Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10057 del 28/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 28/05/2020, (ud. 24/10/2019, dep. 28/05/2020), n.10057

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32962 – 2018 R.G. proposto da:

C.N. – c.f. (OMISSIS) – elettivamente domiciliato, con

indicazione dell’indirizzo di p.e.c., in Bari, alla via Cognetti, n.

50, presso lo studio dell’avvocato Giuseppe Polito che lo

rappresenta e difende in virtù di procura speciale a margine del

ricorso.

– ricorrente –

contro

ISTITUTO di SERVIZI per il MERCATO AGRICOLO ALIMENTARE (ISMEA) –

p.i.v.a. 01942351006 / c.f. 08037790584 – in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso in virtù di

procura speciale in calce al controricorso dall’avvocato Francesco

Biga ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via Giovanni

Caselli, n. 39, presso lo studio dell’avvocato Caterina Gigante.

– controricorrente –

e

M.A. (in proprio e quale erede di M.L.),

M.G. (in proprio e quale erede di M.L.),

L.G. (quale erede di M.L.).

– intimati –

avverso la sentenza n. 559 dei 6/27.10.2017 della corte d’appello di

Potenza, udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24

ottobre 2019 dal consigliere Dott. Luigi Abete.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Con ricorso ex art. 1159 bis c.c. in data 16.7.2002 al tribunale di Matera C.N. esponeva di possedere animo domini, da oltre quindici anni, pacificamente, pubblicamente ed ininterrottamente talune porzioni di terreno in agro di Irsina (in catasto al fol. 62, partt. n. (OMISSIS) e n. (OMISSIS)).

Chiedeva che l’adito tribunale accertasse e desse atto dell’intervenuto acquisto da parte sua, per usucapione, della piena ed esclusiva proprietà delle medesime porzioni di terreno.

2. Proponeva opposizione l'”ISMEA”, subentrato alla “Cassa per la Formazione della Proprietà Contadina”.

Deduceva che le particelle asseritamente usucapite facevano parte di un compendio di circa 72 ettari che aveva acquistato il 15.12.1988 ed in pari data alienato, con riserva di proprietà, a M.L., M.A. e M.G.; che le particelle erano gravate da vincolo di indisponibilità, siccome destinate alla formazione della proprietà diretta coltivatrice.

Instava per il rigetto dell’avversa domanda.

2.1. Si costituiva C.N.. Reiterava le pregresse conclusioni.

Soggiungeva che suo padre, C.F.P., aveva, a sua volta, posseduto animo domini le porzioni di terreno contese sin dal 1966.

Chiedeva, in subordine, che il tribunale accertasse e desse atto dell’intervenuto acquisto, per usucapione, già da parte del proprio dante causa.

2.2. Non si costituivano M.L., M.A. e M.G..

3. Assunta la prova testimoniale, con sentenza n. 69/2007 il tribunale accoglieva l’opposizione e rigettava le domande tutte dell’iniziale ricorrente.

4. C.N. proponeva appello.

Resisteva l'”ISMEA”.

Venivano dichiarati contumaci M.L., M.A. e M.G..

4.1. Con sentenza n. 559/2017 la corte d’appello di Potenza dichiarava inammissibile il gravame limitatamente alla domanda di intervenuta usucapione in favore di C.F.P., rigettava il gravame limitatamente alla domanda di intervenuta usucapione in favore di C.N..

5. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso C.N.; ne ha chiesto sulla scorta di tre motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite.

L” “ISMEA” ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.

M.A. e M.G. (in proprio e quali eredi di M.L.) nonchè L.G. (quale erede di M.L.) non hanno svolto difese.

6. Il relatore ha formulato proposta di manifesta infondatezza del ricorso ex art. 375 c.p.c., n. 5); il presidente ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1, ha fissato l’adunanza in camera di consiglio.

7. Il ricorrente ha depositato memoria.

Del pari ha depositato memoria il controricorrente.

8. Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 112 c.p.c., la nullità dell’impugnata sentenza.

Premette che la corte di merito ha ritenuto improponibile la domanda di usucapione speciale, in primo luogo, perchè le porzioni di terreno contese, siccome incluse in altri fondi rustici, non costituiscono un’ “autonoma unità produttiva”; in secondo luogo, perchè non è stata provata la titolarità dell'”azienda C.” in capo ad egli ricorrente e prima ancora in capo al suo genitore, C.F.P..

