Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10068 del 09/05/2011

Cassazione civile sez. un., 09/05/2011, (ud. 05/04/2011, dep. 09/05/2011), n.10068

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo presidente f.f. –

Dott. DE LUCA Michele – Presidente di sezione –

Dott. FIORETTI Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

BANCA NUOVA S.P.A. – GRUPPO BANCA POPOLARE DI VIGENZA, in persona del

Direttore generale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZALE CLODIO 8, presso lo studio dell’avvocato STERI STEFANIA,

rappresentata e difesa dall’avvocato CAPPELLANO SEMINARA GAETANO, per

delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

ASSIFIN ITALIA S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. BAZZONI 3, presso

lo studio dell’avvocato PAOLETTI FABRIZIO, rappresentata e difesa

dall’avvocato RUBINO GIROLAMO, per delega a margine del controricorso

e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

GESIP S.P.A.;

– intimata –

avverso la decisione n. 116/2010 del CONSIGLIO DI GIUSTIZIA

AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA -PALERMO, depositata il

04/02/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/04/2011 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA FIORETTI;

udito l’Avvocato Fabrizio PAOLETTI per delega dell’avvocato Girolamo

Rubino;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale, assorbimento dell’incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Assifin Italia s.r.l. sin dal febbraio 2003 aveva chiesto ripetutamente alla Gesip s.p.a. di stipulare una convenzione finalizzata alla concessione di finanziamenti ai suoi dipendenti contro cessione del quinto dello stipendio. Essendo venuta a conoscenza che la Gesip, in data 10.9.2003, aveva stipulato siffatta convenzione con la Banca Nuova s.p.a., asserendo che la Gesip s.p.a.

fosse assimilabile ad un soggetto di diritto pubblico, con ricorso, notificato il 21.11.2003, impugnava la nota prot. N. 1374/MLF/pc dell’11.11.2003, nonchè la convenzione, stipulata con la Banca summenzionata, dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, sede di Palermo, chiedendo l’annullamento di dette nota e convenzione, nonchè la condanna della Gesip s.p.a. al risarcimento del danno per violazione delle disposizioni di cui alla L. n. 241 del 1990, artt. 3 e 6 e per essere incorsa nel vizio di eccesso di potere. Deduceva al riguardo: che la società evocata in giudizio è una società mista, interamente partecipata da Enti pubblici ed, in particolare, dal Comune di Palermo e dalla Italia Lavoro s.p.a.; che ha per oggetto sociale l’erogazione di servizi in favore del Comune di Palermo, per il quale svolge le attività di custodia e pulizia degli immobili comunali; che la stessa, in considerazione delle finalità statutarie, consistenti nella prestazione di servizi pubblici strumentali, avrebbe dovuto utilizzare le procedure di scelta del contraente previste per la pubblica amministrazione e, quindi, espletare un’adeguata istruttoria, eseguire una valutazione comparativa delle proposte contrattuali pervenute e dare una congrua motivazione delle scelte operate, adempimenti questi mai espletati.

La Banca Nuova s.p.a. e la Gesip s.p.a., nel costituirsi in giudizio, eccepivano il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. Il Tribunale Amministrativo Regionale adito, decidendo il merito della controversia, e, quindi, implicitamente rigettando la eccezione di difetto di giurisdizione, annullava la menzionata convenzione.

Sia Banca Nuova s.p.a. che Gesip s.p.a., proponendo nuovamente la eccezione di difetto di giurisdizione, hanno impugnato tale decisione dinanzi al Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana, che ha respinto il gravame.

