Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10056 del 15/05/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 10056 Anno 2015
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: MANNA FELICE

SENTENZA
sul ricorso 5991-2014 proposto da:
CANNATA GIORGIO, elettivamente domiciliato in ROMA, presso
la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso da sé
medesimo; .
– ricorrente contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587 in persona del
Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;
controricorren te –

Data pubblicazione: 15/05/2015

~

.11~

1.11~1.•

avverso il decreto nel procedimento R.G. 314/2013 della CORTE
D’APPFT J.0 di CATANIA dell’11.11.2013, depositato il 13/12/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
17/02/2015 dal Consigliere Relatore Dott. FELICE MANNA;
udito il ricorrente nella persona dell’Avvocato Giorgio Cannata che si

riporta alla memoria.
C”–

Ric. 2014 n. 05991 sez. M2 – ud.17-02-2015
-2-

7

IN FATTO
Con sentenza n. 14818/13 questa Corte Suprema annullava con rinvio il
decreto emesso il 23.5.2012 col quale la Corte d’appello di Catania aveva
respinto la domanda di equo indennizzo ex lege n. 89/01 presentata in proprio

fallimentare (contro la ditta Ricottone Giuseppe, di Ricottone Gesuina)
pendente innanzi al Tribunale di Caltanissetta, nel cui stato passivo detto
avvocato si era insinuato con due domande, una in data 24.4.1996 e l’altra in
data 30.4.1996.
All’esito del giudizio di rinvio, detta Corte territoriale con decreto del
‘13.12.2013, stimata la durata ragionevole della procedura fallimentare in
cinque anni, e calcolata in undici anni e sei mesi la durata eccedente,
liquidava in favore del ricorrente la somma di E 2.506,88, pari all’ammontare
del credito per il quale l’avv. Cannata era stato ammesso al passivo
fallimentare. Ciò in applicazione analogica dell’art. 2-bis della stessa legge n.
89/01, introdotto dal D.L. n. 83/12, convertito in legge n. 134/12, della cui
diretta inapplicabilità alla fattispecie

ratione temporis

pure dava

espressamente atto, attesa la necessità di liquidare il danno non patrimoniale
in via equitativa, avuto riguardo alla natura estremamente semplice della
“causa” e all’entità dell’interesse concreto dedotto in giudizio.
Per la cassazione di tale decreto ricorre l’avv. Calmata, in base a due
motivi, successivamente illustrati da memoria.
Resiste con controricorso il Ministero della Giustizia.

Il Collegio ha disposto che la motivazione della sentenza sia redatta in
forma semplificata.
3

dall’avv. Giorgio Cannata, in relazione alla durata eccessiva di una procedura

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Il primo motivo espone la violazione o falsa applicazione dell’art. 2,
commi 2 e 3 legge n. 89/01, e dell’art. 6 CEDU, in relazione al n. 3 dell’art.
360 c.p.c. Deduce, al riguardo, parte ricorrente che a pag. 3 del decreto

ricorrente ammesso allo stato passivo del fallimento. Ciò lascia intendere,
prosegue il ricorrente, che la Corte territoriale abbia per un verso ritenuto
erroneamente di parametrare l’indennizzo alle domande di ammissione al
passivo del fallimento; e dall’altro che abbia concretamente determinato tale
indennizzo in misura inferiore rispetto al dovuto, per effetto dell’erronea
supposizione dell’ammontare dei crediti ammessi.
1.1. – Il motivo è manifestamente infondato.
Il decreto impugnato ha riconosciuto alla fine che il credito del Cannata
ammesso allo stato passivo era di e 2.506,88 e in considerazione di tale
importo ha liquidato l’indennizzo. Ne deriva che quanto indicato a pag. 3 del
decreto è tutt’al più un errore materiale suscettibile di correzione ex arti. 287.288 c.p.c., che non compete a questa Corte.
2. – Il secondo motivo espone la violazione o falsa applicazione degli artt.
2, commi 2 e 3, legge n. 89/01, 6 CEDU e 11, comma 1, disp. prel. c.c.,
nonché della legge n. 134/12, in relazione al n. 3 dell’art. 360 c.p.c., avendo la
Corte distrettuale operato un’illegittima e retroattiva applicazione analogica
dell’art. 2-bis legge c.d. Pinto, introdotto dal D.L. n. 83/12, convertito in legge
n. 134/12; col risultato di liquidare = indennizzo di poco superiore a 217,99
euro per ogni anno di ritardo.
2.1. – Il motivo è fondato.

impugnato, è erroneamente indicato in euro 338,51 l’importo del credito del

-

Il ricorso all’analogia è consentito dall’art. 12 delle preleggi solo quando
manchi nell’ordinamento una specifica disposizione regolante la fattispecie
concreta e si renda, quindi, necessario porre rimedio ad un vuoto normativo
altrimenti incolmabile in sede giudiziaria (Cass. nn. 2656/15 e 9852/02).

89/01, nella formulazione precedente alle modifiche apportate dal D.L. n.
83/12, convertito in legge n. 134/12, la legge n. 89/01, per come
costantemente interpretata ed applicata non pone all’equa riparazione alcun
limite fisso derivante dalla posta in gioco nel processo presupposto. La
maggiore o minore entità di questa può incidere sulla misura dell’indennizzo,
consentendo al giudice anche di scendere al di sotto della “soglia minima”
(cfr. Cass. n. 12937/12), ma non per questo è lecito parificarne la liquidazione
al valore della causa in cui si è verificata la violazione, in mancanza di
elementi idonei a dimostrare un pregiudizio maggiore.
3. – Il decreto impugnato va dunque cassato in relazione al motivo accolto,
con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Catania, che si atterrà al
principio anzi detto e provvederà anche sulle spese di cassazione.
P. Q. M.
La Corte accoglie il secondo motivo, respinto il primo, e cassa il decreto
impugnato con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Catania, che
provvederà anche sulle spese di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 17.2.2015.

Nel caso in esame non ricorre alcun vuoto normativo, atteso che la legge n.

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