Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10075 del 26/04/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 10075 Anno 2013
Presidente: DE RENZIS ALESSANDRO
Relatore: BLASUTTO DANIELA

SENTENZA
sul ricorso 5397-2009 proposto da:
SIRI

MASSIMO

elettivamente

SRIMSM62A201138F,

domiciliato in ROMA, VIALE GLORIOSO 13, presso lo
studio dell’avvocato BUSSA LIVIO, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato ACQUILINO SERGIO,
giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013

contro

591

UNIFARMA DISTRIBUZIONE S.P.A. 02290110044;
– intimata –

Nonché da:

Data pubblicazione: 26/04/2013

UNIFARMA DISTRIBUZIONE S.P.A. 02290110044, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DI RIPETTA 22, presso lo
studio dell’avvocato VESCI GERARDO, che la rappresenta
e difende unitamente all’avvocato PACCHIANA

– controricorrente e ricorrente incidentale contro

SIRI

MASSIMO

SRIMSM62A201138F,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE GLORIOSO 13, presso lo
studio dell’avvocato BUSSA LIVIO, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato ACQUILINO SERGIO,
giusta delega in atti;

controri corrente al ricorso incidentale

avverso la sentenza n. 872/2008 della CORTE D’APPELLO
di GENOVA, depositata il 21/11/2008 R.G.N. 1463/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 15/02/2013 dal Consigliere Dott. DANIELA
BLASUTTO;
udito l’Avvocato BUSSA LIVIO;
udito l’Avvocato D’AMBROSIO ALESSANDRO per delega
VESCI GERARDO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso per
il rigetto del primo motivo del ricorso principale,
assorbimento degli altri; accoglimento

PARRAVICINI AGOSTINO, giusta delega in atti;

dell’incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso al Giudice del lavoro di Sanremo, Siri Massimo
conveniva in giudizio la società Unifarma Distribuzioni
con mansioni di fattorino e dal luglio 1988 di allestitore,
cioè di addetto alla preparazione degli ordini di medicinali
da recapitare all’esterno; che dal gennaio 1993 il rapporto
di lavoro era stato trasformato in rapporto di lavoro a tempo
parziale; che dal maggio 1995 era passato alle dipendenze
della convenuta a seguito di trasferimento di azienda; che
nel dicembre 1998 era rimasto vittima di un infortunio sul
lavoro; che dal settembre 2000 per il mutamento delle
modalità di svolgimento dell’attività di allestitore era
stato costretto alla deambulazione continua nonostante
l’evidente precarietà delle sua condizioni fisiche,
peggiorate dopo l’infortunio del 1998; che a novembre 2000 la
società aveva assunto il lavoratore Occelli Cristian a tempo
pieno con contratto di formazione e lavoro; che,
parallelamente all’aggravamento delle patologia
osteoarticolare si era manifestata una grave sindrome
psichica; che si era assentato dal lavoro per motivi di
salute a più riprese tra il 2000 e il 2001 fino a che, con
lettera 17.9.01, la società gli aveva intimato il
licenziamento per superamento del periodo di comporto. Tutto
ciò premesso, deduceva che la datrice di lavoro: a) aveva
violato l’art. 5, comma 3 bis legge n. 863/84,
successivamente confermato dall’art. 5, comma secondo, d.
lgs. n. 61 del 2000, che prevede il diritto di precedenza del
lavoratore a tempo parziale nel caso di assunzione di
personale a tempo pieno; 2) lo aveva adibito a mansioni
incompatibili con il suo stato di salute e ciò in particolare
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Udienza 15/2/2013
Siri/Unifarma Distribuzione

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s.p.a. esponendo di essere stato assunto dalla TRE Farm s.p.a

dopo l’incidente del dicembre 1998 e ulteriormente dal
settembre 2000 in seguito alla nuova organizzazione del
lavoro dell’allestitore, in violazione della legge n. 68 del
1999 e degli artt. 2087 e 2043 c.c.; di conseguenza, era
cagionata o comunque aggravata dal comportamento del datore
di lavoro, cui era imputabile anche il danno da

mobbing.

