Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1007 del 17/01/2011

Cassazione civile sez. II, 17/01/2011, (ud. 07/10/2010, dep. 17/01/2011), n.1007

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

L.D., rappresentato e difeso, per procura speciale a

margine del ricorso, dagli Avvocati Bruyere Gabriele e Lojacono Maria

Teresa Romagnoli, elettivamente domiciliato presso lo studio di

quest’ultima in Roma, via Livio Andronico n. 24;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO DI VIA (OMISSIS), in persona

dell’amministratore pro-tempore, rappresentato e difeso, per procura

speciale in calce al controricorso, dagli Avvocati Fogliano Carlo e

Romanelli Guido, elettivamente domiciliato presso lo studio di

quest’ultimo in Roma, via Pacuvio n. 34;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Torino n. 364/08,

depositata in data 17 marzo 2008.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7

ottobre dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito, per il resistente, l’Avvocato Guido Romanelli;

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Leccisi Giampaolo, il quale nulla ha osservato in ordine alla

relazione ex art. 380-bis cod. proc. civ..

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che, con sentenza depositata il 17 marzo 2008, la Corte d’appello di Torino ha rigettato il gravame interposto da L. D. avverso la sentenza del Tribunale di Torino che aveva respinto la domanda dal medesimo proposta nei confronti del Condominio di via (OMISSIS), di annullamento o di dichiarazione della nullità della delibera adottata dall’assemblea condominiale il 7 ottobre 2002, nella parte relativa alla disposta sostituzione degli infissi delle scale con infissi in alluminio anodizzato;

che la Corte d’appello, sulla scorta delle risultanze della c.t.u.

espletata nel corso del giudizio di primo grado, ha escluso che le opere realizzate in attuazione della indicata delibera integrassero delle innovazioni, ai sensi dell’art. 1120 cod. civ., per le quali era necessaria una maggioranza superiore a quella che aveva approvato la delibera, ed ha altresì escluso che la effettuata sostituzione alterasse il decoro architettonico dell’edificio;

che il L. propone tre motivi di ricorso, cui resiste, con controricorso il condominio intimato;

che, con il primo motivo, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 1120 cod. civ., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5;

che, ad avviso del ricorrente, l’intervenuta sostituzione avrebbe alterato il decoro architettonico dell’edificio, ancorchè si trattava di edificio popolare, il cui unico pregio era costituito proprio dalla presenza di infissi in ferro denominati “all’inglesina”;

che, a conclusione del motivo, il ricorrente formula il seguente quesito di diritto: “se costituisce violazione dell’art. 1120 cod. civ. l’alterazione del decoro architettonico che non rispetta la simmetria, l’estetica o l’architettura originaria in generale dello stabile anche popolare, essendo l’estetica del fabbricato, anche di tipo popolare, data dall’insieme delle linee e delle strutture ornamentali che ne costituiscono la nota dominante imprimendo alle varie parti dell’edificio, nonchè l’edificio nel suo insieme, una determinata armonica fisionomia”;

che, con il secondo motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 1121 cod. civ. e art. 360 c.p.c., n. 5;

che, sostiene il ricorrente, la Corte d’appello non avrebbe dato risposta all’altro motivo di gravame, attinente alla voluttuarietà della spesa;

che, in proposito, il ricorrente formula il seguente quesito di diritto: “Se l’omissione di decisione su una specifica domanda e su uno specifico motivo di appello, costituisce violazione dell’art. 112 c.p.c.”;

che, con il terzo motivo, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 1121 cod. civ. e art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

che, ad avviso del ricorrente, sarebbe rimasta del tutto sfornito di prova il fatto che fosse necessario sostituire gli infissi;

che il motivo si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto: “se ai fini dell’onere della prova di cui all’art. 2697 cod. civ. sia sufficiente la sola valutazione di uno o più testi sulla necessità di eseguire un’opera, non essendo demandabile ai testi alcuna valutazione”;

che essendosi ritenute sussistenti le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380-bis cod. proc. civ., ai sensi di tale norma è stata redatta relazione, che è stata notificata alle parti e comunicata al pubblico ministero.

Considerato che il relatore designato, nella relazione depositata il 17 giugno 2010, ha formulato la seguente proposta di decisione:

“(…) Sussistono le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio essendo i motivi nei quali esso si articola inammissibili o manifestamente infondati.

Il primo motivo è manifestamente infondato, dal momento che la Corte d’appello ha fatto corretta applicazione dei principi enunciati in tema di innovazioni dalla giurisprudenza di legittimità ed ha, con motivazione adeguata e immune da vizi logici e giuridici, escluso che l’intervenuta sostituzione alterasse il decoro architettonico dell’edificio. A fronte della motivazione della sentenza impugnata, le censure del ricorrente, lungi dall’enucleare specifici vizi o illogicità della motivazione, si risolvono in realtà nella sollecitazione di un diverso accertamento di fatto in ordine alla questione dell’alterazione del decoro architettonico. Il secondo motivo è inammissibile, in quanto l’omessa pronuncia può essere denunciata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 112 cod. proc. civ., e non già come vizio di omessa motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Peraltro, il motivo si rivela del tutto generico, giacchè non viene riprodotto il testo della censura proposta in primo grado, e in particolare si deduce una voluttuarietà della spesa del tutto svincolata da parametri monetati tali da illustrare la censura e da dare ad essa concretezza.

Anche il terzo motivo è inammissibile, in quanto non risulta dalla sentenza impugnata, e il ricorrente non afferma di avere dedotto, con uno specifico motivo di gravame sul punto, che nel giudizio di appello fu posta in discussione la necessità dell’intervento di sostituzione degli infissi. Inoltre, il ricorrente ha ritenuto insufficienti a fornire la prova di detta necessità le deposizioni di due testi, ma, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, ha omesso completamente di riportarne il contenuto.

In conclusione, il ricorso appare manifestamente infondato”;

che il Collegio condivide la richiamata proposta di decisione, alla quale non sono state rivolte critiche di sorta;

che il ricorso va quindi dichiarato inammissibile;

che, in applicazione del principio della soccombenza, il ricorrente deve essere condannato alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 1.400,00, di cui Euro 1.200,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 7 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2011

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