Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1007 del 16/01/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 1007 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: PETITTI STEFANO

Pinto

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (80184430587), in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura Gene-

rale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;

ricorrente

contro
COMUNE DI STALETTII, in persona del Sindaco pro tempore;

intimato

avverso il decreto della Corte d’appello di Salerno, depositato in data 5 ottobre 2011 (R.G. n. 660 del 2010).

Data pubblicazione: 16/01/2013

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 6 novembre 2012 dal Consigliere relatore Dott. Stefano
Petitti;
sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Gene-

del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 28 giugno 2010 presso la Corte
d’appello di Salerno, il Comune di Stalettì ha proposto, ai
sensi della legge n. 89 del 2001, domanda di equa riparazione
del danno non patrimoniale sofferto a causa della non ragionevole durata del giudizio avente ad oggetto la domanda rivolta
nei suoi confronti volta ad pagamento della indennità di occupazione per pubblica utilità e il risarcimento del danno; giudizio iniziato con citazione notificata il 3 agosto 2000 e deciso con sentenza del 23 luglio 2009.
L’adita Corte d’appello ha disatteso la deduzione
dell’amministrazione intimata con la quale veniva eccepito il
difetto di legittimazione attiva del Comune in ordine ad una
domanda ai sensi della legge n. 89 del 2001, e ha ritenuto che
il giudizio presupposto avesse avuto una durata irragionevole
di cinque anni e undici mesi; ha pertanto condannato il Ministero della giustizia al pagamento dell’indennizzo quantificato, sulla base del parametro di 1.000,00 euro per anno di ri-

– 2 –

rale Dott. Antonietta Carestia, che ha chiesto l’accoglimento

tardo, nella somma di euro 5.916,00, oltre interessi legali
dalla domanda al soddisfo.
Per la cassazione di questo decreto ha proposto ricorso il
Ministero della giustizia sulla base di un motivo; l’intimato

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo del ricorso l’amministrazione ricorrente
denuncia violazione dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001 e
degli artt. 6, par. 1, e 34 della CEDU, nonché dell’art. 99
cod. proc. civ. Il ricorrente deduce che la Corte d’appello,
accogliendo la domanda di equa riparazione proposta da un ente
pubblico, avrebbe violato le citate disposizioni, dalle quali,
e in particolare dall’ultima, deriverebbe che soggetti legittimati a proporre il ricorso individuale per equa riparazione
sono esclusivamente “le persone fisiche, i gruppi di individui
e /e

organizzazioni non governative”,

queste ultime dovendo

definirsi come le formazioni sociali, regolarmente costituite
secondo il diritto interno, che non detengano e/o esercitino
un pubblico potere.
Il ricorso è fondato.
Occorre premettere che, alla stregua della regola di conformazione stabilita dalla giurisprudenza di questa Corte in
considerazione della coincidenza dell’area di operatività della legge n.89 del 2001 con l’area delle garanzie assicurate
dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle liber-

– 3 –

Comune non ha svolto attività difensiva.

tà fondamentali, il giudice nazionale deve, per quanto possibile, interpretare ed applicare il diritto interno conformemente alla Convenzione ed alla giurisprudenza della Corte di
Strasburgo (Cass., S.U., n.1340 del 2004; Cass. n.21403 del

In tal senso, ai fini della determinazione dei soggetti aventi diritto all’equa riparazione, l’espressione
nell’art.2, comma 1, della legge n. 89 del 2001

contenuta

(“Chi ha subi-

to un danno patrimoniale o non patrimoniale per effetto di
violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi
della legge 4 agosto 1955, n. 848, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole…”) può e deve essere interpretata restrittivamente alla luce del disposto dell’art.
34 della C.E.D.U. sopra evidenziato, che inequivocamente esclude dal novero

degli

aventi diritto gli enti pubblici, ed

in generale ogni ente o articolazione amministrativa pubblica
che, in quanto tale, detiene o esercita un pubblico potere
(così interpretata specularmente l’espressione

“organizzazioni

non governative”) .
Tale interpretazione della norma interna, in applicazione
della richiamata regola di conformazione, non risulta in contrasto né con il testo della norma stessa né con principi fondamentali dell’ordinamento interno, segnatamente con l’art.
111, secondo comma, Cost., non apparendo destinata ad esclude-

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2005; Cass. n. 13657 del 2007; Cass. n. 2371 del 2011).

re i processi dei quali sia parte un ente pubblico dalla applicazione dei principi fondamentali fissati in tale norma,
bensì piuttosto a limitare l’ambito di applicazione delle garanzie assicurate dalla Convenzione europea dei diritti

operatività della legge n. 89 del 2001 – ai rapporti tra le
persone, individualmente o nelle formazioni collettive da essi
costituite secondo legge, con i diversi poteri statali e pubblici in genere, escludendo da tale ambito i rapporti tra i
poteri pubblici.
In proposito, si deve quindi affermare il seguente principio di diritto: «il procedimento di cui alla legge n. 89 del
2001 non può essere promosso dagli enti – quali i Comuni che, ai sensi dell’art. 34 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, non sono qualificabili come “organizzazioni non governative”, trattandosi di
enti che detengono o esercitano un pubblico potere».
Il decreto impugnato si discosta da tale principio e va
quindi cassato.
Non essendo, peraltro, necessari ulteriori accertamenti di
fatto, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 cod.
proc. civ. con il rigetto della domanda proposta dal Comune di
Stalettì, che, non rientrando tra le organizzazioni non governative, non è abilitato a proporre nei confronti dello Stato

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dell’uomo e delle libertà fondamentali – e quindi l’area di

la domanda di equa riparazione per la irragionevole durata di
un processo del quale sia stato o sia parte.
La novità della questione giustifica la compensazione tra
le parti delle spese di entrambi i gradi del giudizio.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e,
decidendo nel merito, rigetta la domanda di equa riparazione
proposta dal Comune di Staletti; compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta
Sezione Civile della Corte suprema di Cassazione, il 6 novembre 2012.

PER QUESTI MOTIVI

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