Banca Nuova s.p.a. ha impugnato detta decisione ai sensi dell’art 111 Cost., comma 8, e dell’art. 362 c.p.c., comma 1, dinanzi alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. La Assifin Italia s.r.l. ha resistito con controricorso proponendo a sua volta ricorso incidentale. L’altra intimata Gesip s.p.a. non ha spiegato difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deduce la ricorrente che, contrariamente a quanto ritenuto dal Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana, la Gesip s.p.a. non potrebbe essere ritenuta un organismo di diritto pubblico, atteso che:

1) è una società per azioni costituita in regime di diritto privato (ai sensi della L. 8 giugno 1990, n. 142, art. 22, comma 3, lett. e) oggi trasfusa nella corrispondente disposizione del D.Lgs. 18 giugno 2000, n. 267, art. 113, lett. e); la sua natura privatistica non risulterebbe alterata per il fatto che è interamente partecipata da capitale pubblico, non essendo disciplinata da regole di organizzazione o di funzionamento che incidono sul modello societario tipico, dato che il Comune di Palermo e la Italia Lavoro s.p.a., che ne detengono l’intero capitale, non sono, per statuto o per legge, in alcun modo facultati ad esercitare poteri autoritativi o discrezionali che possano interferire sullo svolgimento del rapporto di servizio o sull’attività dalla stessa espletata, che risulta convenzionalmente regolata; la Gesip s.p.a. non è in alcun modo dotata di poteri autoritativi;

2) la convenzione, impugnata dinanzi al giudice amministrativo non avrebbe costituito alcun rapporto contrattuale fra Gesip e Banca Nuova, atteso che la prima interviene nella vicenda esclusivamente come terzo debitore (ceduto), che di volta in volta assume, per effetto della cessione del quinto della retribuzione effettuata dai propri dipendenti, nell’ambito dell’autonomo rapporto di mutuo costituito dagli stessi con la Banca finanziatrice, l’onere di provvedere ad operare le ritenute sulle retribuzioni spettanti ai dipendenti ed al versamento delle stesse alla Banca mutuante.

Nè detta convenzione avrebbe dato luogo ad un qualche rapporto di appalto di qualsivoglia genere, pubblico o privato, che potrebbe dar luogo alla applicazione della disciplina dettata per le procedure di aggiudicazione in ambito comunitario degli appalti pubblici di lavori.

Detta convenzione, che costituirebbe un negozio a carattere normativo, non conterrebbe, peraltro, la previsione di un qualche corrispettivo e, quindi, un qualche valore che potrebbe, con riferimento al valore soglia, portare ad includere il contratto fra quelli aventi rilevanza comunitaria, con conseguente applicazione della relativa disciplina;

3) la Gesip non perseguirebbe lo scopo di soddisfare esigenze di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale, perchè i servizi dalla stessa espletati vengono resi a favore del Comune di Palermo e consistono esclusivamente nella custodia e pulizia di immobili comunali; trattandosi di prestazioni strumentali, non dirette al soddisfacimento del pubblico degli utenti, non rientrerebbero nella categoria dei pubblici servizi.

Inoltre la convenzione, di cui sopra, non rientrerebbe nell’ambito di operatività della Gesip non costituendo espressione od esplicazione del suo oggetto sociale, delle finalità perseguite o dell’attività in concreto svolta, vale a dire sarebbe estranea al settore in cui detto soggetto opera in modo funzionalizzato, e non esprime alcun valore che consenta di collocarla al di sopra del limite soglia, sicchè la stessa costituirebbe esplicazione di autonomia negoziale in posizione di parità tra le parti, per cui non avrebbe alcuna valenza ai fini dell’applicazione della normativa comunitaria.

Pertanto, secondo il ricorrente, sarebbe del tutto inconferente, al fine di ritenere sussistente la propria giurisdizione, il richiamo dei giudici amministrativi alla abrogata L. n. 109 del 1994 (legge quadro in materia di lavori pubblici) ed al D.Lgs. n. 163 del 2006 (codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), che l’ha sostituita, com’anche il richiamo alla normativa concernente i finanziamenti contro cessione del quinto dello stipendio, non risultando applicabili alla Gesip s.p.a..

In particolare il D.P.R. n. 180 del 1950 ed il relativo regolamento di esecuzione (D.P.R. n. 895 del 1950), non sarebbero applicabili a detta società, non essendo questa concessionaria di alcun servizio pubblico di comunicazioni o di trasporto e non essendo neppure assimilabile agli altri soggetti (pubblici) indicati nella richiamata normativa.