Indi deduce che ambedue le questioni involte dai profili di affermata improponibilità non sono mai state oggetto del giudizio, nè di primo nè di secondo grado, ovvero non sono mai state eccepite ex adverso, sicchè la corte distrettuale è incorsa nel vizio di extrapetizione ovvero di ultrapetizione.

9. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 230 del 1950, art. 1 e della L. n. 841 del 1950, art. 2, la violazione dell’art. 830 c.c., comma 2, dell’art. 826 c.c., comma 3 e dell’art. 828 c.c., comma 2 e della L. n. 817 del 1971, art. 11.

Premette che la corte territoriale altresì ha ritenuto improponibile la domanda di usucapione – speciale ed ordinaria – giacchè le particelle n. (OMISSIS) e n. (OMISSIS) sin dal 15.12.1988 sono entrate a far parte del patrimonio dell'”ISMEA”, divenendo così bene indisponibile, siccome destinato al servizio pubblico della distribuzione della proprietà terriera.

Indi deduce che i terreni destinati al servizio pubblico di distribuzione della proprietà terriera sono unicamente quelli degli “Enti di Riforma Fondiaria”; che, al contempo, nessuna legge destina, nessun provvedimento amministrativo destina le particelle contese al servizio pubblico della distribuzione della proprietà terriera; che, di conseguenza, le particelle contese fanno parte del patrimonio disponibile dell'”ISMEA” e sono usucapibili; che, infine, il vincolo di indivisibilità, cui sono assoggettati i terreni della “Cassa per la Formazione della Proprietà Contadina”, alla quale è subentrata l'”ISMEA”, osta alla loro disponibilità mediante frazionamento, ma non alla loro usucapibilità.

10. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 112 c.p.c., la nullità dell’impugnata sentenza per omessa pronuncia su motivo d’appello.

Deduce che la corte di Potenza non si è pronunciata in ordine al motivo d’appello con cui aveva censurato il primo dictum, nella parte in cui il primo giudice aveva omesso la valutazione ovvero aveva erroneamente valutato le dichiarazioni rese dai testimoni D. e B..

11. I motivi tutti di ricorso vanno respinti.

12. E’ evidente che il dictum di seconde cure è ancorato ad una duplice “ratio decidendi” (cfr. sentenza d’appello, pagg. 13 – 16. In altra parte – cfr. pagg. 11/13 – la corte potentina ha dichiarato inammissibile la domanda di intervenuta usucapione speciale delle particelle contese da parte di C.F.P., padre del ricorrente).

Sicchè sovviene l’insegnamento di questa Corte a tenor del quale, qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle “rationes decidendi” rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (cfr. Cass. 14.2.2012, n. 2108; Cass. (ord.) 11.5.2018, n. 11493).

13. Su tale scorta si premette che il terzo motivo di ricorso, che specificamente attinge la seconda autonoma ratio – “l’appello è altresì infondato nel merito per mancato raggiungimento della prova in ordine al possesso da parte dell’avv. C. delle Particelle 60 e 78 per il tempo utile al consolidarsi dell’usucapione delle stesse in suo favore” (così sentenza d’appello, pag. 15) – si qualifica in via esclusiva in relazione alla previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Invero, per un verso, con il terzo mezzo il ricorrente censura sostanzialmente il giudizio “di fatto” cui la corte d’appello ha atteso in ordine del riscontro del possesso ad usucapionem (pur in memoria il ricorrente prospetta che “c’è contraddittorietà tra quanto riferiscono i testi e quanto ritiene di aver accertato il giudice di merito”: così memoria, pag. 14); per altro verso, è propriamente il motivo di ricorso ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che concerne l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia (cfr. Cass. sez. un. 25.11.2008, n. 28054).

Conseguentemente le censure addotte con il terzo motivo rilevano – se del caso – nel segno della novella formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e nei limiti di cui alla pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte.

14. In questi termini si rappresenta quanto segue.

Da un canto, nessuna delle figure di “anomalia motivazionale” destinate ad acquisire significato alla stregua della pronuncia delle sezioni unite menzionata – e tra le quali di certo non è annoverabile il semplice difetto di “sufficienza” della motivazione – si scorge in relazione alle motivazioni cui la corte distrettuale ha ancorato il suo dictum.

