Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10070 del 09/05/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 10070 Anno 2014
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: OLIVIERI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso 19878-2012 proposto da:
AGENZIA DELLE DOGANE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

FILOTRADE SRL;
– intimato –

Nonché da:
FILOTRADE SRL in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE

Data pubblicazione: 09/05/2014

PARIOLI 43, presso lo studio dell’avvocato D’AYALA
VALVA FRANCESCO, che lo rappresenta e difende
unitamente agli avvocati BODRITO ANDREA, MARONGIU
GIOVANNI giusta delega in calce;
– controri corrente e ricorrente incidentale –

AGENZIA DELLE DOGANE;
– intimato –

avverso la sentenza n. 44/2011 della COMM.TRIB.REG.
di GENOVA, depositata il 30/06/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/02/2014 dal Consigliere Dott. STEFANO
OLIVIERI;
udito per il ricorrente l’Avvocato GAROFOLI che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato BODRITO che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso principale e il rigetto
del ricorso incidentale.

contro

Svolgimento del processo

Con sentenza 30.6.2011 n. 44 la Commissione tributaria della regione Liguria ha accolto

l’avviso di rettifica dell’accertamento doganale divenuto defmitivo con il quale l’Ufficio
di Genova della Agenzia delle Dogane aveva determinato i maggiori diritti doganali
dovuti dalla società in relazione ad operazioni di importazione di carne bovina congelata,
effettuate nell’anno 2004 a tariffa agevolata ai sensi del reg. CE n. 780/2003, in base a
titoli AGRIM illegittimamente ottenuti, essendo emerso -all’esito delle indagini svolte
dalla Guardia di Finanza- che la società aveva agito in collegamento con altre società, le
cui partecipazioni erano tutte riferibili agli stessi membri della famiglia Signori, i quali
esercitavano la gestione di fatto dell’intero gruppo attraverso la società EUROMEAT
s.p.a., situazione espressamente considerata dall’art. 9 paragr. 5 del predetto regolamento
comunitario, come ostativa alla assegnazione delle quote del contingente tariffario.
I Giudici di appello rilevavano che la società aveva prodotto documentazione idonea a
provare i requisiti di accesso ai titoli di importazione; che il Ministero delle Attività
Produttive in base alla documentazione in suo possesso aveva escluso la esistenza di
collegamenti societari; che il rispetto dei requisiti di accesso al contingente era
confermato anche dalla mancata revoca dei titoli di importazione.

Avverso la sentenza non notificata ha proposto ricorso per cassazione la Agenzia delle
Dogane deducendo un unico motivo al quale ha resistito la società con controricorso e
contestuale ricorso incidentale affidato ad un mezzo.
La società ha depositato memoria illustrativa.

Motivi della decisione
1
RG n. 19878/2012
ric. Ag.Dogane c/Filotrade s.r.l.

Co est.
livieri
Stefan

l’appello proposto da Filotrade s.r.l. ed in riforma della impugnata sentenza ha annullato

1. La Agenzia delle Dogane censura la sentenza per vizio logico di motivazione ex art.
360co l n. 5 c.p.c. sostenendo che la CTR, da un lato, aveva omesso completamente di
esaminare gli elementi indiziari che, in considerazione della convergenza e concordanza
degli stessi, assumevano consistenza di prova presuntiva decisiva ai fini
dell’accertamento della pretesa doganale; dall’altro aveva fondato la decisione su

1.1

La Agenzia delle Dogane ha assolto al requisito di specificità del motivo, sia

criticando puntualmente le lacune e gli errori logici in cui sarebbero incorsi i Giudici di
appello, sia indicando dettagliatamente la molteplice serie di fatti indizianti raccolti dai
verbalizzanti, evidenziandone la concordanza e convergenza ai fini della prova della
esistenza di un “legame” tra Filotrade s.r.l. e le altre diciannove società del gruppo
“dirette” dai membri della famiglia Signori attraverso la società capofila Euromeat s.p.a.
(dal PVC in data 9.2.2006 emergeva infatti che: 1-le società del Gruppo erano state costituite da
Lorenzo, Giovanni Beatrice Signori ed erano amministrate da prestanome legati alla famiglia
Signori da contratti fiduciari; 2-tutte le società tenevano le scritture contabili presso Samba Service
s.r.l. costituita da personale già dipendente delle società del Gruppo; 3-le società “satelliti”
rivendevano sempre le merci importate in agevolazione daziaria, ad Euromeat s.p.a.; 4-dai dati
rilevati dal PC del consulente fiscale Balestrieri risultavano indicazioni attinenti all’intero gruppo e
appunti in cui veniva segnalata la opportunità, in vista della partecipazione e dell’assegnazione delle
quote dei contingenti tariffari, di effettuare cessioni di quote a persone legate alla famiglia Signori
con clausole fiduciarie di manleva e retrocessione delle partecipazioni societarie, variazioni di sede
legale delle singole società del Gruppo, risistemazioni della composizione sociale e degli
amministratori delle singole società, costituzione di una società di servizi comune alla quale
trasferire il personale dipendente della società Euromeat), venendo a soddisfare in tal modo al

connotato della decisività degli elementi probatori che, ove non trascurati ed esattamente
valutata dal Giudice di merito, avrebbero condotto ad una diversa decisione favorevole
alla ricorrente.

2
RG n. 19878/2012
ric. Ag.Dogane c/Filotrade s.r.l.

Co est.
Stefano
vieri

elementi probatori inesattamente valutati o privi di concludenza.

