Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10058 del 28/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 28/05/2020, (ud. 24/10/2019, dep. 28/05/2020), n.10058

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34221 – 2018 R.G. proposto da:

F.A.D. – c.f. (OMISSIS) – T.M. – c.f.

(OMISSIS) – elettivamente domiciliati, con indicazione

dell’indirizzo p.e.c., in Mariotto (BA), al largo Papa Giovanni

Paolo II, n. 7, presso lo studio dell’avvocato Antonio Carrara che

li rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al

ricorso.

– ricorrenti –

contro

C.M. – c.f. (OMISSIS) –

– intimato –

avverso la sentenza n. 63 dei 9/13.1.2018 della corte d’appello de

L’Aquila;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 ottobre

2019 dal consigliere Dott. Luigi Abete.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Con sentenza n. 1224 dei 1/14.12.2010 il tribunale di Teramo, in merito alla domanda proposta da C.M. – con citazione del 21.4.2005 – nei confronti di F.A.D. e di T.M., accertava – tra l’altro – la legittimità del recesso ex art. 1385, 2 co., c.c. di C.M. dal preliminare di compravendita stipulato in data 24.3.2003 con i convenuti, atteso l’inadempimento a costoro ascrivibile, e li condannava a corrispondere all’attore la somma di Euro 33.700,00, pari al doppio della caparra confirmatoria ricevuta.

2. F.D.A. e di T.M. proponevano appello.

Resisteva C.M..

Con sentenza n. 63 dei 9/13.1.2018 la corte d’appello de L’Aquila rigettava il gravame e condannava gli appellanti alle spese del grado.

3. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso F.D.A. e T.M.; ne hanno chiesto sulla scorta di un unico motivo la cassazione con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite.

C.M. non ha svolto difese.

4. Il relatore ha formulato proposta di manifesta fondatezza del ricorso ex art. 375 c.p.c., n. 5); il presidente ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1, ha fissato l’adunanza in camera di consiglio.

5. Con l’unico motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità degli atti del giudizio d’appello e della sentenza d’appello per violazione dell’art. 301 c.p.c..

Deducono che l’avvocato Enzo Piersanti, unico loro difensore, in primo ed in secondo grado, è deceduto – come da certificato di morte rilasciato in data 30.7.2018 dal Comune di Canzano – il 29.10.2014, nel corso del giudizio di appello; che il decesso del difensore, sin dalla data della sua verificazione, ha comportato l’interruzione ipso iure del processo e la nullità degli atti processuali tutti successivamente compiuti; che segnatamente il decesso del loro difensore ha impedito ad essi appellanti l’esplicazione delle loro difese.

6. Il ricorso è fondato e va accolto.

7. Si dà atto, alla stregua del certificato di morte rilasciato in data 30.7.2018 dal Comune di Canzano ed acquisito al fascicolo, che Enzo Piersanti, unico difensore di F.A.D. e di T.M., sia in primo grado (vedasi sentenza di primo grado, pag. 1) sia in secondo grado (vedasi atto d’appello, pag. 1; l’avvocato Silvia Catalucci era in appello mero difensore domiciliatario), è deceduto in data 29.10.2014, nel corso del giudizio di appello, giudizio d’appello introdotto nel 2011 e definito con sentenza dei 9/13.1.2018.

8. E’ sufficiente quindi ribadire l’insegnamento di questa Corte.

Ovvero l’insegnamento secondo cui la morte dell’unico procuratore a mezzo del quale la parte è costituita in giudizio, comporta, ai sensi dell’art. 301 c.p.c., l’automatica interruzione del processo, con conseguente preclusione di ogni ulteriore attività processuale, che se compiuta è causa di nullità degli atti successivi e della sentenza (cfr. Cass. (ord.) 12.11.2018, n. 28846, ove si soggiunge che tale nullità, in applicazione della regola dell’art. 161 c.p.c., può essere fatta valere solo quale motivo di impugnazione, e nei limiti di questa, con l’effetto che non è più proponibile se sia decorso il termine “lungo” decorrente dalla pubblicazione della sentenza, ex art. 327 c.p.c., comma 1; Cass. 30.4.2009, n. 10112).

9. Nel caso di specie dunque la morte dell’avvocato Enzo Piersanti ha determinato la nullità degli atti tutti del giudizio d’appello successivi al 29.10.2014 (va significativamente posto in risalto che nel corso dell’udienza innanzi alla corte d’appello del 19.9.2017 il solo appellato ha provveduto a precisare le conclusioni: cfr. sentenza d’appello, pag. 4) e la nullità è stata ritualmente fatta valere, quale motivo di impugnazione, con il ricorso per cassazione, ritualmente notificato in data 21.11.2018 a mani proprie dell’avvocato Giandonato Morra, difensore costituito in appello di C.M. – rimasto intimato – nel rispetto (a far data dal 13.1.2018) del termine “lungo” annuale (si applica ratione temporis alla fattispecie il termine “lungo” di un anno, atteso che il giudizio in prime cure ha avuto inizio nel 2005, in epoca antecedente al 4.7.2009: cfr. Cass. (ord.) 6.10.2015, n. 19969, secondo cui, in tema di impugnazioni, la modifica dell’art. 327 c.p.c., introdotta dalla L. n. 69 del 2009, che ha sostituito il termine di decadenza di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza all’originario termine annuale, è applicabile, ai sensi dell’art. 58, comma 1, della predetta legge, ai soli giudizi instaurati dopo la sua entrata in vigore e, quindi, dal 4 luglio 2009, restando irrilevante il momento dell’instaurazione di una successiva fase o di un successivo grado di giudizio. Cfr. Cass. (ord.) 6.10.2016, n. 20102).

10. In accoglimento del ricorso la sentenza n. 63 dei 9/13.1.2018 della corte d’appello de L’Aquila va cassata con rinvio alla stessa corte d’appello in diversa composizione anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

11. In dipendenza del buon esito del ricorso non sussistono i presupposti perchè i ricorrenti, F.A.D. e T.M., siano tenuti, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma del medesimo D.P.R., art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza n. 63 dei 9/13.1.2018 della corte d’appello de L’Aquila e rinvia alla stessa corte d’appello in diversa composizione anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2020

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