Con il ricorso incidentale la Assifin Italia s.r.l. denuncia violazione e falsa applicazione del R.D. n. 642 del 1907, artt. 26 e 27 (nonchè del R.D. n. 1054 del 1924, art. 44). Violazione e falsa applicazione degli artt. 1226 e 2056 c.c., per avere il giudice d’appello rigettato la richiesta risarcitoria formulata dalla stessa.

Detto giudice avrebbe violato il R.D. n. 642 del 1907, artt. 26 e 27 nonchè il R.D. n. 1054 del 1924, art. 44 avendo ritenuto erroneamente, con riferimento all’azione risarcitoria, di non esercitare in alcun modo i poteri istruttori attribuitigli dall’ordinamento, atteso che il solo annullamento della convenzione, di cui sopra, non potrebbe determinare il venir meno del nocumento patrimoniale originato dalla sottoscrizione dei contratti di finanziamento conclusi da Banca Nuova s.p.a. con i dipendenti della Gesip s.p.a. durante il periodo di validità della convenzione, poi annullata dal giudice di primo grado. Secondo la ricorrente, in sintesi, non sussisterebbe, nel caso di specie, la giurisdizione del giudice amministrativo perchè:

1) la Gesip s.p.a. non potrebbe essere qualificata quale organismo di diritto pubblico e, quindi, rientrare tra le amministrazioni aggiudicatrici e come tali tenute a rispettare le procedure di evidenza pubblica;

2) la convenzione intervenuta tra la Gesip s.p.a. e la Banca Nuova s.p.a., in quanto non contenente la previsione di un qualche corrispettivo, sarebbe un contratto caratterizzato dalla gratuità e, comunque, non configurabile come contratto di appalto;

3) si tratterebbe di un contratto estraneo all’oggetto sociale della Gesip s.p.a.;

4) in ogni caso, in mancanza della previsione di un corrispettivo, si porrebbe al di sotto del valore soglia, per cui non potrebbe essere incluso tra quelli aventi rilevanza comunitaria, con conseguente applicazione della relativa disciplina. Con riferimento alla questione di cui al punto 1) il collegio osserva. La nozione di organismo pubblico è di origine comunitaria. L’art. 1, lett. b) della direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, relativa al coordinamento delle procedure degli appalti pubblici di servizi stabilisce che per “organismo di diritto pubblico si intende qualsiasi organismo: – istituito per soddisfare specificamente bisogni di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale e avente personalità giuridica e la cui attività è finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti locali o da organismi di diritto pubblico, oppure la cui gestione è soggetta al controllo di quest’ultimi, oppure il cui organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza è costituito da membri più della metà dei quali è designata dallo Stato dagli enti locali o da altri organismi di diritto pubblico”. – Tale nozione è stata recepita nel nostro ordinamento giuridico dal D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 65, art. 2 (che ha sostituito il D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 157, art. 2) ed, infine, dal D.Lgs. 17 aprile 2006, n. 163, art. 3, comma 26, (codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), il quale fornisce dell’organismo di diritto pubblico tale definizione -.”L’organismo di diritto pubblico è qualsiasi organismo, anche in forma societaria: -istituito per soddisfare specifiche esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale;

– -dotato di personalità giuridica;

– – la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di quest’ultimi oppure il cui organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico.”.

Dalla disposizione che precede si evince che una società può qualificarsi quale organismo di diritto pubblico se soddisfa tre condizioni:

1) è stata istituita per soddisfare specifiche esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale;

2) è dotata di personalità giuridica;

3) la sua attività è finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure (alternativamente) la cui gestione è soggetta al controllo di questi ultimi oppure (alternativamente) il cui organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico.

