente, a seguito di dichiarazione di incompetenza del primo giudice adito, non determina l’instaurazione di un nuovo giudizio, ma, la prosecuzione del giudizio originario (Cass. 5377/2002; 13426/2001; 1076/1999).

Con il secondo motivo, il comune di Avellino, deducendo violazione della L. n. 865 del 1971, art. 9, L. n. 2359 del 1865, art. 39 e L. n. 2892 del 1885, art. 13 censura la sentenza impugnata per aver calcolato l’indennità di esproprio con il criterio di cui alla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis come modificato dalla nota decisione della Corte Costituzionale senza considerare che il terreno era stato espropriato perchè incluso nel piano di ricostruzione adottato dalla Regione Campana per la realizzazione di prefabbricati da locare alle popolazioni colpite dal sisma del 1980; e che dunque l’indennità doveva essere determinata con il criterio di cui alla L. n. 2882 del 1985, art. 13 cui rinvia la L. n. 219 del 1981, poi trasfusa nel T.U. appr. con D.Lgs. n. 76 del 1990.

Con il terzo,deducendo contraddittorietà ed illogicità della motivazione, si duole del meccanismo seguito per stabilire il valore dell’immobile dalla Corte, che, disattendendo gli accertamenti compiuti dal c.t.u. aveva recepito elementi di comparazione successivi al Piano di ricostruzione, operandone una inammissibile rivalutazione in base ai dati ISTAT e senza considerare:

a) che il fondo rientra in zona adibita dal P.R.G. del 1969 a viabilità ed era perciò privo di qualsiasi vocazione edificatoria;

b)che non poteva tenersi conto della nuova destinazione apportata dal piano, trattandosi di vincolo preordinato all’esproprio che non deve influenzare la stima dell’indennità;

c)che anche il nuovo piano,infine,aveva destinato il bene in parte ad usi pubblicistici e solo in parte ad edificazione.

I M. – D.G., per converso con il ricorso incidentale deducendo violazione dell’art. 37 T.U. sulle espropriazioni, come modificato dalla L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 90 si dolgono che la sentenza abbia omesso di aggiungere all’importo dell’indennità l’ulteriore maggiorazione del 10% introdotta da quest’ultima norma ed applicabile secondo la giurisprudenza di legittimità in tutti i giudizi in corso in cui stima sia ancora sub judice.

Il Collegio ritiene fondate le sole censure del Comune nei limiti appresso precisati.

La Corte di appello dopo avere premesso che l’espropriazione del fondo M. si era svolta in forza della L. n. 865 del 1971 (pag.

2),è pervenuta alla conclusione “che alla stregua degli strumenti urbanistici allora vigenti e di fatto,era utilizzabile a scopi edificatori”; e lo ha valutato con il criterio del valore venale pieno,di cui alla L. n. 2359 del 1865, art. 39 ripristinato dalla nota decisione 348/2007 della Corte Costituzionale. Non ha in tal modo considerato la circostanza riferita da entrambe le parti come pacifica (e confermata dalla stessa decisione: pag. 1 e 10) che l’espropriazione era stata disposta nell’ambito di un Piano di ricostruzione attuato;

per l’insediamento di alloggi prefabbricati a seguito dei f noti eventi sismici del 1980 e 1981 in Campania, ai sensi della L. n. 219 del 1981, art. 80; il quale comportava non solo l’attribuzione al fondo della destinazione edificatoria, ma anche il rinvio alla L. n. 2892 del 1885, artt. 12 e 13 sia per quanto riguarda la disciplina sostanziale che quella processuale, nel senso che la determinazione giudiziale della indennità di espropriazione deve seguire i criteri di quest’ultima legge, e quindi essere calcolata sulla base della media tra il valore “venale” del bene ed i fitti coacervati dell’ultimo decennio o, in difetto, della rendita catastale rivalutata (Cass. sez. un. 420-429 e 299/2000;). Hanno rilevato le Sezioni Unite: a) che trattasi di una normativa speciale la quale fa riferimento non già alle sole aree edificabili, ma, più in generale, agli immobili espropriati, perciò comprendendo anche i fabbricati; e deve considerarsi prevalente rispetto alle disposizioni introdotte dall’art. 5 bis,primi due commi come modificate dalla citata sentenza 348/2007 della Corte Costituzionale (Cass. sez. un. 5265/2008; 1903/2004; 19218/2003); b) che neppure può ritenersi nella specie superata dai criteri stabiliti dall’art. 37 del T.U. appr. con D.P.R. n. 327 del 2001, peraltro analoghi a quelli dell’art. 5 bis e pur essi oggetto della declaratoria di incostituzionalità, posto che per il successivo art. 57 “Le disposizioni del presente testo unico non si applicano ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore dello stesso decreto, sia intervenuta la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza. In tal caso continuano ad applicarsi tutte le normative vigenti a tale data”; c) che il menzionato L. n. 219 del 1981, art. 80 non si pone in contrasto con l’art. 117 Cost., in relazione all’art. 1 del Primo Protocollo della CEDU, nella parte in cui richiama un criterio liquidatorio speciale non dissimile (per il profilo dello scostamento dal valore integrale del bene) da quello adottato, in via generale, dalle menzionate disposizioni della L. del 1992, art. 5 bis e dall’art. 37 del T.U., dichiarate incostituzionali per contrasto con l’art. 1 Primo Protocollo CEDU, “come interpretato dalla Corte di Strasburgo”, costituente “parametro integrativo dell’art. 117 Cost.”, quanto all’ivi prescritto necessario (ragionevole) allineamento dell’indennizzo al valore pieno di mercato del bene espropriato: considerato che secondo la stessa Consulta obiettivi legittimi di utilità pubblica come quelli perseguiti da misura di riforma economica o di giustizia sociale possono giustificare un indennizzo inferiore al valore di mercato effettivo.