Chiedeva il risarcimento pari alla differenza tra le
retribuzioni che sarebbero spettate al lavoratore a tempo
pieno e l’importo della retribuzione percepita come
lavoratore a tempo parziale; il risarcimento del danno per
l’aggravamento della patologia osteoarticolare; la
reintegrazione in mansioni compatibili con il suo stato di
salute; il risarcimento del danno biologico, del danno morale
e alla vita di relazione.
Il giudice adito accoglieva la domanda avente ad oggetto la
violazione del diritto di cui all’art. 5 d.lgs. n. 61 del
2000 e, per l’effetto, condannava la convenuta al
risarcimento del danno pari alla differenza fra l’importo
della retribuzione percepita dal Siri e quella che gli
sarebbe stata corrisposta a seguito del passaggio a tempo
pieno nei sei mesi successivi a detto passaggio, con
interessi e rivalutazione dalla data di maturazione del
credito al saldo. Respingeva ogni altra domanda. Tale
sentenza veniva impugnata in via principale dal Siri e in via
incidentale dalla soc. Unifarma Distribuzione.
La Corte di appello di Genova, con sentenza depositata il
21 novembre 2008, confermava tutte le statuizioni della
sentenza di primo grado eccetto quella relativa alla

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Udienza 15/2/2013
Siri/Unifarma Distribuzione

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illegittimo il licenziamento, essendo la malattia stata

decorrenza degli interessi legali e della rivalutazione
monetaria, che fissava dal 1.12.2000.
Avverso tale sentenza ricorre per cassazione Siri Massimo
Distribuzione s.p.a., che ha altresì proposto ricorso
incidentale, cui ha replicato il Siri con controricorso.
Il ricorrente principale ha depositato memoria ex art.
378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, vanno riunite ex art. 335 c.p.c. le
impugnazioni avverso la stessa sentenza.
Con il primo motivo il ricorrente principale denuncia
error in indicando

con riferimento agli artt. 115 e 116

c.p.c., art. 5 legge n. 863/84, art. 11 disp. prel. cod.
civ., art. 8 d.lgs. n. 61/2000 nella parte in cui la sentenza
impugnata ha affermato che la violazione del diritto di
precedenza si era verificata nella vigenza del d.lgs. n.
61/2000 omettendo di considerare che la fattispecie
costitutiva del diritto aveva preso inizio con la
trasformazione dei rapporti di lavoro dei colleghi del Siri
di pari livello e con mansioni maggiori o equivalenti,
avvenuta tra il 1996 e il 1997 e dunque nella vigenza della
legge n. 863/84, ancor prima dell’assunzione del lavoratore
Occelli Cristian, cui aveva fatto riferimento la Corte di
appello. Formula quesito di diritto con cui chiede a questa
Corte di affermare che l’art. 5 d.l. n. 276/84, conv. in
legge n. 863/84, deve essere interpretato nel senso che se la
prima delle violazioni commesse dal datore di lavoro del
diritto di precedenza alla conversione del rapporto di lavoro
da tempo parziale a tempo pieno si è verificata nel vigore

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Udienza 15/2/2013
Siri/Unifanna Distribuzione

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con cinque motivi. Resiste con controricorso Unifarma

della disposizione e quelle successive dopo l’entrata in
vigore della disciplina di cui all’art. 8 d.lgs. n. 61/2000,
le conseguenze sanzionatorie applicabili alla fattispecie
sono quelle previste dall’art. 5 d.l. n. 276/84, conv. in
61/2000. Con il secondo quesito formulato nel contesto del
primo motivo, il ricorrente censura la sentenza nella parte
in cui, ritenendo che la fattispecie dovesse essere regolata
dal d.lgs. n. 61 del 2000 anziché dalla legge n. 863 del
1984, ha negato l’applicazione della disciplina sanzionatoria
di cui all’art.5, comma 3 bis della legge del 1984,
costituita dalla tutela in forma specifica ex art. 2932 c.c.
in luogo di quella meramente risarcitoria prevista dalla
legge n. 61 del 2000.
Con il ricorso incidentale avente ad oggetto lo stesso
capo di sentenza, la società Unifarma Distribuzione s.p.a.
deduce

error in iudicando

in relazione all’art. 5 d.l. n.

276/84, conv. in legge n. 863/84, e dell’art. 5, comma 2, d.
lgs. n. 61/2000 per avere i giudici di merito erroneamente
interpretato tali norme, applicabili solo in presenza di
un’ipotesi di assunzione di lavoratori con contratto di
lavoro ordinario a tempo indeterminato, mentre nel caso in
esame l’Occelli era stato assunto con contratto di
apprendistato. La ricorrente incidentale formula il
corrispondente quesito di diritto con cui chiede a questa
Corte di affermare che le assunzioni rilevanti ai fini del
diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo pieno, di cui
alle norme in esame, sono soltanto quelle che avvengono con
un ordinario contratto di lavoro subordinato, mentre non
rilevano le eventuali assunzioni di personale con contratto a
causa mista quale il contratto di apprendistato.

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Udienza 15/2/2013
Siri/Unifarma Distribuzione

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legge n. 863/84 e non quelle di cui all’art. 8 del d.lgs. n.