1.2 II motivo è fondato.
I Giudici di appello dopo avere, nello svolgimento in fatto della sentenza, richiamato
il presupposto di fatto indicato a fondamento dell’avviso di rettifica (esistenza di un
“legame” societario ostativo, ai sensi dell’art. 9 reg. CE n. 780/2003 e dell’art.143 reg. CE n.
2454/1993 DAC, alla assegnazione delle quote del contingente tariffario, appartenendo Filotrade
s.r.l. ad un gruppo di imprese tutte controllate e gestite di fatto dalla famiglia Signori), hanno

individuati nel PVC, redatto in data 9.2.2006, indicati a supporto della pretesa doganale,
limitandosi ad affermare che la società aveva prodotto “documentazione idonea a
provare il possesso dei requisiti normativamente richiesti per l’ottenimento del titolo di
importazione agevolata”, espressione lessicale peraltro ambigua, non essendo dato
comprendere se detta documentazione (della quale non è fornita specificazione alcuna) sia
diversa o invece corrisponda a quella documentazione “notarile” che era stata trasmessa
dalla stessa società -ai fini del “riconoscimento”- al Ministero delle Attività Produttive,
ed alla stregua della quale la Amministrazione statale aveva escluso rapporti di
collegamento tra le società del “Gruppo”, comunicazione ritenuta determinante dalla
CTR ligure come prova della inesistenza della violazione dell’art. 9 paragr. 5 del
regolamento CE n. 780/2003. Ed infatti l’unica argomentazione concernente l’esame
‘`comparativo-valutativo” degli elementi probatori offerti dall’Ufficio doganale, va
rinvenuta nella ritenuta genericità (idest mancanza di precisione, ai sensi dell’art. 2729 c.c.)
degli indizi risultanti dal PVC, compendiata nella sintesi verbale secondo cui tali indizi
‘`non escludono che ogni società operasse in autonomia rispetto alle altre”.

1.3 Orbene la motivazione posta a sostegno della decisione deve ritenersi gravemente
carente, in quanto i Giudici di merito si sono limitati ad indicare soltanto il “risultato
conclusivo” del giudizio valutativo dei fatti dimostrati in giudizio, senza, tuttavia,
evidenziare le premesse logiche ed il discorso argomentativo attraverso il quale è stato
possibile pervenire a tali conclusioni.

3
RG n. 19878/2012
ric. Ag.Dogane c/Filotrade s.r.l.

Co . est.
Stefan Olivieri

successivamente omesso del tutto di prendere in considerazione gli elementi indiziari

La statuizione meramente assertiva per cui gli indizi offerti dalla PA, non sono
dimostrativi della relazione di “legame” tra le società del “Gruppo”, si risolve in un
giudizio sintetico di generale inutilizzabilità dei fatti accertati nel PVC compiuto dalla
CTR senza neppure individuare quali fatti, valutati singolarmente e nelle loro
connessioni, siano sforniti di capacità concludente, ed è un tipico esempio di abdicazione
all’obbligo imposto al Giudice di rappresentare compiutamente gli elementi di fatto e le

Se, infatti, non appare dubbio che spetti in via esclusiva al Giudice di merito il
compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le
prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive
risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità
dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova
acquisiti, nonché la facoltà di escludere anche attraverso un giudizio implicito la
rilevanza di una prova -dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare,
per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante ovvero ad enunciare
specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni- (cfr.
Corte cass. sez. lav. 15.7.2009 n. 16499), tuttavia tale attività di giudizio deve trovare

supporto in argomenti la cui esternazione, nell’apparato motivazionale che sorregge il
decisum, indispensabile ai fini del controllo giurisdizionale, deve rispondere ai canoni
di coerenza logica interna al discorso, segnati dall’art. 360co 1 n. 5) c.p.c. con riferimento
ai principi di completezza, di causalità logica (secondo lo schema induttivo-deduttivo) e di

non contraddizione.
La motivazione della sentenza deve articolarsi, a tal fine, in una sequenza passaggi
logici che possono schematicamente scomporsi: 1-nella ricognizione dei fatti rilevanti in
ordine alla questione in diritto controversa, che vengono in tal modo a definire il “thema
probandum” della fattispecie concreta oggetto della controversia; 2-nella individuazione,

tra quelli ritualmente acquisiti al giudizio, degli elementi probatori dimostrativi dei
predetti fatti e nella selezione di quelli ritenuti decisivi, all’esito di un giudizio di
prevalenza, alla formazione del convincimento del Giudice; 3-nella indicazione delle
4
RG n. 19878/2012
ric. Ag.Dogane c/Filotrade s.r.l.

C
Stefan

est.
ieri

ragioni sui quali si è formato il proprio convincimento ex art. 116 c.p.c..

ragioni per cui alla fattispecie concreta, come rilevata in base ai fatti provati, debbono
essere ricollegati determinati e non altri effetti giuridici (ovvero le ragioni della applicazione
della “regula iuris” al rapporto controverso).

La carenza nell’impianto motivazionale della

sentenza di alcuno dei momenti logici indicati configura un “vulnus” al principio
generale secondo cui tutti i provvedimenti giurisdizionali debbono essere motivati (art.
111co6 Cost.), che può spaziare, secondo la gravità, dal vizio di insufficienza logica (art.

dell’indicato requisito essenziale (art. 360co1 n. 4 c.p.c. in relazione all’art. 132co2 n. 4
c.p.c. ed all’art. 118col disp. att. c.p.c.).