In particolare, con riferimento al paradigma della motivazione “apparente” – che ricorre allorquando il giudice di merito non procede ad una approfondita disamina logico – giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16672) – la corte territoriale ha compiutamente ed intellegibilmente esplicitato il proprio iter argomentativo (“nessuno dei testi escussi ha ricordato o è stato in grado di individuare le particelle in parola come quelle lavorate per conto dell’azienda dell’avv. C. o che facessero parte di quest’ultima: nè il teste Ba. (…); nè il teste D. (…); nè il teste P.G. (…); nè il teste Ca.Pi. (…)”: così sentenza d’appello, pagg. 15 – 16; “la genericità delle deposizioni rese dai testi escussi rispetto all’oggetto della domanda di usucapione (…), così come la mancanza di riferimenti temporali che possano dimostrare una continuità del possesso uti dominus, rendono priva di idonea prova la domanda dell’appellante”: così sentenza d’appello, pag. 16).

D’altro canto, la corte di Potenza ha sicuramente disaminato il fatto storico caratterizzante la res litigiosa ovvero il preteso possesso da parte di C.N. delle particelle n. (OMISSIS) e n. (OMISSIS) del foglio n. 62.

15. In ogni caso l’iter motivazionale che sorregge il dictum della corte potentina risulta in toto ineccepibile sul piano della correttezza giuridica ed assolutamente congruo ed esaustivo.

15.1. Del resto il ricorrente censura – indebitamente sub specie di omessa pronuncia su di un motivo d’appello (si condivide il rilievo della controricorrente secondo cui “nell’avverso ricorso si vorrebbe far passare quale omesso esame di un motivo di appello quella che è invece una vera e propria richiesta di riesame del contenuto delle deposizioni dei testimoni (…)”: così controricorso, pag. 24) – l’asserita omessa ed erronea valutazione delle risultanze di causa (“il giudice di secondo grado (…) avrebbe dovuto facilmente prendere atto che i testi escussi, pur non facendone espressa menzione, le p.11e in questione, sia pure indirettamente, di fatto le hanno indicate (…)”: così ricorso, pag. 22; il “giudicante, avendo disatteso l’esame della deposizione dei testi e (…) della documentazione catastale inerente i fondi (…)”: così memoria, pagg. 14 – 15).

E tuttavia – viepiù che la corte di seconde cure ha vagliato le dichiarazioni rese dai testi D. e B. – il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nè in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4, – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. (ord.) 26.9.2018, n. 23153).

15.2. Si tenga conto che già nel vigore dell’art. 360 c.p.c., comma 1, abrogato n. 5, si spiegava che, ai fini di una corretta decisione, il giudice del merito non è tenuto a valutare analiticamente tutte le risultanze processuali, nè a confutare singolarmente le argomentazioni delle parti, essendo sufficiente che, dopo averle vagliate nel complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il suo convincimento e l’iter seguito nella valutazione degli stessi e per le proprie conclusioni, implicitamente disattendendo quelli logicamente incompatibili con la decisione adottata (cfr. Cass. 10.5.2000, n. 6023).

16. Il rigetto del terzo motivo di ricorso dà ragione ex se, nel solco degli insegnamenti n. 2108/2012 e n. 11493/2018 di questa Corte dapprima citati, dell’inammissibilità del primo e del secondo motivo di ricorso.

Si badi che il mancato riscontro probatorio della “continuità del possesso uti dominus” giustifica di per sè il rigetto della domanda del ricorrente, pur a prescindere dall’ulteriore rilievo (analogamente parte della seconda ratio) secondo cui la prova del possesso ad usucapionem non potevasi “ritenere raggiunta (…) neanche sotto il profilo soggettivo” (così sentenza d’appello, pag. 16), rilievo, quest’ulteriore, attinto, sub specie di extra o di ultrapetizione, dal primo motivo di ricorso.

17. Il ricorrente, giacchè soccombente, va condannato, come da dispositivo, a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di legittimità.

A. e M.G. e L.G. non hanno svolto difese. Nessuna statuizione in ordine alle spese va pertanto nei loro confronti assunta.

18. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del D.P.R. cit., art. 13, 1 co. Bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente, C.N., a rimborsare al controricorrente, “Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare (ISMEA)”, le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del D.P.R. cit., art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2020

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