Occorre

esaminare

congiuntamente

il primo motivo

dell’appello principale e il ricorso incidentale in quanto
relativi a questioni di diritto tra loro connesse e vertenti
sullo stesso capo della sentenza impugnata.
evoluzione normativa.
L’art. 5, comma 3 bis, legge 19 dicembre 1984 n. 863, (di
conversione, con modifiche, del d.l. 30 ottobre 1984, n. 726)
prevedeva che

“in caso di assunzione di personale a tempo

pieno è riconosciuto il diritto di precedenza nei confronti
dei lavoratori con contratto a tempo parziale, con priorità
per coloro che, già dipendenti, avevano trasformato il
rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale’.
Il successivo art. 5, comma secondo, d. lgs. n. 61 del 2000
disponeva, a sua volta, che

“in caso di assunzione di

personale a tempo pieno il datore di lavoro è tenuto a
riconoscere un diritto di precedenza in favore dei lavoratori
assunti a tempo parziale in attività presso unità produttive
site entro 100 km dall’unità produttiva interessata dalla
pro-grammata assunzione, adibiti alle stesse mansioni od a
mansioni equivalenti rispetto a quelle con riguardo alle
quali è prevista l’assunzione, dando priorità a coloro che,
già dipendenti, avevano trasformato il rapporto di lavoro da
tempo pieno a tempo parziale. A parità di condizioni, 11
diritto di precedenza nell’assunzione a tempo pieno potrà
essere fatto valere prioritariamente dal lavoratore con
maggiori carichi familiari; secondariamente si terrà conto
della maggiore anzianità di servizio, da calcolarsi comunque
senza riproporzionamento in ragione della pregressa ridotta
durata della prestazione lavorativa’.

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Udienza 15/2/2013
Siri/Unifarma Distribuzione

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Va premesso che l’istituto in esame ha subìto la seguente

L’art. 8 del medesimo decreto, recante la disciplina
sanzionatoria, espressamente contemplava la tutela
risarcitoria, laddove l’interpretazione data anche dalla
giurisprudenza di questa Corte – alla previgente disciplina
senso della possibilità di accordare la tutela forma
specifica di cui all’art. 2932 c.c., che è appunto la tutela
invocata dal ricorrente principale con il proprio motivo di
ricorso. L’art. 8 citato, di cui la Corte di appello ha
fatto applicazione nella fattispecie così statuiva:

“In caso

di violazione da parte del datore di lavoro del diritto di
precedenza di cui all’articolo 5, coma 2, il lavoratore ha
diritto al risarcimento del danno in misura corrispondente
alla differenza fra l’importo della retribuzione percepita e
quella che gli sarebbe stata corrisposta a seguito del
passaggio al tempo pieno nei sei mesi successivi a detto
passaggio’.
L’art. 5 d. lgs. n. 61/2000 ha subito un primo intervento
modificativo ad opera del d.lgs. 26 febbraio 2001 n. 100,
art. 1, comma 1, lett. c) – che, al secondo comma dell’art.
5, ha sostituito le parole: “entro 100 km dall’unità
produttiva” con le seguenti: “entro 50 km dall’unità
produttiva” – e un secondo intervento, più radicale, ad opera
del d.lgs. 10 settembre 2003 n. 276 che, con l’art. 46, ha
sostituito l’art. 5 suddetto con il testo che segue:

“Art. 5

(Tutela ed incentivazione del lavoro a tempo parziale). – 1.
Il rifiuto di un lavoratore di trasformare il proprio
rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo
parziale, o il proprio rapporto di lavoro a tempo parziale in
rapporto a tempo pieno, non costituisce giustificato motivo
di licenziamento. Su accordo delle parti risultante da atto
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Udienza 15/2/2013
Siri/Unifarma Distribuzione

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di cui all’art. 5 comma 3 bis 1. n. 863 del 1984, era nel

scritto, convalidato dalla direzione provinciale del lavoro
competente per territorio, è ammessa la trasformazione del
rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo
dalla trasformazione si applica la disciplina di cui al
presente decreto legislativo. 2. Il contratto individuale può
prevedere, in caso di assunzione di personale a tempo pieno,
un diritto di precedenza in favore dei lavoratori assunti a
tempo parziale in attività presso unità produttive site nello
stesso ambito comunale, adibiti alle stesse mansioni od a
mansioni equivalenti rispetto a quelle con riguardo alle
quali è prevista l’assunzione. 3. In caso di assunzione di
personale a tempo parziale il datore di lavoro è tenuto a
darne tempestiva informazione al personale già dipendente con
rapporto a tempo pieno occupato in unità produttive site
nello stesso ambito comunale, anche mediante comunicazione
scritta in luogo accessibile a tutti nel locali dell’impresa,
ed a prendere in considerazione le eventuali domande di
trasformazione a tempo parziale del rapporto dei dipendenti a
tempo pieno. I contratti collettivi di cui all’articolo 1,
coma 3, possono provvedere ad individuare criteri
applicativi con riguardo a tale disposizione.
4. Gli incentivi economici all’utilizzo del lavoro a tempo
parziale, anche a tempo determinato, saranno definiti,
compatibilmente con la disciplina comunitaria in materia di
aiuti di Stato, nell’ambito della riforma del sistema degli
incentivi all’occupazione”.
Gli interventi normativi del 2001 e del 2003 non
interessano la fattispecie in esame.