Ne segue che deve ravvisarsi il vizio di carenza

di motivazione tutte le volte in cui la sentenza non dia conto dei motivi in diritto sui
quali è basata la decisione (cfr. Corte cass. V sez. 16.7.2009 n. 16581; id. I sez. 4.8.2010 n.
18108) e dunque non consenta la comprensione delle ragioni poste a suo fondamento,

non indicando gli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione (cfr. Corte
cass. V sez. 10.11.2010 n. 2845) ed impedendo ogni controllo sul percorso logicoargomentativo seguito per la formazione del convincimento del Giudice (cfr. Corte cass.
III sez. 3.11.2008 n. 26426, con riferimento al ricorso ex art. 111 Cost; id. sez. lav. 8.1.2009 n.
161).

Orbene la motivazione della sentenza di appello appare inficiata dal vizio logico
denunciato, sia in quanto fondata su anapodittiche ed inesplicate affermazioni dei
Giudici di merito concernenti i “documenti”, prodotti dalla società, attestanti il possesso
dei requisiti per il rilascio del titolo AGRIM, e sulla mera asserzione della genericità
degli “indizi” relativi al collegamento societario offerti dall’Ufficio, sia in quanto affetta
da errore applicativo del criterio di valutazione della prova presuntiva secondo lo
schema delinato dall’art. 2727 c.c., laddove nella affermazione “gli indizi non escludono
che ogni società operasse in autonomia”, dovesse individuarsi il criterio di verifica della
consistenza della prova presuntiva adottato dalla CTR. In tal caso, infatti, il giudizio di
inidoneità probatoria degli “indizi” forniti dalla PA verrebbe ad essere erroneamente
fondato dalla CTR sulla “mera astratta ipotesi” di una pur sempre possibile
“autodeterminazione” della società importatrice alla partecipazione alla assegnazione
5
RG n. 19878/2012
ric. Ag.Dogane c/Filotrade s.r.l.

Cons.st.
Stefano
vieri

360co1 n. 5 c.p.c.) fino alla totale difformità della sentenza dal modello legale per assenza

delle quote del contingente, indipendentemente da eventuali direttive e strategie della
società capofila e dal coordinamento con le analoghe iniziative delle altre società del
Gruppo. Ma così operando la CTR viene ad utilizzare, come metodo di verifica della
(in)concludenza indiziaria, non la regola -impeditiva della inferenza- della coesistenza di
plurime ed alternative conseguenze logiche, tutte derivanti dai medesimi fatti indizianti,
prive di efficacia dimostrativa in quanto conducenti alla conoscenza di fatti ignorati

logica induttiva o deduttiva, ma la diversa regola che oppone al “criterio probabilistico”
di prevedibilità delle conseguenze di fatti -su cui è fondato lo schema del ragionamento
presuntivo- il criterio della “mera possibilità” di una diversa spiegazione di quei

medesimi fatti, ipotesi in astratto sempre formulabile in assenza di criteri logici
produttivi di certezze assolute, ma che non può evidentemente essere validamente
contrapposto alla “certezza probabilistica” quale misura fondata su regole di esperienza
comunemente condivise ed accolta nello schema normativo della presunzione semplice
ex artt. 2727 e 2729 c.c., ai fini della istituzione dei nessi di conseguenzialità logica e
giuridica.
Non risponde, pertanto, ai criteri di coerenza logica l’affermazione della CTR per cui
anche in presenza di un quadro indiziante, emerso a seguito delle indagini della Guardia
di Finanza, attestante una situazione di collegamento societario ed un controllo di fatto
esercitato su Filotrade s.r.l. e su altre società da parte delle persone fisiche appartenenti
alla medesima famiglia attraverso la capofila Euromeat s.p.a. alla quale venivano
rivendute le merci importate con agevolazione daziaria, era tuttavia pur sempre
ipotizzabile che le singole società del gruppo avessero potuto agire anche
“autonomamente” in proprio, in quanto la mera astratta possibilità di una ipotesi
alternativa, in quanto basata su una categoria logica disomogenea e del tutto avulsa dal
contesto fattuale, non consente un procedimento inferenziale alternativo tale da produrre
la conoscenza di un fatto ignorato incompatibile volto ad inficiare la univocità della
conseguenza tratta dagli indicati indizi alla stregua del criterio di normalità

6
RG n. 19878/2012
ric. Ag.Dogane c/Filotrade s.r.l.

Cons. ‘st.
Stefano livieri

distinti e tra loro incompatibili “tutti egualmente probabili” secondo nessi di causalità

probabilistica, e non è dunque sufficiente ad assolvere il Giudice di merito dall’obbligo
di fornire una puntuale valutazione del complesso indiziario deponente in contrario.

1.4

Ai vizi logici riscontrati si aggiungono gli ulteriori vizi denunciati dalla parte

ricorrente in relazione alla incompleta valutazione delle prove poste dalla CTR a

1.5 Sostiene la parte ricorrente che la nota del Ministero delle Attività Produttive (in
data 5.12.2005 ed il cui contenuto è riportato nei tratti salienti alle pag. 6 e 7del ricorso) alla quale

rinvia la CTR come prova decisiva della inesistenza del collegamento societario ostativo
al riconoscimento delle quote del contingente tariffario, è stata inesattamente interpretata
dai Giudici di appello: nella lettera in data 5.12.2005 il Ministero delle Attività
Produttive, cui era stato reso noto l’esito delle indagini condotte dalla Guardia di
Finanza, si limitava soltanto a rilevare come dalla