Dette tre condizioni devono sussistere cumulativamente (v. sentenza 15 gennaio 1998, causa C-44/96, Mannesman Anlagenbau Austria e a.) Per quanto riguarda la condizione di cui al punto 1) le normative europee non indicano i criteri per stabilire quando una specifica esigenza di carattere generale abbia carattere non industriale o commerciale. Il diritto comunitario, omettendo di fornire i criteri per stabilire quando ricorra la condizione in esame, rimette agli organi giurisdizionali dei singoli Stati stabilire quando ricorra tale condizione La Corte di Giustizia delle Comunità Europee, cui ai sensi dell’art. 234 CE era stata sottoposta una questione pregiudiziale vertente sull’interpretazione del menzionato art. 1, lett. b) della direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, relativa al coordinamento delle procedure degli appalti pubblici di servizi, ha fornito alcuni criteri interpretativi al fine di stabilire quando ricorra una esigenza di carattere generale avente carattere non industriale o commerciale (v. sentenza 10 novembre 1998, causa C-360/96, Gemeente Arnhem e Gemeente Rheden contro BFI Holding BV), precisando che la circostanza che l’organismo interessato agisca in situazione di concorrenza sul mercato può costituire un indizio a sostegno del fatto che non si tratti di un bisogno di interesse generale avente carattere non industriale o commerciale; che questi ultimi bisogni sono, di regola, soddisfatti in modo diverso dall’offerta dei beni o servizi sul mercato; che in linea generale presentano tale carattere quei bisogni al cui soddisfacimento, per motivi connessi all’interesse generale, lo Stato preferisce provvedere direttamente o con riguardo ai quali intende mantenere una influenza determinante.

In altre sentenze la Corte di giustizia ribadisce tali criteri affermando che spetta al giudice nazionale valutare l’esistenza o meno di un bisogno avente carattere non industriale o commerciale tenendo conto degli elementi giuridici e fattuali pertinenti, quali le circostanze che hanno presieduto alla creazione dell’organismo considerato e le condizioni in cui quest’ultimo esercita la sua attività, ivi compresa, in particolare, la mancanza di concorrenza sul mercato, la mancanza del perseguimento di uno scopo di lucro a titolo principale, la mancanza di assunzione di rischi collegati a tale attività nonchè il finanziamento pubblico eventuale dell’attività in questione (v. sentenza n. 373 del 27.2.2003 causa C- 373/00; vedi altresì cass. sez. un. n. 8225 del 2010). Nel caso che ne occupa la Gesip s.p.a. è soggetto dotato di personalità giuridica; è sottoposto alla influenza dominante di soggetti pubblici (Comune di Palermo e Ministero del Lavoro), atteso che il capitale è interamente posseduto da enti pubblici (le azioni della Gesip sono di proprietà per il 51% del Comune di Palermo e per il restante 49% di “Italia Lavoro s.p.a). La Gesip è, in particolare, una delle società miste costituite da “Italia Lavoro s.p.a.” (che è l’Agenzia del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, istituita ai sensi della L. n. 448 del 2001, le cui azioni sono totalmente possedute dal Ministero dell’Economia e delle Finanze).

Con riferimento al requisito del perseguimento di specifiche finalità di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale il collegio osserva.

Come risulta dall’art. 3 dello statuto della Gesip s.p.a., questa si occupa “della gestione dei servizi pubblici locali di pulizia, manutenzione, custodia e gestione di impianti e presidi di aree, come affidati direttamente dal Comune di Palermo, con particolare riguardo…agli immobili in uso o in proprietà del Comune: uffici comunali, asili nido, scuole e direzioni didattiche, impianti sportivi, aree verdi, parchi e verde attrezzato, aree cimiteriali etc.”.

Dalla L. n. 448 del 2001, art. 30 si evince che il Ministero del Lavoro si avvale di “Italia Lavoro s.p.a. (che detiene il 49% delle azioni della Gesip) per la promozione e la gestione nel campo delle politiche attive del lavoro e dell’assistenza tecnica ai servizi per l’impiego ed assegna direttamente a detta società (attribuzione da effettuarsi con provvedimento amministrativo) funzioni, servizi e risorse relative a tali compiti.