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parziale. Al rapporto di lavoro a tempo parziale risultante

Va altresì premesso che il d.lgs. n. 25 febbraio 2000, n.
61, art. 8, ha abrogato l’articolo 5 del decreto-legge 30
ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla
legge 19 dicembre 1984, n. 863; tale norma – e dunque anche
al momento in cui la fattispecie integrativa del diritto
oggetto di causa – secondo la soluzione interpretativa
seguita dalla Corte di appello – era venuta ad esistenza,
ossia nel dicembre 2000, epoca in cui l’azienda manifestò
l’intenzione di assumere un lavoratore apprendista per lo
svolgimento delle medesime mansioni di allestitore a quel
momento conferite al Siri.
La fattispecie costitutiva del diritto azionato dal Siri
presuppone l’iniziativa di parte datoriale di assumere altro
personale (con rapporto a tempo pieno) nelle medesime
mansioni ricoperte dal dipendente a tempo parziale, tale
essendo il presupposto previsto (peraltro con identica
formulazione
pieno…”)

“in caso di assunzione di personale a tempo

sia dalla legge del 1984 che da quella del 2000. In

mancanza, non è nemmeno configurabile la lesione del diritto
de quo.
Tutto ciò posto, è infondato il primo motivo del ricorso
principale, mentre è fondato il ricorso incidentale.
La Corte di appello, all’esito della argomentata
valutazione delle risultanze istruttorie, ha correlato la
violazione commessa dalla società al momento dell’assunzione
dell’Occelli, il quale era stato “assunto per lo svolgimento
delle medesime mansioni di allestitore attribuite al Siri…”
concludendo che “da tale data quindi il Siri aveva diritto
alla richiesta di conversione”. Tale

ratio decidendi

si

fonda su una valutazione delle risultanze istruttorie,

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il relativo trattamento sanzionatorio – non era più vigente

attraverso le quali la Corte territoriale ha ritenuto che il
momento del verificarsi del fatto lesivo fosse da correlare
alla assunzione dell’Occelli per lo svolgimento delle
medesime mansioni del Siri, manifestazione della specifica
della società di rispettare il diritto di precedenza del
lavoratore a tempo parziale a vedere trasformato il proprio
rapporto di lavoro a tempo pieno.
In tema di valutazione delle risultanze probatorie in base
al principio del libero convincimento del giudice, la
violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. è
apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti
del vizio di motivazione di cui all’art. 360, primo comma,
numero 5, cod. proc. civ., e deve emergere direttamente dalla
lettura della sentenza, non già dal riesame degli atti di
causa, inammissibile in sede di legittimità (Cass. n. 14267
del 2006; cfr. pure Cass. 12 febbraio 2004 n. 2707). L’art.
116, primo comma, cod. proc. civ. consacra il principio del
libero convincimento del giudice, al cui prudente
apprezzamento – salvo alcune specifiche ipotesi di prova
legale – è pertanto rimessa la valutazione globale delle
risultanze processuali, essendo egli peraltro tenuto ad
indicare gli elementi sui quali si fonda il suo convincimento
nonché l’uiter” seguito per addivenire alle raggiunte
conclusioni, ben potendo al riguardo disattendere taluni
elementi ritenuti incompatibili con la decisione adottata; e
tale apprezzamento è insindacabile in cassazione in presenza
di congrua motivazione, immune da vizi logici e giuridici
(Cass. 13 luglio 2004 n. 12912; conf. 13441 del 2004).
E’ dunque inammissibile la censura di violazione di legge
con riferimento agli artt. 115 e 116 c.p.c. tendente