“documentazione notarile”

concernente l’assetto societario, prodotta al momento della presentazione delle domande
di registrazione alla sottoquota II di cui al reg. 954/02 e 780/03, non emergevano
elementi di sospetto circa un collegamento societario impeditivo al rilascio dei titoli
AGRIM. Aggiunge la ricorrente che l’esame meramente documentale condotto dal
Ministero, prescinde del tutto dai nuovi elementi in fatto accertati dai verbalizzanti, e
dunque non si contrappone affatto alle emergenze istruttorie riportate nel PVC in data
9.2.2006, venendo a confermare piuttosto l’assunto secondo cui la documentazione
notarile prodotta dalle società al Ministero, ai fini della partecipazione alla assegnazione
delle quote, occultava la effettiva situazione di collegamento societario emersa soltanto
successivamente dalle indagini (riferibilità delle partecipazioni societarie ai membri della
medesima famiglia Signori; accordi fiduciari di trasferimento quote; appunti informatici e
corrispondenza tra le società e la capogruppo Euromeat s.p.a. da cui emergeva che tale società
controllava le satelliti; gestione contabile unitaria del Gruppo attraverso Samba Service s.r.1.).

7
RG n. 19878/2012
ric. Ag.Dogane c/Filotrade s.r.l.

CI,
Stefant • ieri

fondamento della decisione.

1.6

In proposito i Giudici di appello si sono limitati ad affermare che il Ministero

aveva esaminato “le risultanze del PVC e la documentazione in suo possesso”,
giungendo alla conclusione della inesistenza del collegamento societario. Orbene tale
affermazione è assolutamente priva di conferenza logica rispetto alla decisione in
quanto, per un verso, il Giudice di merito , anzichè effettuare la dovuta valutazione degli
elementi probatori, si affida alle conclusioni raggiunte da un organo amministrativo

indicazione atta a rappresentare gli specifici elementi in fatto e le ragioni per cui,
esaminando le risultanze del PVC, il Ministero sia pervenuto a tale conclusione, ed ancor
più omette di evidenziare le ragioni per cui la stessa CTR abbia inteso aderire a tali
conclusioni.
Tali omissioni integrano il vizio logico della motivazione denunciato dalla ricorrente
e determinano la cassazione della sentenza impugnata.

1.7

Carente di adeguato supporto logico è altresì l’argomento valorizzato dalla CTR

secondo cui Filotrade s.r.l. avrebbe legittimamente fruito del dazio agevolato, non
avendo il competente Ministero delle Attività Produttive provveduto a revocare i titoli di
importazione come previsto dall’art. 10 del reg. CE n. 780/2003 (“qualora venga
stabilito che il riconoscimento è stato concesso in base a documentazione falsa o
fraudolenta, esso viene revocato insieme agli eventuali benefici già concessi in virtù del
riconoscimento”).
Non è affatto chiaro se la CTR abbia addotto la indicata circostanza come
“argumentum a contrario” oppure abbia ipotizzato un condizionamento giuridico
dell’esercizio della potestà accertativa dell’Ufficio doganale dalla previa adozione del
provvedimento di revoca del titolo da parte della competente Amministrazione statale, in
ogni caso rileva il Collegio la errata valutazione da parte dei Giudici di merito delle
prove documentali dedotte in giudizio.

8
RG n. 19878/2012
ric. Ag.Dogane c/Filotrade s.r.l.

Cons. e
Stefano 01 vieri

privo di competenza a compiere tale valutazione; dall’altro non fornisce alcuna

1.8 Premesso che la necessità giuridica di un previo accertamento della falsità dei titoli
AGRIM (e del conseguente provvedimento di revoca del riconoscimento delle quote di
contingente) non trova alcun fondamento, non essendo dato individuare alcuna norma
statale o comunitaria che espressamente subordini il recupero del dazio alla previa
revoca dei titoli AGRIM, occorre rilevare che le norme dei regolamenti comunitari si
limitano soltanto a disporre che “il riconoscimento” (che costituisce una condizione di
assegnazione del contingente tariffario) ed i benefici eventualmente già accordati in virtù del

riconoscimento debbono essere revocati qualora il titolo di legittimazione sia stato
concesso “in base a documentazione falsa o fraudolenta” (cfr. art. 10 reg. CE n. 954/2002
ed art. 10 reg. n. 780/2003), senza che venga dalle stesse disciplinato anche uno specifico

procedimento per il recupero del maggiore dazio doganale dovuto in conseguenza della
indebita fruizione della agevolazione tariffaria alla importazione o vengano individuate
le autorità competenti a procedere al recupero dei diritti doganali evasi.
Pertanto non sussiste dubbio alcuno che, in difetto di specifica norma derogatoria,
nell’ambito dell’ordinamento interno le competenze all’accertamento, liquidazione e
riscossione dei dazi e degli altri diritti doganali, anche se concernenti la importazione di
merci relative a contingentamento tariffario, spettino in via esclusiva alla Autorità
doganale (Agenzia delle Dogane) e tale accertamento non è subordinato alla vicenda
amministrativa del titolo di importazione (recte della assegnazione della quote del
contingente) che attiene esclusivamente al momento della partecipazione alla gara ed alla

corretta distribuzione delle quote tra le imprese concorrenti, essendo funzionale il
provvedimento di revoca del riconoscimento della quota -in caso di scoperta della falsità
della documentazione- a consentire la tempestiva riassegnazione della quota ad altra
impresa legittimata e non anche ad attribuire la qualificazione di illiceità o di irregolarità
della condotta contestata alla impresa importatrice (il provvedimento amministrativo di
revoca della quota non integra, pertanto, un elemento costitutivo della obbligazione doganale o
della fattispecie illecita).