La partecipazione azionaria nella misura del 49% dì Italia Lavoro s.p.a, indica chiaramente che la Gesip è stata istituita in attuazione delle politiche sociali per la promozione del lavoro. La surriportata clausola dello statuto indica, poi, che la Gesip non opera in ambiente concorrenziale essendo il solo soggetto di cui il Comune di Palermo si avvale per la prestazione dei servizi summenzionati. Le ragioni che hanno presieduto alla creazione della Gesip s.p.a. e le condizioni in cui quest’ultima esercita la sua attività, portano a concludere che essa è stata istituita per soddisfare esigenze di carattere generale aventi carattere non industriale o commerciale.

Detto organismo soddisfa, quindi, tutte e tre le condizioni sopra indicate perchè possa essere ritenuto, come giustamente fatto dal giudice a quo, un organismo di diritto pubblico, come tale rientrante tra le amministrazioni aggiudicatrici, che, com’è noto, sono tenute, nella scelta del contraente, sia al rispetto della normativa comunitaria che al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale.

Passando alla seconda censura con la quale si sostiene che la convenzione stipulata tra la Gesip s.p.a. e la Banca Nuova s.p.a.

sarebbe un contratto a titolo gratuito e comunque non sarebbe configurabile quale appalto, per cui non rientrerebbe nell’ambito di applicazione di detta normativa, il collegio osserva.

Come risulta dalla sentenza impugnata, la convenzione in parola prevede l’impegno, assunto dalla Banca Nuova s.p.a. nei confronti della Gesip, diretto ad assicurare determinate condizioni ai dipendenti della Gesip stessa, che intendano cedere il quinto del loro stipendio a fronte della concessione di finanziamenti loro erogati dall’istituto di credito, e disciplina, inoltre, alcune modalità operative del rapporto creditorio tra la Gesip e l’istituto bancario, essendo tenuta la prima ad effettuare la trattenuta del quinto della retribuzione del dipendente ed a versarla direttamente alla banca.

Come correttamente ritenuto dal giudice amministrativo, detta convenzione costituisce un contratto normativo a favore di terzi, con il quale Banca Nuova s.p.a. e Gesip, hanno concordato i contenuto essenziale dei futuri contratti di finanziamento, che sarebbero stati stipulati da Banca Nuova s.p.a. direttamente con i dipendenti della Gesip e correlati al quinto dello stipendio.

Anche se detto contratto non prevede alcun compenso per la Gesip, non per questo può dirsi un contratto a titolo gratuito, atteso che la onerosità, riguardo a prestazioni di finanziamento, va stabilita con riguardo al prestatore del servizio e, quindi, al fatto che questo, effettuato il finanziamento, ha diritto alla percezioni di interessi sulla somma mutuata.

Il rapporto contrattuale in esame, pertanto, non può ritenersi estraneo, come giustamente affermato dal giudice a quo, alla sfera di applicazione della disciplina comunitaria, quanto meno ai principi generali del Trattato dell’Unione Europea e sanciti reiteratamente dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, proporzionalità.