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ad

esigenza aziendale a fronte della quale sorgeva l’obbligo

ottenere un riesame delle

risultanze documentali e

dell’istruzione testimoniale non consentito in sede di
legittimità.
E’

altresì infondata la censura di violazione di legge per

863/84. La tesi di parte ricorrente presuppone l’accoglimento
della inammissibile censura sopra illustrata, in quanto muove
dal presupposto di fatto che la violazione del diritto di
precedenza si fosse verificata nel vigore della legge n. 863
del 1984 con la trasformazione dei rapporti di lavoro dei
colleghi del Siri da tempo parziale a tempo pieno (anni 19961997). Pertanto, il quesito di diritto non è correlabile
alla

ratio decidendi

sottesa alla sentenza impugnata, non

validamente censurata.
Non merita accoglimento neppure il quesito di diritto con
cui si chiede se l’art. 5 del d.l. n. 276 del 1984 convertito
con legge n. 863/84, in relazione all’art. 11 delle
disposizioni preliminari al codice civile, debba essere
interpretato nel senso che, nel caso di trasformazione del
rapporto da tempo pieno a tempo parziale verificatosi nella
vigenza dell’art. 5 d.l. 276/1984, conv. in legge n. 863/84,
la violazione del diritto di precedenza verificatosi dopo
l’entrata in vigore dell’art. 8 d.lgs. n. 61/2000 resta
sottoposta alla disciplina sanzionatoria prevista dal
medesimo art. 5 d.l. n. 276/1984, conv. in legge n. 863/84.
Il principio dell’irretroattività della legge comporta
che la legge nuova non possa essere applicata, oltre che ai
rapporti giuridici esauriti prima della sua entrata in
vigore, a quelli sorti anteriormente ed ancora in vita se, in
tal modo, si disconoscano gli effetti già verificatisi del
fatto passato o si venga a togliere efficacia, in tutto o in

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erronea mancata applicazione dell’art. 5 della legge n.

parte, alle conseguenze attuali e future di esso. Lo stesso
principio comporta, invece, che la legge nuova possa essere
applicata ai fatti, agli status e alle situazioni esistenti o
sopravvenute alla data della sua entrata in vigore, ancorché
disciplina disposta dalla nuova legge, debbano essere presi
in considerazione in se stessi, prescindendosi totalmente dal
collegamento con il fatto che li ha generati, in modo che
resti escluso che, attraverso tale applicazione, sia
modificata la disciplina giuridica del fatto generatore
(cass. n. 2433 del 3.3.2000, S.U. 2926 del 1967; v. pure Cass
28 settembre 2005 n. 18955, 28 settembre 2002 n. 14073).
Venendo all’esame della disciplina che regola la
fattispecie, l’incipit dell’art. 5, comma secondo, d. lgs. n.
61 del 2000 (nel testo anteriore alle modifiche apportare
dall’art. 46, comma l, del d.lgs. 10 settembre 2003 n. 276),
al pari dell’art. 5, comma terzo bis, della legge 19
dicembre 1984 n. 863, indica nell’ipotesi di “assunzione di
personale a tempo pieno” il presupposto del diritto di
precedenza in favore dei lavoratori con contratto a tempo
parziale. Questo opera in tutti i casi in cui il datore di
lavoro intende procedere ad una assunzione a tempo pieno con
fungibilità nelle mansioni assegnate al lavoratore in parttime (cfr. Cass. 17 maggio 2012 n. 7752; Cass. 21 luglio 2005
n. 15312). Il principio risultava già espresso con sentenza
15 luglio 1995 n. 7716, secondo cui il presupposto previsto
dall’art. 5, comma terzo bis della legge 19 dicembre 1984 n.
863 (di conversione, con modifiche del D.L. 30 ottobre 1984
n. 726), che in caso di assunzione di personale a tempo pieno
riconosce il diritto di precedenza dei lavoratori con
contratto a tempo parziale, non ricorre nelle ipotesi di

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conseguenti ad un fatto passato, quando essi, ai fini della

stipulazione di contratti a tempo determinato o di assunzione
di lavoratori con contratti di formazione e lavoro ai sensi
dell’art. 3 della stessa legge n. 863/1984; detto presupposto
non si realizza neppure nel caso della trasformazione dei
espressamente regolata come strumento per la realizzazione
della finalità della legge, diretta a favorire l’occupazione
giovanile.
Deve quindi ribadirsi in questa sede che il diritto di
precedenza dei lavoratori a tempo parziale presuppone
l’indifferenza, per le esigenze oggettive del datore di
lavoro, tra l’assunzione di nuovo personale e la
trasformazione di rapporti a tempo parziale già costituiti con contatti di lavoro a tempo pieno – in funzione dello
svolgimento di mansioni identiche oppure equivalenti e, come
tali, reciprocamente fungibili.
L’equivalenza

e

la

fungibilità

nelle

mansioni

è

espressamente prevista dal D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 61,
art. 5, comma 2, per l’insorgenza e l’esercizio del diritto
di precedenza dei detti lavoratori, ma era pure compatibile e
coerente con il tenore letterale della disciplina originaria
di cui al D.L. 30 ottobre 1984, n. 726, art. 5, comma 3 bis,
convertito con modifiche nella L.. 19 dicembre 1984, n. 863,
cit. Diversamente opinando, infatti, la trasformazione del
rapporto di lavoro a tempo parziale in rapporto a tempo
pieno, non risulterebbe sostitutiva dell’assunzione di nuovo
personale, parimenti a tempo pieno, e comporterebbe, perciò,
un aggravio – non voluto dalla legge – dell’obbligo che ne
risulta imposto al datore di lavoro (v. in tal senso Cass.
n. 7752/2012 cit.).