La CTR ha omesso, peraltro, del tutto di considerare che al

tempo della emissione dell’avviso di accertamento in rettifica, la revoca del
9
RG n. 19878/2012
ric. Ag.Dogane c/Filotrade s.r.l.

Co est.
Stefano livieri

legittimazione per la presentazione da parte della impresa della domanda di partecipazione alla

”riconoscimento” non era più attuabile, essendosi esaurita la procedura di assegnazione
delle quote del contingente tariffario ed avendo Filotrade s.r.l. e le altre società del
Gruppo già eseguito le relative importazioni della merce, utilizzando i titoli AGRIM che,
pertanto, erano stati restituiti all’organismo emittente, come emerge inequivocamente
dalla nota del Ministero per le Attività Produttive in data 17.10.2005 (trascritta a pag. 1011 del ricorso) ove si precisa che essendo stati i titoli comunque “già utilizzati, restituiti

materialmente possibile procedere alla loro revoca, nè che sia di alcuna efficacia
procedere alla revoca del riconoscimento, in quanto le sotto quote sono già state chiuse
e non sono suscettibili di riapertura ai fini della ridistribuzione tra gli altri operatori dei
quantitativi illegittimamente fruiti ”
Palesemente stridente con il documento indicato è pertanto l’argomento logico posto
dalla CTR a fondamento della decisione, che se, da un lato, si presenta giuridicamente
inadeguato attesa la insussistenza di referenti normativi dell’ipotizzato condizionamento
della pretesa doganale dal previo provvedimento di revoca, dall’altro disvela un omesso
esaustivo esame delle risultanze probatorie e specificamente documentali del giudizio.

1.9 La sentenza di appello, in quanto affetta dal vizio di legittimità denunciato dalla
parte ricorrente, deve pertanto essere cassata con rinvio della causa al medesimo Giudice
in diversa composizione, affinchè provveda ad un nuovo esame, emendando i vizi logici
riscontrati.

2. Venendo all’esame del ricorso incidentale, la società con l’unico motivo deduce la
violazione e falsa applicazione dell’art. 11 Dlgs n. 374/1990 e del principio di
obbligatorietà del contraddittorio amministrativo doganale, in relazione all’art. 360co 1 n.
3) c.p.c.

10
RG n. 19878/2012
ric. Ag.Dogane c/Filotrade s.r.l.

Cons,est.
Stefano

all’organismo emittente e poi svincolati, questa Amministrazione ritiene che non sia

2.1

La ricorrente incidentale assume la illegittimità degli avvisi di accertamento in

rettifica in quanto non sarebbe stato osservato il principio di assicurazione del preventivo
contraddittorio nella fase antecedente la emissione dell’atto impositivo, che troverebbe
applicazione anche in materia doganale come affermato dalla Corte di Giustizia con
sentenza 18 dicembre 2008, in causa C-349107, Sopropè.

La società ricorrente ritiene che il vizio denunciato, anche se non dedotto nei

precedenti gradi di merito, può essere esaminato “ex officio” dalla Corte in quanto con
esso viene fatta valere una violazione del diritto comunitario, conseguente ad una
interpretazione delle norme del CDC fornita con pronuncia del Giudice comunitario,
resa su rinvio pregiudiziale, alla quale va riconosciuta efficacia vincolante per i Giudici
degli Stati membri, configurandosi, quindi, nel caso di specie una ipotesi tipica di “jus
superveniens” direttamente conoscibile del Giudice della controversia in corso.

2.3

Il motivo, da ritenersi ammissibile (la sentenza della Corte di Giustizia è sopravvenuta

alla decisione di primo grado ed al deposito dell’atto di appello e non sussistono preclusioni alla
rilevabilità della questione anche di ufficio per la prima volta in sede di legittimità, essendo tenuto
anche il Giudice di ultima istanza a verificare la compatibilità della norma nazionale con quella
comunitaria sopravvenuta risultante dalla sentenza interpretativa del Giudice UE che opera in modo
analogo allo “jus superveniens”: Corte cass. n. 11642/2010; id. V sez. 3.4.2013 n. 8060; id. V sez.
5.4.2013 n. 8399) è palesemente infondato, sia in diritto che in fatto, dovendo richiamarsi

sul punto gli argomenti già svolti nei precedenti di questa Corte V sez. in data 9.4.2010
n. 8481 ed in data 13.9.2013 n. 20964, nonchè in data 5.4.2013 n. 8399.

2.4 La doglianza della ricorrente incidentale è formulata in modo del tutto avulso dalla
disciplina normativa vigente “ratione temporis” occorrendo rilevare che la disciplina
procedimentale di cui all’art. 12 della legge n. 212/2000 non trovava -e non trova-,
comunque, applicazione al procedimento di revisione doganale che è regolato da uno
“jus speciale”.
11
RG n. 19878/2012
ric. Ag.Dogane c/Filotrade s.r.l.