Il che si è verificato con la L. 14 maggio 1981, n. 219, avente i natura speciale, temporanea ed eccezionale, in quanto volta a porre rimedio alle conseguenze degli eventi i sismici, del novembre 1980 e febbraio 1981, e non assumendo rilevanza il fatto che il D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 37, comma 1 come sostituito dalla L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 89, della preveda, in via generale, per le espropriazioni finalizzate ad attuare interventi di riforma economico-sociale, una riduzione (del 25%) più contenuta di quella consentita dalla legge del 1981, sia in ragione della specialità, temporaneità ed eccezionalità della legge stessa, sia perchè comunque, in linea di principio, l’avanzamento, nel prosieguo della legislazione, del livello di garanzia di un valore costituzionale non comporta l’illegittimità della normativa precedente attestata su un livello inferiore di tutela (Cass. sez. un. 5265/2008 cit.).

Per quanto riguarda poi la componente del criterio di cui al menzionato L. n. 2885, art. 13 costituita dal valore venale dell’immobile, ne è certamente esatta la natura edificatoria ritenuta dalla sentenza impugnata, avendo questa Corte ripetutamente affermato che il Piano di insediamenti di cui alla L. n. 219 del 1981 ripropone la stessa situazione già esaminata, con riferimento al piano di edilizia economica popolare, caratterizzata dalla contestuale variazione della preesistente destinazione urbanistica da non edificatoria ad edificatoria (nonchè dalla successiva apposizione del vincolo preordinato all’esproprio); nonchè dall’effetto conformativo di detto piano che discende dalla potestà di variare la precedente disciplina urbanistica con la conseguenza che, nella qualificazione del terreno, occorre tener conto della nuova destinazione, mentre si deve prescindere dal vincolo preordinato all’esproprio (Cass. 4480/1999 e 3456/1999). Sennonchè la Corte territoriale ha errato nella determinazione del valore suddetto, asseritamente attraverso il metodo c.d. sintetico – comparativo che deve risolversi nell’attribuire al bene da stimare il prezzo di mercato di immobili “omogenei”, con riferimento non solo agli elementi materiali – quali la natura, la posizione, la consistenza morfologica e simili – e temporali, ma anche e soprattutto alla condizione giuridica urbanistica: quest’ultima condizione,infatti non è stata individuata nè nel fondo espropriato,nè in quelli esaminati quali elementi di comparazione,alcuni dei quali sono stati esclusi per il solo fatto che l’atto di trasferimento era anteriore al verificarsi degli eventi sismici. Mentre la valutazione è stata compiuta dapprima mediando il prezzo di mercato di 4 immobili che erano ubicati nella medesima località in cui si trova quello espropriato, e comunque nelle vicinanze dello stesso; per poi escludere contraddittoriamente il primo e l’ultimo per il fatto che recavano “valori anormali”, senza considerare che anche i valori suddetti avevano contribuito a costruire quello medio.

Ma neppure i valori dei restanti terreni seno stati giudicati dalla Corte congrui, sicchè ne è stata compiuta la rivalutazione alla data del decreto di esproprio attraverso gli indici calcolati dall’ISTAT per l’aumento del costo della vita: e cioè con parametri aventi tutt’altra funzione, avendo la giurisprudenza di legittimità ripetutamente affermato che il mercato immobiliare risente, invece, di variabili macroeconomiche diverse dalla fluttuazione della moneta nel tempo, anche se a questa parzialmente legate, e di condizioni microeconomiche dettate dallo sviluppo edilizio di una determinata zona, e queste sono completamente avulse dal valore della moneta. E che l’andamento del mercato immobiliare, dunque, non può essere ricostruito in base alle modificazioni nel tempo del valore della moneta, ma richiede un’indagine specifica nel settore, anche perchè gli indici Istat riflettono le variazioni dei pressi al consumo, ma non tengono conto delle quotazioni di mercato degli immobili” (Cass. 14031/2000; 8706/2006; 24857/2006; 3189/2008). Per cui il procedimento seguito dalla Corte ha dimostrato conclusivamente che nessuno degli atti presi in esame risultava rappresentativo del mercato immobiliare della zona nell’anno 1988.

La sentenza impugnata va pertanto cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte di appello di Napoli, che in diversa composizione provvederà alla rideterminazione dell’indennità di esproprio spettante ai M., attenendosi ai principi esposti e provvederà alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

LA CORTE riunisce i ricorsi,accoglie il secondo ed il terzo del principale, rigetta il primo motivo ed il ricorso incidentale,cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 15 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2011

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