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rapporti di formazione e lavoro a tempo indeterminato,

Nel contratto di apprendistato, come in quello di
formazione e lavoro, l’attività formativa, che è compresa
nella causa negoziale, è modulabile in relazione alla natura
e alle caratteristiche delle mansioni che il lavoratore è
rilievo, a seconda che si tratti di lavoro di elevata
professionalità o di semplici prestazioni di mera esecuzione,
e potendo atteggiarsi con anticipazione della fase teorica
rispetto a quella pratica, o viceversa, sempre che lo
svolgimento della suddetta attività di formazione sia idoneo
a raggiungere lo scopo del contratto – ossia l’inserimento
effettivo nel lavoro dell’impresa mediante l’acquisizione di
una professionalità adeguata (v. tra le più recenti, Cass.
13 febbraio 2012 n. 2015).
La condizione di equivalenza delle mansioni

(“_adibiti

alle stesse mansioni od a mansioni equivalenti rispetto a
quelle con riguardo alle quali è prevista l’assunzione_”)

di

cui alla norma in esame non è configurabile in presenza di un
contratto a causa mista in cui l’attività formativa concorre
con quella lavorativa a integrare la fattispecie legale; nel
contratto di apprendistato, come in quello di formazione e
lavoro, l’attività formativa, che è compresa nella causa
negoziale, seppure modulabile, non può mancare, di talché la
natura e le caratteristiche delle mansioni che il lavoratore
è chiamato a svolgere possono assumere maggiore o minore
rilievo o ampiezza a seconda dei casi e possono atteggiarsi
con anticipazione della fase teorica rispetto a quella
pratica, o viceversa, mentre il diritto di precedenza dei
lavoratori a tempo parziale presuppone l’indifferenza, per le
esigenze oggettive del datore di lavoro, tra l’assunzione di
nuovo personale e la trasformazione di rapporti a tempo

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Siri/Unifarma Distribuzione

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chiamato a svolgere, potendo assumere maggiore o minore

parziale già costituiti – con contatti di lavoro a tempo
pieno – in funzione dello svolgimento di mansioni identiche
oppure equivalenti e, come tali, reciprocamente fungibili.
In accoglimento del ricorso incidentale, la sentenza
per essere infondata la

domanda avente ad oggetto il diritto di precedenza del Siri,
quale lavoratore a tempo parziale, ad essere assunto a tempo
pieno, in correlazione all’assunzione del lavoratore Occelli,
assunto come apprendista. Non vi sono altri accertamenti di
fatto da compiere; pertanto, questa Corte decide nel merito
ex art. 384 c.p.c., secondo comma, con rigetto della relativa
domanda risarcitoria.
Con il secondo motivo,

il ricorrente principale,

denunciando violazione di legge in riferimento agli artt.
115, 116, 196 c.p.c. art. 10 legge n. 68/99, 33 d.P.R. n.
303/56, art. 16 d.lgs. n. 626/94, art. 20 legge n. 482/68,
art. 2087 c.c. e art. 32 Cost., censura la sentenza nella
parte in cui è stata respinta la domanda risarcitoria
formulata con riferimento alla illegittima assegnazione a
mansioni non compatibili, conclusione cui la Corte di appello
è pervenuta in base alla considerazione che il lavoratore non
aveva mai chiesto l’accertamento di tale incompatibilità.
Formula un duplice quesito di diritto con cui chiede a questa
Corte: a) di affermare che la suddetta disciplina legale deve
essere interpretata nel senso che sia vietato al datore di
lavoro attribuire al lavoratore invalido mansioni
incompatibili con lo stato di salute del medesimo e nel senso
che costituisca preciso obbligo del datore di lavoro
accertare la compatibilità delle mansioni affidate al
lavoratore invalido allo stato di salute del medesimo e ciò
anche in assenza di una specifica richiesta di quest’ultimo;