” ons t.
o

Wi

2.2

L’art. 11 comma 7 ed 8 del Dlgs n. 374/1990, nel testo vigente “ratione temporis”,
prevedeva infatti che, quando dalla revisione eseguita d’ufficio dell’accertamento
divenuto definitivo (ancorchè le merci che hanno formato l’oggetto siano state lasciate alla libera
disponibilità dell’operatore o siano già uscite dal territorio doganale)

emergono inesattezze,

omissioni, o errori relativi agli elementi presi a base dell’accertamento, “l’ufficio
procede alla relativa rettifica e ne dà comunicazione all’operatore interessato

dalla data della notifica dell’avviso, l’operatore può contestare la rettifica ed in tal caso
viene redatto apposito verbale dall’Ufficio doganale

“ai fini della eventuale

instaurazione dei procedimenti amministrativi per la risoluzione delle controversie
previsti dagli artt. 66 ss. del TU delle disposizioni legislative in materia doganale
approvato con DPR 23 gennaio 1973 n. 43”.

I procedimenti amministrativi cui rinvia

la norma consentono proprio la instaurazione, in via preventiva, del pieno contraddittorio
con il contribuente, atteso che :
a) l’art. 66 TU n. 43/1973 prevede che l’operatore presenti ricorso gerarchico
avverso l’avviso di rettifica “producendo i documenti ed indicando i mezzi di
prova ritenuti utili”
b) dal combinato disposto degli art. 70 u.c. e 76co1 del TU n. 43/1973 emerge che
solo all’esito dell’indicato procedimento amministrativo contenzioso -nel caso di
decisione parzialmente o totalmente sfavorevole al ricorrente gerarchico- si determina la

“definitività” dell’avviso di accertamento in rettifica ed il contribuente è
legittimato ad esperire il ricorso giurisdizionale ex art. 21 Dlgs n. 546/1992
avverso l’atto impositivo.
Il procedimento amministrativo in questione, pertanto, era preordinato a garantire un
contraddittorio pieno, in un momento anticipato rispetto alla impugnazione in sede
giurisdizionale dell’atto, nel corso del quale il contribuente era posto in grado di esporre
tutte le ragioni difensive ed allegare nuovi fatti, deducendo le prove opportune, al fine di
sollecitare l’attivazione dei poteri di autotutela della Amministrazione doganale e quindi
l’annullamento o la revoca dell’avviso di rettifica. La decisione del ricorso
12
RG n. 19878/2012
ric. Ag.Dogane c/Filotrade s.r.l.

ns. est.
Stefa Olivieri

notificando apposito avviso” di rettifica motivato (comma 1, 5 e 6). Entro trenta giorni

amministrativo gerarchico, intesa dalla legge quale condizione per l’acquisto del
requisito di “definitività” dell’avviso di accertamento (nozione che si ricollega alla
distinzione tra “atti amministrativi non definitivi”,

nei confronti dei quali sono esperibili solo i

ricorsi amministrativi, e “atti amministrativi definitivi”

immediatamente impugnabili avanti l’AG,

che trova fondamento nella disciplina del DPR 24.11.1971 n. 1199 e succ. mod., e che differisce
sostanzialmente dalla nozione, propriamente tributaria, di “definitività dell’atto impositivo” che
conseguente alla

mancata impugnazione dell’atto impositivo nel termine di decadenza ovvero al giudicato formatosi
in esito ai ricorsi giurisdizionali proposti avverso l’atto di accertamento impositivo), riconduce il

procedimento contenzioso (quale sub-procedimento eventuale e non necessario)
nell’alveo dell’unitario del procedimento di accertamento tributario doganale, diretto alla
formazione del provvedimento finale che, in quanto atto “definitivo” e quindi produttivo
di effetti lesivi della sfera patrimoniale del contribuente, può da questi essere
immediatamente impugnato avanti il Giudice tributario (in relazione a tale specifico aspetto
della disciplina del procedimento di revisione doganale trovano, pertanto, giustificazione i
precedenti di questa Corte Sez. 5, Sentenza n. 10280 del 21.4.2008 e Sez. 5, Ordinanza n. 4996 del
2.3.2009 secondo cui “in materia di diritti doganali, la mancanza del procedimento amministrativo
di revisione (di cui all’art. 11 del d.lgs. n. 374 del 1990) non determina di per sè la caducazione
della pretesa impositiva, se motivata nell'”an” e nel “quantum”, atteso che – anche alla luce della
giurisprudenza comunitaria – non è rinvenibile nell’ordinamento il diritto soggettivo dell’operatore
ad un previo procedimento amministrativo e al compiuto svolgimento delle sue fasi, una volta che
gli sia riservato di adire l’autorità giudiziaria per far valere in quella sede le proprie ragioni a
garanzia della tutela immediata della sfera dei propri diritti”,meglio precisato, in motivazione, nel

secondo arresto in cui si rileva che “l’ufficio procede alla rettifica redigendo “avviso di
accertamento suppletivo e di rettifica” costituente la decisione amministrativa che comunica
l’obbligazione al soggetto passivo (an) con la contabilizzazione “a posteriori”dell’importo dei dazi
ancora dovuti (quantum) e che può essere alternativamente impugnata instaurando l’apposito
procedimento previsto per la risoluzione delle controversie doganali (D.P.R. 23 gennaio 1973, n.
43, arm 66 e segg.) ovvero promuovendo ricorso giurisdizionale ciò nondimeno la mancanza
di quella procedura non renderebbe di per sè illegittima la pretesa fiscale monitoriamente azionata
in assenza di avviso di rettifica [ndr. idest azionata senza l’osservanza del procedimento

13
RG n. 19878/2012
fic. Ag.Dogane c/Filotrade s.r.l.

Co . est.
Stefa o Olivieri

esprime, invece, la “incontestabilità del rapporto obbligatorio tributario”

amministrativo di cui all’art. 11 Dlgs n. 374/19901.

Questa Corte ha infatti stabilito (Cass.