Tali principi devono trovare applicazione non soltanto per i contratti pubblici che rientrano nell’ambito della disciplina delle direttive comunitarie in materia, ma anche in quelle fattispecie che, avendo ad oggetto prestazioni di attività economiche e costituendo, quindi, un’occasione di guadagno , sono tali da suscitare l’interesse concorrenziale delle imprese e dei professionisti (v. sentenza della Corte di Giustizia del 7 dicembre 2000 nel procedimento C-324/98, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte a norma dell’art. 177 del Trattato Ce – divenuto art. 234 CE, dal Bundsvergabeamt – Austria – nella causa dinanzi allo stesso pendente tra Teleaustria Verlags Gmbh, Telefonandres Gmbh e Telekom Austria AG, in cui si è affermato che anche se il contratto oggetto di tale giudizio è escluso dalla sfera di applicazione della direttiva 93/38/CEE in tema di concessione di pubblico servizio, gli enti aggiudicatori che lo hanno stipulato “sono cionondimeno tenuti a rispettare i principi fondamentali del Trattato…………”. Vedi in tal senso anche Comunicazione interpretativa della Commissione sulle concessioni nel diritto comunitario del 12 aprile 2000, pubblicata in G.U.C.E. n. C 121 del 29.4.2000). Comunque ritiene il collegio che la convenzione in questione, – in quanto stabilisce il contenuto essenziale dei futuri ed eventuali contratti di mutuo da stipularsi tra la Banca Nuova s.p.a. ed i dipendenti della Gesip, ai quali non può considerarsi estranea la Gesip s.p.a., avendo questa concordato con l’istituto bancario il contenuto di detti contratti ed essendosi impegnata a trattenere sui corrispettivi corrisposti ai dipendenti i quinto da versarsi direttamente all’istituto bancario in luogo del mutuatario – possa essere assimilata agli accordi quadro, previsti dall’art. 14 della direttiva 2004/17/CE, dal D.Lgs. n. 158 del 1995, art. 16 e, da ultimo, dal D.Lgs. n. 163 del 2000 (codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture), che, all’art. 3, comma 13, definisce l’accordo quadro come l’accordo concluso tra una o più stazioni appaltanti e uno o più operatori economici e il cui scopo è quello di stabilire le clausole relative agli appalti da aggiudicare durante un dato periodo, in particolare per quanto riguarda i prezzi e, se del caso, le quantità previste”, e che disciplina ai successivo art. 222.

Nè rileva che i futuri contratti attuativi della convenzione debbano essere stipulati con soggetti diversi dalla Gesip, dato che detti soggetti non sono estranei alla sua struttura, essendo i dipendenti della stessa e, quindi, come tali, facenti parte della sua organizzazione.

Pertanto, anche in considerazione della sua qualificazione giuridica il contratto in questione non può ritenersi estraneo alla normativa comunitaria ed alla disciplina nazionale relativa ai procedimenti di evidenza pubblica, e, conseguentemente, sottratto alla giurisdizione del giudice amministrativo.

Con riferimento alla censura con cui si sostiene la inapplicabilità alla convenzione in esame di dette normative, perchè estranea all’oggetto sociale della Gesip s.p.a, è sufficiente osservare che l’applicazione delle normative in parola non richiede che il contratto di appalto rientri nell’oggetto sociale del soggetto appaltante, ma che l’affidamento del servizio intervenga tra un soggetto, che possa essere ritenuto amministrazione aggiudicatrice, ed un operatore economico. Con riferimento alla ultima questione che, in ogni caso, le normative comunitarie e nazionali di settore non sarebbero applicabili per il contratto in questione, trattandosi di un appalto di servizi sotto la soglia comunitaria, il collegio osserva.

L’art. 7, comma 1, della citata direttiva 92/50CEE dispone che detta direttiva si applica “agli appalti pubblici di servizi il cui importo stimato al netto dell’IVA sia pari o superiore a 200000 ecu.” I successivi n. 4, 5, 6, 7 e 8 indicano i criteri in base ai quali determinare il valore dell’appalto ed in particolare per i servizi bancari e finanziari stabilisce che occorre tener conto “di onorar, commissioni e interessi nonchè di altri tipi di remunerazione”.

Il fatto che all’appalto che non raggiunga l’importo suindicato e, quindi, sia sotto soglia non sia applicabile detta direttiva non comporta che lo stesso debba ritenersi escluso dalla applicazione della normativa comunitaria.

La giurisprudenza comunitaria (v. ordinanza della Corte di giustizia delle Comunità Europee del 3 dicembre 2001 ne procedimento C-59/00 e sentenza 7 dicembre 2000, causa C-324, Teleaustria e. Post & Telekom Austria) ha affermato che, anche quando taluni contratti siano esclusi dalla sfera di applicazione delle direttive comunitarie nel settore degli appalti pubblici, ciò non significa che detti appalti di modesto rilievo economico siano esclusi dall’ambito dell’applicazione del diritto comunitario, pacifico essendo che le amministrazioni aggiudicatrici che li stipulano sono comunque tenute a rispettare i principi fondamentali del Trattato.

Con la comunicazione interpretativa sulle concessioni nel diritto comunitario, pubblicata in GUCE n. C 121 del 29.4.2000, e con una ulteriore comunicazione del 2006, pubblicata in GUCE serie C del 1 agosto 2006, la Commissione europea ha chiarito che, sebbene gli appalti pubblici, il cui importo è inferiore alle soglie indicate nelle direttive comunitarie sugli appalti, non rientrano nel campo di applicazione di tali direttive, tuttavia non possono considerarsi esclusi dalla applicazione della normativa comunitaria, dovendosi applicare agli stessi gli articoli del Trattato, che presidiano e garantiscono il buon funzionamento del mercato unico e precisamente:

le norme che vietano qualsiasi discriminazione fondata sulla nazionalità (art. 12, par. 1, ex art. 6, par. 1), le norme relative alla libera circolazione delle merci (art. 28, ex art. 30, e seguenti), alla libertà di stabilimento (art. 43, e segg. ex art. 52), alla libera prestazione di servizi (art. 49, ex art. 59 e segg.), le eccezioni a tali norme previste agli artt. 30, 45, e 46 ( ex artt. 36, 55 e 56), e disposizioni dell’art. 86 (ex art. 90), nonchè i principi che ne derivano, quali i principi di non discriminazione, parità di trattamento, trasparenza,, proporzionalità e riconoscimento reciproco. Anche il D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture emanato in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) stabilisce gli importi delle soglie per i contratti pubblici di rilevanza comunitaria (per i contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture nei settori ordinari dette soglie sono previste dall’art. 28).

La disciplina dettata da detto decreto legislativo non si applica però esclusivamente ai contratti pubblici di lavoro, servizi e forniture di importo superiore alla soglia comunitaria, ma, in parte, anche a quelli sotto soglia. L’art. 121 del citato D.Lgs. dispone, infatti, che ai contratti pubblici aventi per oggetto lavori, servizi, forniture, di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, si applicano oltre alle disposizioni della parte 1^, della parte 4^ e della parte 5^, anche le disposizioni della parte 2^, in quanto non derogate dalle norme del presente titolo 2^. Detto articolo, pertanto, opera una sostanziale unificazione della disciplina dei contratti sopra soglia comunitaria con quelli sotto soglia, sancendo l’applicabilità a quest’ultimi di gran parte delle norme del codice dei contratti.

Tra le norme di applicazione generale, valevoli anche per i contratti sotto soglia di particolare rilievo, per il caso che ne occupa, è il D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 244 contenuto nel titolo 4^ sul contenzioso, richiamato dal menzionato art. 121, il quale demanda alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative a procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente, ad applicare la normativa comunitaria o ad osservare i procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale.

Il fatto che anche i contratti sotto soglia soggiacciono ai principi fondamentali dell’ordinamento comunitario ed ai principi generali che governano la materia dei contratti pubblici, porta a concludere che la controversia in questione, anche se si dovesse ritenere che il contratto stipulato dalla Gesip sia un contratto sotto soglia, rientra nell’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Con il ricorso incidentale la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere respinto la domanda di risarcimento del danno senza avere disposto ed espletato una adeguata istruttoria.

Con detto ricorso si denuncia un cattivo esercizio da parte del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana della propria giurisdizione, vizio che, attenendo alla esplicazione interna del potere giurisdizionale conferito dalla legge ai giudice amministrativo, non può essere dedotto dinanzi alle sezioni unite della Suprema Corte di Cassazione (cfr. tra le molte cass. sez. un. n. 13176 del 2006; n. 8882 del 2005; n. 9558 del 2002).

Per le considerazioni che precedono, previa riunione del ricorso principale ed incidentale, perchè proposti avverso la medesima sentenza, la Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale. In considerazione dell’esito dei due ricorsi compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile l’incidentale, compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 5 aprile 2001.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2011

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