Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10059 del 15/05/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 10059 Anno 2015
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: MANNA FELICE

SENTENZA
sul ricorso 9991-2014 proposto da:
SCARLINO MARISA, APRILE ROBERTO DONATO,
CLEOPAZZO ALESSANDRO, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA TARO 25 – scala IV, presso lo studio dell’avvocato DEBORA
MAGARAGGIA, rappresentati e difesi dagli avvocati PIERLUIGI
DELL’ANNA, DAVIDE SALVATORE PIERRI, giusta mandato a
margine del ricorso;
– ricorrenti contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587 in persona del
Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

r64

t

Data pubblicazione: 15/05/2015

,

S

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DF.T LO
STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente avverso il decreto n. 940/2013 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
17/02/2015 dal Consigliere Relatore Dott. FELICE MANNA;
udito per i ricorrenti l’Avvocato Pierluigi Dell’Arma che si riporta agli
scritti.

kic. 2014 n. 09991 sez. M2 – ud. 17-02-2015
-2-

t

POTENZA, depositato il 17/10/2013;

IN FATTO
Con ricorso del 12.3.2012 Marisa Scartino, Roberto Donato Aprile e
Alessandro Cleopazzo adivano la Corte d’appello di Potenza per ottenere la
condanna del Ministero della Giustizia al pagamento di un equo indennizzo,

paragrafo l della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), del
4.11.1950, ratificata con legge n.848155. Processo presupposto una procedura
fallimentare aperta innanzi al Tribunale di Lecce nel 1988 e definita il
22.9.2011, cui i ricorrenti avevano partecipato in veste di creditori ammessi
allo stato passivo.
Resisteva il Ministero.
Con decreto del 17.10.2013 la Corte d’appello di Potenza, stimata in sette
anni la durata ragionevole del procedimento presupposto e calcolata in undici
anni la durata eccedente il limite di ragionevolezza, liquidava in favore dei
ricorrenti la somma di £ 5.500,00 per ciascuno, tenuto conto del non elevato
importo dei crediti rispettivamente azionati e del comportamento pressoché
contemplativo dei ricorrenti, che non avevano posto in essere alcuna iniziativa
volta a sollecitare una rapida definizione del procedimento.
Per la cassazione di tale decreto Marisa Scartino, Roberto Donato Aprile e
Alessandro Cleopazzo propongono ricorso, affidato ad un unico motivo.
Resiste con controricorso il Ministero.
11 Collegio ha disposto che la motivazione della sentenza sia redatta in
forma semplificata.
MOTIVI DELLA DECISIONE

3

ai sensi dell’art.2 della legge 24 marzo 2001, n.89, in relazione all’art.6,

1. – L’unico motivo di ricorso espone la violazione degli artt. 2 legge n.
89/01, 2056 c.c., 1 legge cosi. n. 2/99, e 6, paragrafo 1, CEDU, nonché il vizio
di contraddittoria motivazione ed omesso esame di fatti decisivi, in relazione
ai nn. 3 e 5 dell’art. 360 c.p.e. Si sostiene che non si vede quale iniziativa i

procedura fallimentare, e si contesta il non elevato importo dei crediti, che al
contrario erano tutt’altro che bagatellari. Parte ricorrente lamenta, inoltre,
l’esiguità della liquidazione, in contrasto con il parametro ordinario (750 curo
per i primi tre anni e 1.000 per i successivi), richiamandosi espressamente a
Cass. n. 18323/12, e indica in sette anni la durata massima ragionevole per
una procedura fallimentare.
2. – Il motivo è infondato.
2.1. – In tema di equa riparazione da irragionevole durata del processo
fallimentare, per il quale il creditore non abbia neppure dimostrato di aver
manifestato nei confronti degli organi della procedura uno specifico interesse
alla definizione della stessa, è congrua la liquidazione dell’indennizzo nella
misura solitamente riconosciuta per i giudizi amministrativi protrattisi oltre
dieci anni, rapportata su base annua a circa euro 500,00, dovendosi
riconoscere al giudice il potere, avuto riguardo alle peculiarità della singola
fattispecie, di discostarsi dagli ordinari criteri di liquidazione dei quali deve
dar conto in motivazione (Cass. n. 16311/14, che richiama a sua volta i
precedenti dei casi Volta et autres c. Italia, del 16 marzo 2010 e Falco et
autres c. Italia, del 6 aprile 2010, recepiti dalla giurisprudenza di questa Corte
con sentenze nn. 14753/10, 3271/11 e 5914/12).

4

ricorrenti avrebbero potuto adottare per rendere sollecita la definizione della

Nello specifico la Corte territoriale ha sostanzialmente adottato il suddetto
parametro di liquidazione dell’indennizzo, ove si consideri che l’importo
complessivo di

e

5.500,00 per undici anni di durata irragionevole sconta

l’implicita applicazione, appunto, del moltiplicatore annuo di € 500,00.

territoriale circa la condotta non attiva dei ricorrenti all’interno della
procedura fallimentare, non essendo più censurabile la motivazione a termini
dell’art. 360, n. 5 c.p.c., come modificato dal D.L. n. 83/12, convertito in
legge n. 134/12 (applicabile nella specie, per essere stato emesso il decreto
impugnato il 17.10.2013). Tale modifica ha reso deducibile solo il vizio
d’omesso esame -di un fatto decisivo che sia stato oggetto di discussione tra le
parti, confinando così il controllo della motivazione sub specie nullitatis, in
relazione al n. 4 dell’art. 360 c.p.c., che ricorre solo nel caso di una
sostanziale carenza del requisito di cui all’art. 132, n. 4 c.p.c. (cfr. Cass. S.U.
n. 8053/14).
3. – Pertanto, il ricorso va respinto.
4. – Le spese del presente giudizio di cassazione, liquidate come in
dispositivo, seguono la soccombenza dei ricorrenti.
5. – Rilevato che dagli atti il processo risulta esente, non si applica l’art. 13,
comma l-quater D.P.R. n. 115/02, inserito dall’art. 1, comma 17 legge n.
228/12.
P. Q. M.

La Corte rigetta il ricorso e pone a carico dei ricorrenti le spese, che liquida
in E 500,00, oltre spese prenotate e prenotande a debito.

2.1.1. – Né è criticabile, poi, la valutazione di fatto compiuta dalla Corte

A

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile –

2 della Corte Suprema di Cassazione, il 17.2.2015.

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