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Udienza 15/2/2013
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impugnata va cassata in parte qua

b) di affermare che è fatto obbligo al giudice di valutare
ogni atto di causa al fine di determinare la reale natura e
l’oggetto delle mansioni affidate dal datore di lavoro al
lavoratore invalido civile e la loro eventuale nocività e che
le osservazioni critiche alla c.t.u. svolta in primo grado e
l’istanza di rinnovo della medesima.
Anche tale motivo è infondato.
La Corte di appello ha respinto i motivi di gravame svolti
dal Siri in merito allo stesso capo dell’originaria domanda
così motivando: l’art. 10, terzo comma, legge 68/99 prevede
il diritto del dipendente disabile a richiedere e
correlativamente del datore di lavoro di ottenere
l’accertamento delle condizioni di salute in caso di
aggravamento delle condizioni di salute o di significative
variazioni dell’organizzazione del lavoro; nel caso di
specie, nessun accertamento aveva mai richiesto il Siri; le
modifiche che avevano interessato le mansioni del ricorrente
(dal settembre 2000 ogni allestitore era stato munito di un
lettore ottico con cui verificare gli ordini) non erano tali
da integrare un “significativo mutamento dell’organizzazione
del lavoro” ossia la condizione che avrebbe richiesto la
verifica dello stato di salute del dipendente; d’altra parte,
il Siri era stato originariamente assunto come fattorino a
tempo pieno, con compiti che richiedevano anche maggiori
spostamenti e logoramento articolare rispetto a quelle da
ultimo svolte come allestitore; la c.t.u. medico-legale
svolta in primo grado aveva escluso che le alterazioni
riscontrate a carico del ricorrente dipendessero da usura
lavorativa essendo invece attribuibili al fisiologico
deterioramento cui va incontro un soggetto che, sebbene di

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Udienza 15/2/2013
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in tale contesto il giudice di appello è tenuto a valutare

giovane età, è portatore della alterazioni anatomiche di
simmetria e integrità.
Come risulta dall’ordine logico della motivazione, la
Corte di appello non ha affermato di avere riscontrato
svolgimento delle mansioni di allestitore. Risulta dunque
privo di specificità il primo quesito con cui, muovendo
dall’assunto della adibizione del ricorrente a mansioni
incompatibili, si chiede che sia affermato che sussiste
violazione di legge per la violazione dell’obbligo datoriale
di assegnare il dipendente disabile a mansioni compatibili
con il suo stato di salute. Parimenti inammissibile per
difetto di interesse è il quesito che attiene al mancato
esercizio della facoltà – di cui anche il datore di lavoro
dispone ai sensi della la legge 12 marzo 1999 n. 68, art. 10,
comma 3 – di richiedere l’accertamento sanitario in caso di
aggravamento delle condizioni di salute o di significative
variazioni dell’organizzazione del lavoro (“nel

caso di

aggravamento delle condizioni di salute o di significative
variazioni dell’organizzazione del lavoro, il disabile può
chiedere che venga accertata la compatibilità delle mansioni
a lui affidate con il proprio stato di salute. Nelle medesime
ipotesi il datore di lavoro può chiedere che vengano
accertate le condizioni di salute del disabile per verificare
se, a causa delle sue minorazioni, possa continuare ad essere
utilizzato presso l’azienda”).

Difatti, poiché secondo

l’accertamento compiuto dal giudice di merito, incensurabile
in sede di legittimità se non per vizi di motivazione, è
stato escluso che il Siri fosse stato adibito a mansioni
incompatibili con il suo stato di salute, la mancata
richiesta di accertamento sanitario da parte della società
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Udienza 15/2/2013
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l’incompatibilità tra le patologie sofferte dal Siri e lo

datrice di lavoro risulta priva di nesso con la domanda
risarcitoria formulata dall’attuale ricorrente.
Con il secondo quesito di diritto il ricorrente
sostanzialmente censura la sentenza per non avere debitamente
c.t.u. svolta in primo grado.
Il motivo è inammissibile.
Ci si duole del mancato esame delle relazioni tecniche di
parte depositate in primo grado senza rappresentare se ciò
avesse costituito oggetto di uno specifico motivo di gravame.
Poiché il thema decidendum nel giudizio di secondo grado deve
ritenersi delimitato dai motivi di impugnazione, la mancata
trascrizione di tali motivi e la chiara enunciazione della
loro formulazione non consente di verificare se il giudice di
appello sia incorso nel vizio denunciato.
Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione
– che trova la propria ragion d’essere nella necessità di
consentire al giudice di legittimità di valutare la
fondatezza del motivo senza dover procedere all’esame dei
fascicoli di ufficio o di parte – vale anche in relazione ai
motivi di appello rispetto ai quali si denuncino errori da
parte del giudice di merito (Cass. 10 gennaio 2012 n. 86),
in quanto l’esigenza di astensione del giudice di legittimità
dalla ricerca del testo completo degli atti processuali
attinenti al vizio denunciato risulta, “piuttosto, ispirata
al principio secondo cui la responsabilità della redazione
dell’atto introduttivo del giudizio fa carico esclusivamente
al ricorrente ed il difetto di ottemperanza alla stessa non
deve essere supplito dal giudice per evitare il rischio di un
soggettivismo interpretativo da parte dello stesso
nell’individuazione di quali atti o parti di essi siano

