Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10061 del 15/05/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 10061 Anno 2015
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: PETITTI STEFANO

SENTENZA

sentenza con
motivazione semplificata

sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro

tempore,

pro

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale

dello Stato, presso i cui Uffici in Roma, via dei
Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;
– ricorrente contro
MINGIONE Pasquale;
intimato
avverso il decreto della Corte d’Appello di Roma
depositato in data 27 maggio 2013 (R.G.V.G. 57729/2009).

Data pubblicazione: 15/05/2015

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 9 aprile 2015 dal Presidente relatore Dott.
Stefano Petitti.
Ritenuto che, con ricorso depositato presso la Corte

Pasquale chiedeva la condanna del Ministero della
giustizia al pagamento dell’equa riparazione per la
irragionevole durata di un procedimento penale a suo
carico, iniziato il 7 luglio 1998, con la convalida del
suo arresto e conclusosi in appello, con sentenza del 19
giugno 2009, di dichiarazione di non doversi procedere per
essere i reati ascrittigli estinti per prescrizione;
che l’adita Corte d’appello accoglieva la domanda e
condannava il Ministero al pagamento in favore del
ricorrente della somma di euro 6.000,00, oltre interessi
dalla domanda, avendo accertato una violazione del termine
di durata ragionevole pari a sei anni, detratti dalla
durata complessiva di undici anni tre anni per il primo
grado e due anni per l’appello;
che per la cassazione di questo decreto il Ministero
della giustizia ha proposto ricorso sulla base di quattro
motivi;
che Mingione Pasquale non ha svolto difese;

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d’appello di Roma in data 28 luglio 2009, Mingione

che il Ministero della giustizia ha depositato
duplicato dell’avviso di ricevimento della notificazione
del ricorso effettuata al difensore del Mingione, Avvocato
Carlo Marino, in Caserta, dopo che la notificazione

a buon fine.
Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione
di una motivazione semplificata nella redazione della
sentenza;
che con il primo motivo di ricorso il Ministero deduce
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2 della legge
n. 89 del 2001, dolendosi del fatto che la Corte d’appello
di Roma non abbia tenuto conto del fatto che il giudizio
presupposto si era concluso con dichiarazione di
estinzione dei reati ascritti al Mingione per intervenuta
prescrizione, richiamando in proposito i principi
enunciati dalla Corte EDU nella sentenza del 3 marzo 2012,
citata in altro decreto della medesima Corte d’appello di
Roma, del quale viene trascritta in ricorso la
motivazione;
che con il secondo motivo l’amministrazione ricorrente
deduce “motivazione omessa su un fatto decisivo della
controversia”, censurando il decreto Impugnato per non
avere la Corte d’appello tenuto conto del concreto
svolgimento del giudizio presupposto, omettendo di

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tentata presso il domicilio eletto in Roma non era andata

scomputare rinvii richiesti dalla parte e non addebitabili
all’ufficio;
che con il terzo motivo il Ministero denuncia ancora
“motivazione omessa su un fatto decisivo della
controversia”, lamentando l’applicazione del criterio di

indici sicuramente riduttivi del patema quali la limitata
entità del ritardo (detratti i segmenti non imputabili
all’ufficio, pari a circa quattro anni) e la conclusione
dello stesso con sentenza dichiarativa della estinzione
dei reati per prescrizione;
che cem il quarto motivo il Ministero della giustizia
denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112
cod. proc. civ., dolendosi del fatto che la Corte
d’appello abbia riconosciuto gli interessi dalla domanda
pur in mancanza di una apposita domanda della parte in tal
senso;
che il primo motivo è fondato;
che questa Corte ha di recente affermato il principio,
condiviso dal Collegio, per cui «l’equa riparazione per il
mancato rispetto del termine ragionevole del processo, ai
sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89, non può essere
esclusa per il semplice fatto che il ritardo nella
definizione del processo penale abbia prodotto
l’estinzione, per prescrizione, del reato addebitato al

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1.000,00 euro per anno di ritardo pur in presenza di

ricorrente, occorrendo invece apprezzare, ai fini del
diniego di accoglimento della relativa domanda, se
l’effetto estintivo della prescrizione stessa sia
intervenuto o meno a seguito dell’utilizzo, da parte

sconfinanti nell’abuso del diritto di difesa, ben potendo
un effetto del genere prodursi, in tutto o almeno in parte
(e, in questa seconda ipotesi, con valenza preponderante),
indipendentemente da simili tecniche e da tali strategie,
ovvero dalla reale volontà dell’imputato ed a causa,
piuttosto, del comportamento delle autorità procedenti,
senza che, in quest’ultimo caso, la mancata rinuncia alla
prescrizione ad opera dell’imputato medesimo possa
ritenersi di per sé in grado di elidere il danno,
patrimoniale o non patrimoniale, conseguente alla durata
irragionevole» (in tal sensi, di recente, Cass. n. 18653
del 2014);
che nel caso di specie risulta evidente che la Corte
d’appello di Roma ha accolto la domanda, applicando anche
un criterio ordinario di liquidazione, senza svolgere
alcuna valutazione in ordine all’esito del giudizio
presupposto e alla condotta dell’imputato in relazione
all’effetto di estinzione del reato ascrittogli;
che ‘raccoglimento del primo motivo comporta
l’assorbimento degli altri;

dell’imputato, di tecniche dilatorie o di strategie

che, dunque, accolto il primo motivo e assorbiti gli
altri, il decreto impugnato deve essere cassato, con
rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa
composizione, perché proceda a nuovo esame della domanda
alla luce dell’indicato principio;
che al giudice di rinvio è demandata altresì la
regolamentazione delle spese del giudizio di cassazione.
PER QUESTI
La Corte

accoglie

moTrvI

il primo motivo di ricorso,

assorbiti gli altri; cassa il decreto Impugnato e rinvia,
anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte
d’appello di Roma, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
VI – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione,

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