19915/06) che la elisione del procedimento amministrativo non porterebbe comunque alla
caducazione ipso iure della pretesa impositiva non essendo rinvenibile nell’ordinamento il diritto
soggettivo del contribuente ad un previo procedimento amministrativo interno ed al compiuto
svolgimento delle sue fasi restando sempre “eventuale” l’instaurazione della controversia

doganale e riservato all’operatore di adire l’autorità giudiziaria per far valere in quella sede le

La “specialità” della disciplina normativa dell’accertamento doganale

-con

conseguente inapplicabilità dell’art. 12 della legge n. 212/2000- trova, peraltro, ulteriore

conferma nell’intervento legislativo, modificativo del comma 7 dell’articolo 12 dello
Statuto del contribuente, disposto con l’art. 1 co2 del decreto legge 24.1.2012 n. 1

conv. in legge 24.3.2012 n. 27 che ha eliminato ogni dubbio in proposito, aggiungendo
al predetto comma 7 dell’art. 12 della Legge n. 212/2000 un ulteriore periodo volto a
precisare definitivamente che il procedimento che regola gli accertamenti in materia
doganale è disciplinato in via esclusiva dall’art. 11 Dlgs 8.1.1990 n. 374 (“Per gli
accertamenti e le verifiche aventi ad oggetto i diritti doganali di cui all’art. 34 del Testo
unico delle disposizioni legislative in materia doganale approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973 n. 43, si applicano le disposizione dell’art.
11 del decreto legislativo 8 novembre 1990 n. 374”).
In conclusione, deve ritenersi che il sistema del TU n. 43/1973 , cui rinviava l’art. 11
Dlgs n. 374/1990 nel testo applicabile “ratione temporis”, realizzava, attraverso il
procedimento contenzioso amministrativo, una forma anticipata di contraddittorio pieno,
che, in seguito, è venuta ad essere sostituita da una diversa modalità di assicurazione
della garanzia del contraddittorio (assimilabile a quella già prevista dall’art. 12 comma 7 legge
n. 212/2000) ma soltanto a far data dalla entrata in vigore del
(art. 1 comma 1)

DL 24 gennaio 2012 n. 1

convertito nella legge 24.3.2012 n. 44 che ha introdotto il comma 4 bis

all’articolo 11 Dlgs n. 374/1990, prevedendo che in caso di “revisione di ufficio”, ovvero
all’esito di “accessi — ispezione – verifiche”, all’operatore deve essere, rispettivamente,
notificata ovvero consegnata “copia del verbale delle operazioni compiute”: dalla data
della ricezione della notifica o dalla data della consegna decorre il termine di gg. 30
14
RG n. 19878/2012
Ag.Dogane c/Filotrade s.r.l.

ns. est.
St

ieri

proprie ragioni a garanzia di una tutela immediata della sfera dei proprio diritti”).

entro il quale l’operatore interessato “può comunicare osservazioni e richieste

che

sono valutate dall’Ufficio doganale prima della notifica dell’avviso di cui al successivo
comma 5” (e cioè della notifica avviso di rettifica), intervento normativo che è stato
successivamente completato dall’art. 12 comma 1 del decreto legge 2.3.2012 n. 16
conv. in legge 26.4.2012 n. 27 (recante “disposizioni urgenti in materia di semplificazioni
tributarie, di efficienza e potenziamento delle procedure di accertamento”) con l’abrogazione del

eliminazione del sistema dei ricorsi amministrativi contenziosi in materia doganale.

2.5 Risulta dunque infondata la censura laddove intenderebbe desumere una ipotetica
incompatibilità tra la disciplina normativa nazionale (art. 11 Dlgs n. 374/1990) e la
pronuncia interpretativa resa in sede di rinvio pregiudiziale dalla Corte di Lussemburgo
in data 18.12.2008 causa C-349/07, considerato che la prima già prevedeva una forma di
garanzia del contraddittorio anticipato con l’operatore doganale.

2.6 Nel caso di specie, peraltro, la fase procedimentale del contraddittorio anticipato è
stata comunque assicurata.
Risulta dagli atti, infatti, che il provvedimento impositivo è stato adottato in esito
alle verifiche eseguite dalla Guardia di Finanza nei confronti di Filotrade s.r.l. i cui
risultati sono stati compendiati nel PVC in data 9.2.2006, consegnato alla parte
contribuente (come prescritto all’art. 52co4 Dpr n. 633/1972 al quale rinvia l’art. 11co4 Dlgs n.
374/1990 nel testo vigente “ratione temporis”).

Ne segue che, all’esito della verifica fiscale,

la società contribuente è stata comunque messa in grado di esercitare il dritto di difesa
(anche ai sensi dell’art. 12 comma 4 e 7 della legge n. 212/2000),

bene avendo potuto

presentare osservazioni e formulare rilievi nel corso ed al termine delle operazioni di
indagine condotte nei suoi confronti. In proposito la società ricorrente si è limitata
soltanto ad ipotizzare un difetto di instaurazione del contraddittorio in relazione alle
indagini eseguite dalla Guardia di Finanza nei confronti della società “capogruppo”
EUROMEAT s.p.a. (oggetto del PVC in data 27.10.2005) : ma se, per un verso, non
15
RG n. 19878/2012
ric. Ag.Dogane c/Filotrade s.r.l.

Cons.
Stefano Yivieri

comma 7 e parzialmente del comma 6 dell’art. 11 del Dlgs n. 374/1990 e la conseguente

risulta allegato in concreto alcuno specifico pregiudizio al diritto di difesa, non avendo la
società indicato quali elementi di conoscenza dei fatti impositivi non le sarebbero stati
comunicati all’esito delle indagini fiscali, né quali rilievi o nuovi elementi di difesa
avrebbe potuto preventivamente fornire alla Amministrazione doganale, dall’altro verso
la stessa parte ricorrente ha del tutto omesso di riferire se e quali determinanti elementi,
di fatto o di diritto, relativi alle indagini e verifiche condotte dai verbalizzanti nei

essa consegnato, e siano stati, invece, “a sorpresa” posti a fondamento della pretesa
fiscale, senza che essa abbia potuto previamente prenderne conoscenza al fine di
esercitare il contraddittorio e spiegare le proprie difese (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza n.
6621 del 15/03/2013 in ordine alla natura sostanziale e non meramente formale del pregiudizio che
deve essere conseguito alla lesione del contraddittorio anticipato, in quanto tale suscettibile di
determinare l’annullamento dell’avviso di rettifica doganale).

Nè assume rilievo, al riguardo,

la mancata partecipazione della società contribuente alle attività di verifica svolte nei
confronti della “capogruppo” EUROMEAT s.p.a.. La netta distinzione tra la “fase delle
indagini istruttorie” e la ‘fase del contraddittorio” con il contribuente, è stata
chiaramente messa in evidenza dalla stessa Corte di Giustizia con la sentenza
22.10.2013 causa C-276/12, Sabou, laddove -con riferimento alla acquisizione da parte delle
autorità fiscali di informative rese mediante audizione di terzi residenti in altro Stato membro-

ha

affermato in modo inequivoco che “il rispetto dei diritti di difesa del contribuente, non
esige la partecipazione di quest’ultimo alla richiesta di informazioni inoltrata dallo
Stato membro richiedente allo Stato membro richiesto. Esso non esige nemmeno che il
contribuente sia sentito nel momento in cui le ricerche che possono includere
l’audizione di testimoni sono effettuate nello Stato membro richiesto, nè prima che
quest’ultimo trasmetta informazioni allo Stato membro richiedente”, rimanendo quindi
esclusa la configurabilità di un diritto del contribuente ad essere informato della richiesta
di acquisizione dati , od a partecipare alla formulazione della domanda di assistenza
rivolta allo Stato membro richiesto , o ancora alla audizione dei testi assunti a verbale
delle autorità dello Stato membro richiesto (sent. cit. punti 40-46).
16
RG n. 19878/2012
ric. Ag.Dogane c/Filotrade s.r.l.

Con est.
Stefan Olivieri

confronti della società “capogruppo”, non siano stati trasfusi nel verbale di verifica ad

Pertanto se la doglianza della ricorrente incidentale deve ritenersi -evidentementeinfondata, ove volta a lamentare una mancata partecipazione della società “collegata”
alle indagini svolte nei confronti della società “capogruppo” (esulando del tutto tale
partecipazione istruttoria dalla ‘fase del contraddittorio” ), osserva il Collegio che la censura

mossa al Giudice di appello appare d’altra parte gravemente carente in ordine al
requisito di autosufficienza, laddove fosse intesa a contestare la mancata preventiva

fiscale rivolta nei confronti della “collegata”, non essendo stato neppure indicato
l’elemento di indagine determinante del quale la società contribuente non avrebbe avuto
preventiva contezza, nè tanto meno il pregiudizio subito all’esercizio preventivo del
diritto di difesa.
Rileva, inoltre, il Collegio, costituire dato di fatto acquisito ed incontestato nel
processo che l’attività di indagine della Guardia di Finanza ha dato luogo alla
trasmissione di “notitia criminis” ed all’inizio del procedimento penale, per reato di
contrabbando, nei confronti di amministratori e di rappresentanti legali delle società del
Gruppo avanti il Tribunale Ordinario di Piacenza: tanto è sufficiente ad escludere la
necessità di un autonomo formale procedimento volto alla anticipazione del
contraddittorio con il contribuente, atteso il principio di diritto affermato da questa Corte
secondo cui, nel caso di fatti generatori di imposta per i quali si proceda penalmente,
l’Amministrazione fmanziaria non è tenuta a seguire il procedimento disciplinato
dall’art. 11 comma 5 ss., Dlgs n. 374/1990, in quanto le esigenze di garanzia del
contraddittorio e di esercizio del diritto di difesa del contribuente ricevono assicurazione,
nella massima pienezza, dalle norme processuali penali (cfr. Corte cass. Sez. 5, Sentenza
n. 20361 del 20/09/2006; id. Sez. 5, Sentenza n. 7836 del 31/03/2010; id. Sez. 5, Sentenza n. 4510
del 21/03/2012).

3.

In conclusione, accolto il ricorso principale e rigettato il ricorso incidentale, la

sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa alla Commissione
tributaria della regione Liguria, in altra composizione, affinchè proceda a nuovo esame
17
RG n. 19878/2012
ric. Ag.Dogane c/Filotrade s.r.l.

ns. est.
Ste no Olivieri
i

conoscenza di ipotetici presupposti in fatto ritenuti determinanti per fondare la pretesa

emendando i vizi logici riscontrati e liquidando all’esito anche le spese del presente
giudizio.

P.Q.M.
La Corte :
accoglie il ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e

affinchè proceda a nuovo esame emendando i vizi logici riscontrati e liquidando all’esito
anche le spese del presente giudizio.

Così deciso nella camera di consiglio 25.2.2014

rinvia la causa alla Commissione tributaria della regione Liguria, in altra composizione,

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