Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10071 del 21/04/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 21/04/2017, (ud. 23/02/2017, dep.21/04/2017),  n. 10071

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3451/2016 proposto da:

B. S.A.S. DI B.E. & CO. – P.I. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA PIETRO GIANNONE 27, presso lo studio

dell’avvocato S. CAPUTO, rappresentata e difesa dall’avvocato LUCA

PERRINI;

– ricorrente –

contro

TAMOIL ITALIA S.P.A. – (OMISSIS), in persona del suo Amministratore

Delegato, elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE REGINA MARGHERITA

22, presso lo studio dell’avvocato SERGIO LEONARDI, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6731/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 03/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 23/02/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Battista s.a.s. di B.E. & Co., cessionaria di azienda relativa alla distribuzione automatica di carburante, convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Cassino Tamoil Italia s.p.a. chiedendo declaratoria di nullità del contratto stipulato con la convenuta dal cedente l’azienda, stante il carattere apocrifo delle sottoscrizioni. Il Tribunale adito, con sentenza di data 9 luglio 2009, rigettò la domanda ed accolse quella proposta in via riconvenzionale dalla convenuta condannando la società attrice al pagamento della somma di Euro 93.330,00, nonchè alle spese processuali. Avverso detta sentenza propose appello B. s.a.s.. Con sentenza di data 3 dicembre 2015 la Corte d’appello di Roma rigettò l’appello. Osservò la corte territoriale che il carattere apocrifo delle sottoscrizioni non era sufficiente a far venir meno il contratto, il cui perfezionamento era desumibile da una serie di comportamenti concludenti specificatamente indicati in motivazione, e che pacifica era la violazione del patto di esclusiva, mentre giustificata era la condanna alle spese processuali di primo grado stante la soccombenza dell’attrice.

Ha proposto ricorso per cassazione B. s.a.s. di B.E. & Co. sulla base di tre motivi e resiste con controricorso la parte intimata. Il relatore ha ravvisato un’ipotesi d’inammissibilità del ricorso. Il Presidente ha fissato l’adunanza della Corte e sono seguite le comunicazioni di rito.

Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1321, 1325, 1341 e 1418 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè insufficiente motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva la ricorrente che, stante il carattere apocrifo delle sottoscrizioni, l’accordo è inesistente e che si ripercuote sulla validità del contratto la nullità delle clausole ai sensi dell’art. 1341 c.c., comma 2, essenziali, non specificatamente approvate per iscritto. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1350, 1567, 2558 e 2596 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè insufficiente motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osserva la ricorrente che essendo il patto di esclusiva soggetto alla forma scritta ad probationem, la relativa clausola era nulla. Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Lamenta la ricorrente che stante la soccombenza in primo grado della convenuta sulla questione di competenza le spese dovevano essere quanto meno in parte compensate.

Il ricorso è inammissibile. Con il controricorso è stato depositato certificato camerale di data 4 febbraio 2016, attestante la cancellazione della società ricorrente dal registro delle imprese in data 18 luglio 2012, e dunque nel corso del giudizio di appello. La produzione è ammissibile. La parte che, avendo omesso di proporre, in sede di gravame, l’eccezione relativa alla legittimazione ad appellare di una società già estinta per pregressa cancellazione dal registro delle imprese, formuli tale eccezione, per la prima volta, davanti al giudice di legittimità, è ammessa a produrre ivi, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., la documentazione volta a comprovare l’estinzione della società appellante, potendo essa astrattamente costituire una causa determinativa diretta della potenziale nullità della sentenza impugnata (Cass. 9 maggio 2016, n. 9334). Nel caso di specie il documento riguarda l’ammissibilità del ricorso. Dopo la riforma del diritto societario, attuata dal D.Lgs. n. 6 del 2003, la cancellazione dal registro delle imprese estingue anche la società di persone, sebbene non tutti i rapporti giuridici ad essa facenti capo, siano stati definiti e l’impugnazione della sentenza, pronunciata nei riguardi della società, deve provenire, a pena d’inammissibilità, dai soci (Cass. n. 6070 del 2013, n. 23574 del 2014, n. 5736 del 2016). Trattandosi di ricorso per cassazione, per il quale è richiesta la procura speciale, non vi è materia per l’ultrattività del mandato alla lite (Cass. n. 15295 del 2014).

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Esse vanno poste a carico del difensore della parte ricorrente stante l’inesistenza della procura. Nel caso infatti la procura sia inesistente l’attività del difensore resta attività processuale di cui il legale assume esclusivamente la responabilità e, conseguentemente, è ammissibile la sua condanna a pagare le spese del giudizio (Cass. Sez. U. n. 10706 del 2006). L’inesistenza della procura deriva nel caso di specie dal fatto che la società che l’avrebbe rilasciata si era estinta al momento del rilascio (il ricorso reca data del 19 gennaio 2016). Ed invero la procura alle liti (art. 83 c.p.c.), che abilita il difensore ad esercitare i poteri normativamente spettantigli nel processo, presuppone un rapporto di mandato, con rappresentanza speciale processuale, tra lo stesso e il cliente, il cui contenuto è determinato dalla natura del rapporto controverso e dal risultato perseguito dal mandante nell’intentare la lite o nel resistere ad essa (Cass.n. 6264 del 2003). Mancando, perchè inesistente, il mandante, manca anche il rapporto di mandato e, difettando il presupposto, rappresentato dal mandato, manca anche la procura alle liti.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene rigettato, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del T.U. di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del difensore della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il difensore della parte ricorrente avv. Luca Perrini al rimborso delle spese processuali che liquida in Euro 5.600,00 per compenso, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del difensore della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2017

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