Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10064 del 27/04/2010
Cassazione civile sez. III, 27/04/2010, (ud. 18/03/2010, dep. 27/04/2010), n.10064
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SENESE Salvatore – Presidente –
Dott. AMATUCCI Alfonso – rel. Consigliere –
Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –
Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
I.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA 42, presso lo studio dell’avvocato
GRIPPA LUCA, rappresentato e difeso dall’avvocato BIASIELLO CARMINE
con delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
D.C.G. (OMISSIS), elettivamente domicilialo in
ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio dell’avvocato PANARTTI
BENITO PIERO, rappresentato e difeso dall’avvocato EPIFANIO LUCIO
MARIO con delega a margine dei controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1037/2005 del GIUDICE DI PACE di ISERNIA,
depositata il 07/12/2005; R.G.N. 647/04;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
18/03/2010 dal Consigliere Dott. ALFONSO AMATUCCI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
FUZIO Riccardo, che ha concluso per l’inammissibilità.
Fatto
FATTO E DIRITTO
1.- I.A. ricorre per cassazione, affidandosi a tre motivi, avverso la sentenza n. 1037/05 pronunciata secondo equità dal giudice di pace di Isernia, con la quale è stata rigettata la sua domanda di risarcimento per l’uccisione di animali da pollaio provocato, in due occasioni da un cane di proprietà del vicino D.C.G., che resiste in questa sede con controricorso.
2.- Sono rispettivamente dedotte: col primo motivo, “erronea valutazione delle risultanze istruttorie; violazione e/o falsa applicazione delle norme di legge”; col secondo, “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2735 c.c.”; col terzo, “violazione e/o falsa applicazione del D.M. 8 aprile 2004, n. 127”.
3.- Il ricorso è inammissibile.
Quanto al primo motivo, perchè l’erronea valutazione delle prove da parte del giudice del merito non costituisce motivo di ricorso per cassazione, ma è suscettibile solo di risolversi in un vizio di motivazione, nella specie non denunciato e comunque suscettibile di assumere rilievo, per le sentenze emesse dal giudice di pace secondo equità, esclusivamente se si traduca in un vizio così radicale della motivazione da non consentire di coglierne la ratio decidendi e da renderla dunque meramente apparente. Va soggiunto che la presenza di cani anche nel fondo dell’attore (affermata dal convenuto) è stata ritenuta dal giudice di pace vera in quanto confermata da una deposizione testimoniale, sicchè la conclusione che il fatto poteva ricollegarsi anche all’opera di una cane dello stesso attore non può dirsi derivata da quanto dichiarato dal convenuto a proprio favore.
Quanto al secondo, poichè la circostanza che il giudice di pace abbia ritenuto di non concludere in senso favorevole all’attore sulla base di quanto dichiarato dal convenuto ad un terzo non è concettualmente in contrasto con il principio secondo il quale la confessione al terzo è liberamente apprezzabile dal giudice è non è dunque idonea a prospettare la violazione di una regola processuale.
Quanto al terzo, poichè quando, come nella specie, il giudice di pace abbia pronunciato la propria sentenza secondo equità (nel regime anteriore alle modifiche introdotte dal D.Lgs n. 40 del 2006), avverso tale decisione è inammissibile il ricorso per cassazione col quale si denunci l’erronea quantificazione delle spese di lite in violazione delle tariffe fissate dal Consiglio Nazionale Forense e approvate con decreto ministeriale, anche se si assumano superati i massimi tariffari. Tale censura si fonda infatti sulla violazione non di una norma processuale, ma di una norma sostanziale e priva di rilievo costituzionale o comunitario, come tale derogabile nei giudizi secondo equità (cfr., ex multis, Cass., nn. 7067/09, 5065/09, 7261/05).
4.- Non di meno, gli obiettivi rilievi che il giudice di pace da atto di risultanze contrastanti con la soluzione prescelta (come la deposizione del teste P., il quale aveva affermato “… di aver visto il cane del D.C. con in bocca una gallina…; e la dichiarazione dell’appuntato dei carabinieri B.C., intervenuto sul posto entrambe le volte, il quale aveva “riferito che il D.C. aveva detto che era stato il suo cane e che avrebbe provveduto a risarcire tutti i danni”) inducono a ravvisare giusti motivi equitativi per compensare tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE Dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese del giudizio di Cassazione.
Così deciso in Roma, il 18 marzo 2010.
Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2010