Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10063 del 28/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 28/05/2020, (ud. 12/11/2019, dep. 28/05/2020), n.10063

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26464-2018 proposto da:

CONDOMINIO (OMISSIS) DI (OMISSIS), in persona dell’Amministratore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA REMI 26, presso lo

studio dell’avvocato CLAUDIO TRIOLA, rappresentato e difeso

dall’avvocato DAVIDE ZITO;

– ricorrente –

contro

P.M.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1095/2018 del GIUDICE DI PACE di NOCERA

INFERIORE, depositata il 08/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO

COSENTINO.

Fatto

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Il Condominio (OMISSIS), di Angri, ha proposto ricorso, sulla scorta di due motivi, per la cassazione della sentenza del giudice di pace di Angri che ha revocato il decreto ingiuntivo ottenuto dal Condominio nei confronti della condomina P.M. per il pagamento di Euro 431 a titolo di contributi condominiali.

La sig.ra P. non ha spiegato difese in questa sede.

La causa è stata chiamata all’adunanza di camera di consiglio del 12 novembre 2019, per la quale il ricorrente ha depositato una memoria.

Il ricorso è inammissibile, in quanto proposto avverso una sentenza di primo grado emessa dal giudice di pace.

Al riguardo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. 13019/07 e seguenti conformi) ha chiarito che:

“Dall’assetto scaturito dalla riforma di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006 e particolarmente dalla nuova disciplina delle sentenze appellabili e delle sentenze ricorribili per cassazione, emerge con certezza assoluta che, riguardo alle sentenze pronunciate dal giudice di pace nell’ambito del limite della sua giurisdizione equitativa necessaria, l’appello a motivi limitati, previsto dall’art. 339 c.p.c., comma 3, è l’unico rimedio impugnatorio ordinario ammesso (se si esclude la la revocazione per motivi ordinari). Tale conclusione – non desumibile esplicitamente da detta norma, posto che l’avverbio “esclusivamente” che in essa figura potrebbe apparire riferibile non al mezzo esperibile, bensì ai motivi deducibili con il mezzo stesso, onde l’interprete potrebbe avere il dubbio (peraltro per il solo vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5) che contro la sentenza sia esperibile, prevedendolo altra norma, altra impugnazione ordinaria per i motivi esclusi e segnatamente il ricorso per cassazione – si giustifica, oltre che per un’elementare ragione di coerenza, che esclude un concorso di mezzi di impugnazione non solo per gli stessi motivi, ma anche per motivi che rispetto a quelli ammessi in riferimento ad un mezzo rappresenterebbero un loro allargamento, si giustifica in forza della lettura dell’art. 360 nuovo testo, là dove nel comma 1 prevede l’esperibilità del ricorso per cassazione soltanto contro le sentenze pronunciate in grado di appello o in unico grado. Poichè la sentenza equitativa del giudice di pace non è nè una sentenza pronunciata in grado di appello nè una sentenza pronunciata in unico grado (atteso che è, sia pure per motivi limitati, appellabile e, dunque, è sentenza di primo grado), appare evidente che essa non è sottoponibile a ricorso per cassazione per i vizi diversi da quelli indicati dall’art. 339, comma 3 e particolarmente per quello di cui all’art. 360, n. 5. Nè, d’altro canto è ipotizzabile la configurabilità del ricorso per cassazione per il motivo di cui all’art. 360, n. 5, sulla base dello stesso art. 360, nuovo testo, u.c., che ammette il ricorso per cassazione contro le sentenze ed i provvedimenti diversi dalla sentenza per i quali – a norma dell’art. 111 Cost., comma 7 – è ammesso il ricorso in cassazione per violazione di legge per tutti i motivi di cui al comma 1 e, quindi, nelle intenzioni del legislatore, anche per quello di cui al n. 5 cit.. Invero, la sentenza del giudice di pace pronunciata nell’ambito della giurisdizione equitativa, essendo appellabile, sia pure per motivi limitati, sfugge all’ambito di applicazione del suddetto comma 7, che pertiene alle sentenze ed ai provvedimenti aventi natura di sentenza in senso c.d. sostanziale, per cui non sia previsto alcun mezzo di impugnazione e non riguarda i casi nei quali un mezzo di impugnazione vi sia, ma limitato a taluni motivi e la decisione riguardo ad esso possa poi essere assoggettata a ricorso per cassazione (com’è quella resa dal giudice d’appello sulle sentenze del giudice di pace ai sensi dell’art. 339, comma 3, la quale, naturalmente, lo sarà con adattamento dei motivi di ricorso all’ambito di quelli devolvibili al giudice d’appello stesso)”.

Quanto all’argomento speso nella memoria del ricorrente, secondo cui l’ammissibilità del ricorso per cassazione dovrebbe riconoscersi in ragione della inappellabilità della sentenza qui impugnata, è sufficiente considerare che – come appunto chiarito nella massima, sopra trascritta, di Cass. 13019/07 la sentenza del giudice di pace o è pronunciata in causa eccedente l’ambito della giurisdizione equitativa, e allora è appellabile senza limiti, o è pronunciata in causa rientrante nell’ambito della giurisdizione equitativa, e allora è appellabile nei limiti di cui all’art. 339 c.p.c., comma 3; in nessuno di tali due casi, tuttavia, essa è ricorribile per cassazione.

Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.

Non vi è luogo a regolazione di spese, in difetto di attività difensiva dell’intimata.

Deve altresì darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, del raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 12 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2020

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