Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10061 del 28/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 28/05/2020, (ud. 31/10/2019, dep. 28/05/2020), n.10061

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27881-2018 proposto da:

N.G., in proprio e quale erede del fratello R.,

elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO ANZANI 19, presso lo studio

dell’avvocato LUIGI TECCE, rappresentata e difesa dall’avvocato

ETTORE MARRUZZO;

– ricorrente –

contro

NI.VI.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1153/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 09/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 31/10/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

GRASSO.

Fatto

RITENUTO

che in primo grado veniva rigettata la domanda di N.G. e N.R., con la quale era stato chiesto eliminarsi una veduta contra legem, un cornicione sporgente e la situazione di pericolo determinata nel muro perimetrale che divideva l’immobile degli attori da quello confinante di Ni.Vi.;

che la Corte d’appello di Napoli, adita in via principale da N.G., anche quale erede di N.R. e in via incidentale da Ni.Vi., rigettato l’appello principale, in parziale accoglimento di quello incidentale, implementò la liquidazione delle spese di causa di primo grado, già liquidate in favore del Ni.;

che avverso la predetta statuizione N.G. propone ricorso sulla base di triplice censura e che la controparte è rimasta intimata;

ritenuto che con il primo motivo la ricorrente denunzia nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 342 c.p.c., in relazione “all’art. 360 c.p.c., commi 3-4-5”; nonchè violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., comma 1 ed ancora nullità “per omesso esame e motivazione in relazione alla non ammissione della prova per testi nei due gradi del giudizio”, prospettando che:

– ingiustamente la Corte territoriale aveva reputato superflua la prova per testi già richiesta in primo grado, utile al fine di dimostrare “se, in punto di fatto, la finestra (solo luce) fosse mai stata una veduta e se il cornicione, come affermato dai N., era da sempre stato a piombo della sottostante muratura e da sempre perpendicolare alla stessa”;

– ingiustamente non era stata disposta trasmissione degli atti alla locale Procura della Repubblica al fine di valutare la posizione del CTU, il quale aveva “volutamente ed intenzionalmente svolto l’incarico nell’erroneo “Sospetto presupposto” che la variante al progetto presentata in data 19.08.1997 risultasse approvata, mentre invece fu bocciata con deliberazione del consiglio comunale di Gesualdo n. 59 del 30.10.1997, versata nel fascicolo di primo grado”. ritenuto che la doglianza non supera il vaglio d’ammissibilità per il convergere di più ragioni:

a) la farraginosa e poco nitida esposizione del motivo, sulla base, peraltro, di atti che questa Corte non può conoscere e non si confronta con la ratio decidendi della sentenza d’appello, la quale ha deciso tutte le questioni che le erano state sottoposte sulla scorta delle risultanze della consulenza tecnica, giudicando non rilevante la verifica della conformità edilizia e pienamente accertabile la situazione dei luoghi sulla base dei rilievi tecnici (in ispecie la finestra, poichè posta a due metri dal piano di calpestio, non potevasi considerare luce, il cornicione proteggeva gli intonaci e non era di pregiudizio, la lamentela di aggravio dello stillicidio costituiva domanda nuova);

b) del tutto irrilevante risulta la critica al diniego di trasmettere gli atti alla Procura della Repubblica, che non potrebbe avere alcuna refluenza sul processo e, peraltro, non preclude alla ricorrente di agire in sede penale;

c) è appena il caso di soggiungere, infine, che non è dato cogliere il significato giuridico delle dedotte violazioni: non l’art. 112 c.p.c., perchè la sentenza si è pronunciata sui motivi; non l’art. 342 c.p.c., il quale disciplina la forma e il contenuto dell’atto d’appello; non l’art. 345 c.p.c., comma 1, perchè non consta svolta censura corrispondente; nè si rinviene la dedotta omissione di motivazione, risultando dall’assetto argomentativo l’inutilità della chiesta prova;

considerato che il secondo motivo, con il quale la ricorrente allega violazione e falsa applicazione dell’art. 261 c.p.c., per non essersi fatto luogo a nuova consulenza, è inammissibile, trattandosi di un motivo apparente, privo di consistenza censuratoria, non spiegando esso le ragioni per le quali la Corte locale avrebbe dovuto rinnovare la CTU, rinnovazione che, in ogni caso, resta affidata al prudente apprezzamento del giudice (cfr., ex multis, Cass. n. 4660, 2/3/2006; n. 6479, 6/5/2002);

considerato che il predetto motivo non supera la soglia d’ammissibilità anche in ordine al profilo con il quale la N. insiste nel dolersi della mancata ammissione dei mezzi di prova, continuando a non cogliere la ratio decidendi sopra ripresa;

considerato che del pari inammissibile risulta il terzo e ultimo motivo, con il quale promiscuamente e confusamente si prospetta “nullità ed illegittimità della sentenza per travisamento dei fatti e per omessa motivazione su un punto decisivo (…) erronea interpretazione ed individuatone dei fatti in contestazione e dedotti in giudizio”, costituente, anche in questo caso un pseudo-motivo, mero collage dei titoli di doglianza precedenti, privo di alcun apporto di autonoma e intellegibile critica;

considerato che non deve farsi luogo regolamento delle spese non avendo la controparte svolto difese;

considerato che ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 31 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2020

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA