Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10060 del 15/05/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 10060 Anno 2015
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: MANNA FELICE

SENTENZA
sul ricorso 9995-2014 proposto da:
DE PESCA DONATA, CIULLO MARIA SONIA, DE MATTEIS
FRANCESCO, D’AMATO MARIA GRAZIA, CORVAGLIA
MIRELLA, BARTOLOMEO MARCO, GUIDO GRAZIA,
DAMIANO MARIA TERESA, CERA GIOVANNI, ALFARA.NO
SEBASTIANO, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TARO 25 Scala IV, presso lo studio dell’avv. DEBORA MAGARAGGIA,
rappresentati e difedi dagli avvocati PIERRI DAVIDE SALVATORE,
PIERLUIGI DELL’ANNA, giusta mandato a margine del ricorso;
– ricorrenti contro

Data pubblicazione: 15/05/2015

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587 in persona del
Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;

avverso il decreto n. 975/2013 della CORLE D’APPELLO di
POTENZA, depositato il 25/10/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
17/02/2015 dal Consigliere Relatore Dott. FELICE MANNA;
udito per i ricorrenti l’Avvocato Pierluigi Dell’Anna che si riporta agli
scritti.

Ric. 014 n. 09995 sez. M2 – ud. 17-02-2015

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– controricorrente –

IN FATTO
Con ricorso del 27.3.2012 Donata De Pasca, Francesco De Matteis, Maria
Teresa Damiano, Maria Grazia D’Amato, Mirella Corvaglia, Sonia Maria
Ciullo, Giovanni Cera, Marco Bartolomeo, Sebastiano Alfarano e Grazia

Ministero della Giustizia al pagamento di un equo indennizzo, ai sensi
dell’art.2 della legge 24 marzo 2001, n.89, in relazione all’art.6, paragrafo I
della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), del 4.11.1950,
ratificata con legge n.848/55. Processo presupposto una procedura
fallimentare aperta innanzi al Tribunale di Lecce nel 1986, cui avevano
partecipato in veste di creditori ammessi allo stato passivo.
Resisteva il Ministero.
Con decreto del 25.10.2013 la Corte d’appello di Potenza, stimata in otto
anni la durata ragionevole del procedimento presupposto e calcolata in sedici
anni e tre mesi la durata eccedente il limite di ragionevolezza, liquidava in
favore dei ricorrenti la somma di

e 2.000,00 per ciascuno, tenuto conto del

non elevato importo dei crediti rispettivamente azionati e del comportamento
pressoché contemplativo dei ricorrenti, che non avevano posto in essere
alcuna iniziativa volta a sollecitare una rapida definizione del procedimento.
Per la cassazione di tale decreto Donata De Pasca, Francesco De Matteis,
Maria Teresa Damiano, Maria Grazia D’Amato, Mirella Corvaglia, Sonia
Maria Ciullo, Giovanni Cera, Marco Bartolomeo, Sebastiano Alfarano e
Grazia Guido propongono ricorso, affidato ad un unico motivo.
Resiste con controricorso il Ministero.

3

Guido, adivano la Corte d’appello di Potenza per ottenere la condanna del

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Il Collegio ha disposto che la motivazione della sentenza sia redatta in
forma semplificata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.

L’unie-dmotivo di ricorso espone la violazione degli artt. 2 legge n.

di contraddittoria motivazione ed omesso esame di fatti decisivi, in relazione
ai nn. 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c. I ricorrenti contestano l’asserito non elevato
importo dei crediti, che al contrario erano tutt’altro che esigui, tenuto conto
delle condizioni soggettive dei ricorrenti, tutti lavoratori dipendenti della
società fallita. Lamentano, inoltre, l’esiguità della liquidazione, in contrasto
con il parametro ordinario (750 euro per i primi tre anni e 1.000 per i
successivi), e indicano in sette anni la durata massima ragionevole per una
procedura fallimentare.
2. – Nei soli termini che seguono il motivo è fondato.
2.1. – In tema di equa riparazione da irragionevole durata del processo
fallimentare, per il quale il creditore non abbia neppure dimostrato di aver
manifestato nei confronti degli organi della procedura uno specifico interesse
alla definizione della stessa, è congrua la liquidazione dell’indennizzo nella
misura solitamente riconosciuta per i giudizi amministrativi protrattisi oltre
dieci anni, rapportata su base annua a circa euro 500,00, dovendosi
riconoscere al giudice il potere, avuto riguardo alle peculiarità della singola
fattispecie, di discostarsi dagli ordinari criteri di liquida7ione dei quali deve
dar conto in motivazione (Cass. n. 16311/14, che richiama a sua volta i
precedenti dei càsi Volta et autres c. Italia, del 16 marzo 2010 e Falco et

4

89/01, 2056 c.c., 1 legge cost. n. 2/99, e 6, paragrafo 1, CEDU, nonché il vizio

autres c. Italia, del 6 aprile 2010, recepiti dalla giurisprudenza di questa Corte
con sentenze nn. 14753/10, 3271/11 e 5914/12).
Nello specifico la Corte territoriale si è discostata da tale parametro,
liquidando un importo che, su base annua, risulta esiguo e sostanzialmente

legge n. 89/01, vigente al momento della domanda e perciò applicabile

ratione temporis, anteriore alle modifiche apportate dall’art. 55, 1° comma
D.L. n. 83/12, convertito in legge n. 134/12.
2.2. – E’ eccessiva, poi, la quantificazione in otto anni della durata
ragionevole della procedura, essendo fermo l’orientamento di questa Corte
che reputa non superabile in ogni caso il limite di durata di sette anni, ove il
fallimento presenti elementi di complessità (cfr. per tutte, Cass. 9254/12).
3. – Pertanto, il decreto impugnato va cassato e, non essendo necessari
ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art.
384, 2° comma c.p.c., liquidando in favore di ciascuno dei ricorrenti il
Maggiore importo di E 8.600,00, in ragione di

e 500,00 per diciassette anni e

tre mesi di durata eccedente, considerata ragionevole per il fallimento
presupposto, come prospettato dalla stessa parte ricorrente (v. pag. 12 del
ricorso), una durata di sette anni.
4. – Confermato per il grado di merito il regolamento delle spese operato
nel decreto impugnato, le spese del presente giudizio di cassazione, liquidate
come in dispositivo, vanno poste a carico del Ministero della Giustizia; le une
e le altre con distrazione in favore dei difensori antistatari.
P. Q. M.

5

inidoneo alla sua funzione compensativa, nell’ottica della formulazione della

• 7.1.

La Corte acc-oglie il ricorso, nei sensi di cui in motivazione, cassa il
decreto impugnato e decidendo nel merito condanna il Ministero della
Giustizia al pagamento in favore di ciascuno dei ricorrenti della somma di E
8.600,00; conferma, per il grado di merito, il regolamento delle spese operato

presente giudizio di cassazione, che liquida in

e

500,00, oltre accessori di

legge, le une e le altre spese con distrazione in favore dei difensori antistatari.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 17.2.2015.

nel decreto impugnato e pone a carico del predetto Ministero le spese del

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