Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10072 del 21/04/2017

Cassazione civile, sez. VI, 21/04/2017, (ud. 23/02/2017, dep.21/04/2017),  n. 10072

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ULTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3698-2016 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LORENZO IL

MAGNIFICO 107, presso lo studio dell’avvocato MARIA D’ANDREA che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

L.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato LUIGI PARENTI che la

rappresenta e difende;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LORENZO IL

MAGNIFICO 107, presso lo studio dell’avvocato MARIA D’ANDREA che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente all’incidentale –

avverso la sentenza n. 4634/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 28/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/02/2017 dal Consigliere Dott. SCODITTI ENRICO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

M.A. propose opposizione innanzi al Tribunale di Roma avverso l’atto di precetto con cui il coniuge L.P. aveva intimato il pagamento della somma di Euro 92.565,00 per inadempimento all’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento. Il Tribunale adito accolse parzialmente la domanda, dichiarando inefficace l’atto di precetto limitatamente all’importo di Euro 19.150,00, e dispose la compensazione delle spese per un terzo, condannando l’opponente al rimborso in favore della controparte per i restanti due terzi. Avverso detta sentenza propose appello il M.. Con sentenza di data 28 luglio 2015 la Corte d’appello di Roma in parziale accoglimento dell’appello dichiarò inefficace il precetto limitatamente all’importo di Euro 23.150,00.

Osservò la corte territoriale, premesso che il giudice che aveva deciso il merito non era vincolato dal provvedimento di sospensione dell’efficacia del titolo esecutivo adottato ai sensi dell’art. 615 c.p.c., comma 1, che inconferente era l’argomento secondo cui, non godendo la L. di redditi da lavoro, il persistere del medesimo tenore di vita dimostrava l’adempimento da parte dell’appellante degli obblighi di mantenimento, perchè non teneva conto il detto argomento delle possibili diverse disponibilità economiche della L.. Aggiunse che costituiva elemento di prova dell’inadempimento l’ulteriore passaggio della lettera del 10 gennaio 2010 nel quale si affermava che il M. aveva adottato la “assurda decisione di erogare a gocce il mantenimento dallo stesso arbitrariamente deciso nella modesta misura di Euro 600 mensili”. Osservò inoltre che l’appello andava accolto per la richiesta riduzione dell’assegno di mantenimento previsto per i figli nel periodo settembre 2009 – maggio 2009/ nel quale la figlia minore aveva convissuto stabilmente con il padre. Circa l’ultimo motivo di appello osservò che l’appellante, pur richiamando l’art. 96 c.p.c., in materia di lite temeraria, aveva sollecitato una condanna al risarcimento del danno, circostanza presupponente la prova del pregiudizio e del tutto estranea alla misura dell’art. 96, comma 3, e peraltro il M., pur in presenza di un accoglimento minino dei motivi di impugnazione, era risultato prevalentemente soccombente.

Ha proposto ricorso per cassazione M.A. sulla base di quattro motivi e resiste con controricorso la parte intimata, che ha proposto altresì ricorso incidentale. Il relatore ha ravvisato di manifesta infondatezza del ricorso circa il primo e l’ultimo motivo e d’inammissibilità quanto ai restanti motivi del ricorso principale; ha ravvisato inoltre un’ipotesi d’inammissibilità relativamente al ricorso incidentale. Il Presidente ha fissato l’adunanza della Corte e sono seguite le comunicazioni di rito.

Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 615 c.p.c., comma 1, e art. 661 sexies e sgg., artt. 24, 101 e 11 Cost., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Lamenta il ricorrente che in presenza del medesimo materiale probatorio ingiustificatamente il giudice dalla causa di merito è giunto a conclusioni diametralmente contrarie rispetto a quelle contenute nel provvedimento di sospensione del giudice dell’esecuzione. Con il secondo motivo si denuncia omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nonchè motivazione contraddittoria e carente. Lamenta il ricorrente che il giudice di merito ha valutato in modo incompleto la comunicazione del 10 gennaio 2010, seguendo un ragionamento illogico e contradditorio. Con il terzo motivo, sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si denuncia che la Corte di appello ha errato nel valutare la documentazione relativa ai rapporti bancari, non essendo la L. titolare di rapporti bancari, sicchè la decisione è carente di motivazione. Con il quarto motivo si denuncia violazione dell’art. 96 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva il ricorrente che il giudice può disporre anche d’ufficio senza apposita istanza la condanna della parte soccombente al pagamento di un’ulteriore somma equitativamente determinata a prescindere dall’esistenza del danno.

Il ricorso è inammissibile per inidoneità del requisito della sommaria esposizione dei fatti di causa. E’ inammissibile, per violazione del criterio dell’autosufficienza, il ricorso per cassazione confezionato mediante l’assemblaggio di parti eterogenee del materiale di causa quando ciò renda incomprensibile il mezzo processuale, perchè privo di una corretta ed essenziale narrazione dei fatti processuali (ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3) e della sintetica esposizione della soluzione accolta dal giudice di merito (cfr. fra le tante, in punto di riproduzione integrale della sentenza del giudice di merito, Cass. n. 22185 del 2015). Nel ricorso le sentenze di primo e secondo grado non sono illustrate in modo sintetico ai fini della comprensione delle censure sollevata nei confronti della decisione impugnata ma sono per intero assemblate nel corpo del ricorso.

Pur in presenza del profilo di inammissibilità del ricorso evidenziato, in ogni caso il collegio osserva con riferimento al primo motivo di ricorso che il provvedimento del giudice dell’esecuzione relativo all’istanza di sospensione dell’esecuzione ha carattere cautelare e come ogni provvedimento cautelare resta privo di efficacia ogni qualvolta che con sentenza venga deciso il merito della controversia in modo difforme dalla cautela. Ne discende la completa autonomia, e reciproca indipendenza, fra la fase cautelare e la fase di merito del giudizio di cognizione. Osserva anche il collegio, quanto al quarto motivo, che parte soccombente nel giudizio di primo grado, sulla base del parametro della condanna alla rifusione dei due terzi delle spese processuali (per il resto essendo stata disposta la compensazione), era proprio l’odierno ricorrente. Infine sussistono ulteriori profili di inammissibilità con riferimento ai motivi secondo e terzo. Per un verso la censura è proposta sulla base della disposizione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non più vigente, denunciandosi non l’omesso esame di fatto decisivo e controverso ma una insufficiente motivazione, per l’altro si denuncia una cattiva valutazione della prova che è profilo non apprezzabile nella presente sede di legittimità se non nei limiti del vizio motivazionale ai sensi della disposizione vigente.

Con l’unico motivo di ricorso incidentale si denuncia omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva la ricorrente, con riferimento alla riduzione operata dalla Corte d’appello, che la minore sarebbe stata presso il padre per il periodo di sei mesi, e non di otto mesi. Il ricorso incidentale ha perso ogni efficacia ai sensi dell’art. 334 c.p.c..

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Poichè il ricorso principale è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il all’art. 13, comma 1 – quater del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale e dichiara che il ricorso incidentale ha perso ogni efficacia; condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese processuali che liquida in Euro 5.600,00 per compenso, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della parte ricorrente in via principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del dello stesso art. 13, comma 1- bis.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2017

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