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considerato i rilievi critici mossi dall’appellante alla

rilevanti in relazione alla formulazione della censura” (v.
sent. n. 86 del 2012, cit.).
In

conclusione,

non

è

sufficiente

ai

fini

dell’osservanza del principio di autosufficienza – la mera
sostenuta in giudizio, in mancanza di una chiara enunciazione
della sua riproposizione in termini di specifica censura alla
sentenza di primo grado e, dunque, in termini di formulazione
di un preciso motivo di gravame, tale da imporre al giudice
di appello di pronunciare nuovamente sul punto.
Con il terzo motivo, denunciando violazione di legge in
relazione all’art. 2043 c.c., artt. 115, 116, e 196 c.p.c.;
violazione e falsa applicazione degli artt. 40 e 41 c.p.,
nonché vizio di motivazione (art. 360 n. 5 c.p.c.), si
impugna il capo della sentenza con cui è stata respinta la
domanda di risarcimento del danno di natura psichica che si
assume essere stato indotto o comunque aggravato dalla
mancata trasformazione del rapporto a tempo parziale in
rapporto a tempo pieno. Il ricorrente chiede se gli artt.
2043 c.c. e 40 e 41 c.p. debbano essere interpretati nel
senso che nel caso la particolare predisposizione fisica del
dipendente vittima della condotta illecita del datore di
lavoro abbia contribuito ad amplificare gli effetti della
prima, il danneggiante debba essere comunque tenuto a
risarcire il danno e nella sua interezza; ciò si deduce con
riguardo all’incidenza causale o concausale sulla malattia
psichica della condotta datoriale consistite nell’avere
negato al Siri il diritto alla trasformazione del rapporto di
lavoro da part-time a rapporto a tempo pieno.
Con il quarto motivo si lamenta violazione degli artt.
2110 c.c., 2697 c.c., 3 legge n. 604/66, art. 18 legge n.

R.G. n. 5397/09
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trascrizione, in forma di narrativa, della tesi difensiva

300/70, nonché artt.115 e 116 c.p.c., dovendo imputarsi alla
responsabilità del datore di lavoro le assenze dal lavoro per
malattia che hanno determinato il superamento del periodo di
comporto, come desumibile dalla documentazione e dalle
Il quinto motivo denuncia error in iudicando in relazione
agli artt. 2087 e 2043 cod. civ., artt. 115 e 116 cod. proc.
civ., nonché omessa o insufficiente motivazione (art. 360 nn.
3 e 5 cod. proc. civ.) con riguardo al rigetto della domanda
di risarcimento del danno da mobbing, che si assume essere
causalmente dipendente dal rifiuto opposto dalla società ad
acconsentire alla trasformazione del rapporto di lavoro
dell’attuale ricorrente da tempo parziale a tempo pieno. Si
chiede a questa Corte di affermare che le condotte del datore
di lavoro, intenzionali, sistematiche e reiterale, volte a
vessare e perseguitare il dipendente, come l’assegnazione di
mansioni non adatte al suo stato di salute, il rifiuto di
modificarle, il rifiuto di riconoscere benefici attribuiti ad
altri dipendenti, siano illecite e costituiscano mobbing, con
conseguente obbligo del datore di lavoro di risarcire il
danno arrecato.
Ogni censura sollevata con il terzo, il quarto e il quinto
motivo resta assorbita nel rigetto del primo e del secondo
motivo di impugnazione, riguardanti la condotta datoriale che
il ricorrente assume in nesso causale o concausale con il
danno biologico di natura psichica, la malattia che ha
determinato le assenze dal servizio e il superamento del
periodo di comporto e che viene altresì indicata come
comportamento vessatorio. Ciò esclude in
l’imputabilità del danno a colpa della resistente.

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Udienza 15/2/2013
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nuce

la

relazioni mediche di parte.

In conclusione, va respinto il ricorso principale e, in
accoglimento di quello incidentale, deve essere integralmente
rigettata l’originaria domanda, con compensazione delle spese
del giudizio di merito, stante l’esito alterno dei due gradi.
dispositivo, sono regolate secondo soccombenza.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta quello principale e, in
accoglimento di quello incidentale, cassa la sentenza
impugnata in relazione al ricorso incidentale accolto e,
decidendo nel merito, rigetta integralmente l’originaria
domanda. Compensa le spese del giudizio di merito e condanna
il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di
legittimità, che liquida in C 3.000,00 per compensi
professionali e in C 50,00 per esborsi.
Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2013
Il Consigliere est.

Il Presidente

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in

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