Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10060 del 06/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 06/05/2011, (ud. 05/04/2011, dep. 06/05/2011), n.10060

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.U. in qualita’ di liquidatore pro tempore della SAVIM

SRL in liquidazione, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA EDOARDO

D’ONOFRIO 43, presso lo studio dell’avvocato CASSANO UMBERTO, che lo

rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI ROMA (OMISSIS) in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL TEMPIO DI GIOVE 21, presso

l’AVVOCATURA COMUNALE, rappresentato e difeso dagli avvocati

GUGLIELMI Federica (dell’Avvocatura Comunale) e RAIMONDO ANGELA,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 57/2009 della Commissione Tributaria Regionale

di ROMA del 13.2.09, depositata il 3.4.09;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;

E’ presente l’Avvocato Generale in persona del Dott. IANNELLI

DOMENICO;

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale di Roma n.

57/22/2009, depositata il 3.4.2009;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

5.4.2009 dal Relatore Cons. Giuseppe Caracciolo.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte:

ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., e’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo, letti gli atti depositati Osserva:

La CTR di Roma ha respinto l’appello di “Savim srl”, in liquidazione appello proposto contro la sentenza n. 350/63/2007 della CTP di Roma che ha rigettato il ricorso della societa’ contribuente – ed ha cosi’ confermato l’avviso di accertamento ai fini ICI per gli anni d’imposta dal 2000 al 2002 del comune di Roma, qui parte intimata.

La predetta CTR ha motivato la decisione evidenziando che una delle condizioni poste a fondamento dell’impugnazione (e cioe’ che gli immobili fossero intestati ad un partito politico) non si era pacificamente realizzata e che l’altra (e cioe’ che gli immobili fossero anche utilizzati direttamente dal partito politico) non era stata dimostrata.

La Savim srl ha interposto ricorso per cassazione affidato ad un unico (ma complesso) motivo. L’agenzia si e’ costituita con controricorso.

Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all’art. 376 c.p.c. – puo’ essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c..

Infatti, con l’unico motivo di censura (rubricato come Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto – art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3″) la ricorrente si duole della decisione di secondo grado limitandosi a prospettare che l’esistenza di una “falsa applicazione di norme di diritto”, sul previo assunto che essa aveva sempre operato come “societa’ strumentale” di un partito politico e che pertanto avrebbe dovuto trovare applicazione l’esenzione prevista dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7.

Il motivo appare inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c. Premesso, infatti, che il ricorso si articola in un unico motivo, si osserva che al termine del medesimo motivo risulta formulato un “quesito ex art. 366 bis c.p.c.” di tenore completamente discorsivo privo dell’identificazione dell’esatta consistenza dell’errore di diritto asseritamente commesso dal giudice di appello ed anche della norma di cui si assume essere stata commessa violazione. Detto quesito risulta percio’ non formulato in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, cosi’ da consentire al giudice di legittimita’ di enunciare una regula iuris suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata: ne consegue che “e’ inammissibile il motivo di ricorso sorretto da quesito la cui formulazione, ponendosi in violazione di quanto prescritto da citato art. 366 bis, si risolve sostanzialmente, come nella fattispecie, in una omessa proposizione del quesito medesimo, per la sua inidoneita’ a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in riferimento alla concreta fattispecie (Cass. Sez. un., n. 26020 del 2008). Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per inammissibilita’.

che la relazione e’ stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;

che non sono state depositate conclusioni scritte, ne’ memorie.

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato.

che le spese di lite posso essere regolate secondo la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di questo grado liquidate in Euro 3.300,00 oltre spese prenotate a debito.

Cosi’ deciso in Roma, il 5 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2011

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