Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1006 del 17/01/2017

Cassazione civile, sez. VI, 17/01/2017, (ud. 01/12/2016, dep.17/01/2017),  n. 1006

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28827/2015 proposto da:

CENTRO SERVIZI SAS DI N.L. & C. IN LIQUIDAZIONE, in

persona del liquidatore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

SIRTE 28, presso lo studio dell’avvocato SEBASTIANO CALDERONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato FRANCESCO LETO, giusta procura

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE E DEL TERRITORIO, AGENZIA DELLE ENTRATE,

DIRIZIONE PROVINCIALE DI MESSINA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3213/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di PALERMO – SEZIONE DISTACCATA di MESSINA del 9/07/2014,

depositata il 23/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’01/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ENRICO MANZON.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Atteso che ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata e ritualmente comunicata la seguente relazione:

“Con sentenza in data 9 luglio 2014 la Commissione tributaria regionale della Sicilia, sezione distaccata di Messina, accoglieva l’appello dell’Agenzia delle entrate, ufficio locale, avverso la sentenza n. 3213/02/14 della Commissione tributaria provinciale di Messina che aveva accolto il ricorso proposto dalla Centro Servizi sas di N.M. e C., contro il diniego di condono IVA, IRPEF, IRAP 1998. La CTR osservava in particolare che il provvedimento impugnato era fondato sulla non condonabilità della fattispecie concreta, trattandosi di istanza avente ad oggetto un avviso di accertamento divenuto definitivo prima della proposizione dell’istanza medesima.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione la società contribuente deducendo tre motivi.

L’Agenzia delle entrate non si è costituita.

Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la società ricorrente si duole di violazione di legge non avendo la CTR ritenuto “scusabile” l’errore di indicazione dell’atto al quale l’istanza di condono si doveva realmente intendere, non essendo detto avviso di accertamento, bensì il previo processo verbale di constatazione notificatole il 9 luglio 2002 e quindi rientrante tra gli atti previsti ai fini del condono de quo dalla L. n. 289 del 2002, art. 15, comma 1.

La censura si palesa infondata.

La L. n. 289 del 2002, art. 15, comma 1 – tra l’altro e nella parte che rileva ai fini della controversia in esame – prevede la “condonabilità” dei “processi verbali di constatazione relativamente ai quali, alla data di entrata in vigore della presente legge non è stato notificato avviso di accertamento..”, così come prima prevede che siano altresì “condonabili” “gli avvisi di accertamento per i quali alla data di entrata in vigore della presente legge non sono ancora spirati i termini per la proposizione del ricorso”.

La voluntas legis è quindi chiaramente nel senso della non “condonabilità” degli atti impositivi ormai divenuti definitivi e degli “atti presupposti” dei medesimi qualora sia stato emesso l’atto conclusivo della fase procedimentale amministrativa di attuazione del tributo.

Orbene, la CTR nel caso di specie ha correttamente interpretato ed applicato tali disposizioni, constatando in fatto che si era formalmente chiesto il condono per un avviso di accertamento divenuto definitivo, poichè, pacificamente, non impugnato nei termini di legge, quindi appunto affermando in diritto la prima delle due regole normative citate.

Non ha alcun rilievo nel caso di specie il principio dell’ “errore scusabile”, poichè anche a voler seguire la correlativa allegazione della società ricorrente ossia che nell’istanza di condono de qua si è soltanto per errore materiale indicato l’avviso di accertamento in luogo del prodromico PVC, comunque tale atto non era più comunque “condonabile”, come ritenuto dalla CTR, proprio a causa del fatto che medio tempore l’atto impositivo era divenuto definitivo.

Sotto il profilo in esame la sentenza impugnata non merita dunque critica alcuna.

Con il secondo e con il terzo motivo ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 5 e 3 – la società ricorrente rispettivamente lamenta omesso esame di un fatto decisivo della controversia e violazione/falsa applicazione dell’art. 2679 c.c. (recte, art. 2697), per l’omessa risposta alla doglianza relativa alla mancata produzione da parte dell’Agenzia delle Entrate, ufficio locale, della documentazione inerente la pratica condonistica in oggetto e quindi correlativamente per il mancato assolvimento dell’onere probatorio della maggior pretesa fiscale dell’Ente impositore.

Le censure si palesano sia inammissibili che infondate.

In particolare, la prima per l’omessa indicazione precisa del “fatto decisivo controverso” rispetto al quale vi sarebbe stata omessa pronuncia, quindi per la sua sostanziale genericità, che ugualmente affligge anche la seconda, comunque all’evidenza infondata, trattandosi di un diniego di condono a fronte di un atto impositivo definitivo, rispetto al quale dunque l’Ente impositore nulla doveva più provare.

Si ritiene pertanto la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 375 c.p.c., per la trattazione del ricorso in camera di consiglio e se ne propone il rigetto”.

Il Collegio condivide la relazione depositata.

Va soggiunto che in ordine all’ “errore scusabile” si deve ribadire che “In tema di definizione della lite pendente ai sensi del D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 2 (conv. nella L. n. 111 del 2011), nella specie con rigetto dell’istanza dall’Amministrazione per difetto di corrispondenza del valore della lite in domanda da quello reale, la scusabilità dell’errore è invocabile se l’esimente si relazioni alla oggettiva difficoltà della conoscenza o interpretazione di una norma, non rilevando invece una mera complessità dei calcoli imposti dalla disciplina, ove l’ausilio di un consulente possa ovviare agli inconvenienti” (Sez. 6-5, Ordinanza n. 18023 del 24/07/2013, Rv. 627895), essendo tale principio, al di là della diversità del caso concreto, di portata generale interpretativa della normativa condonistica.

Il ricorso va dunque rigettato; nulla per le spese stante la mancata costituzione dell’Agenzia fiscale intimata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese. E’ dovuto l’ulteriore versamento D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 bis e comma 1 quater.

Così deciso in Roma, il 1 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2017

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