Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10056 del 06/05/2011
Cassazione civile sez. trib., 06/05/2011, (ud. 05/04/2011, dep. 06/05/2011), n.10056
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LUPI Fernando – Presidente –
Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –
Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –
Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –
Dott. CARACCIOLO Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) in persona del Direttore Centrale
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI
12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende, ope legis;
– ricorrente –
contro
CMR SPA CENTRO MEDICO DI DIAGNOSTICA E RIABILITAZIONE;
– intimato –
avverso la sentenza n. 130/2008 della Commissione Tributaria
Regionale di NAPOLI del 16.6.08, depositata il 30/06/2008;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
05/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO;
E’ presente l’Avvocato Generale in persona del Dott. IANNELLI
DOMENICO.
Fatto
FATTO E DIRITTO
La Corte, ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ..
e’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
il relatore cons. Dott. Giuseppe Caracciolo, letti gli atti depositati, Osserva:
La CTR di Napoli ha rigettato l’appello dell’Agenzia delle Entrate nei confronti di “CMR spa – Centro Medico di Diagnostica e Riabilitazione” -appello proposto contro la sentenza n. 252/09/2006 della CTP di Benevento – annullando il silenzio rifiuto sulle istanze della societa’ contribuente volte ad ottenere il rimborso delle some corrisposte a titolo di rivalsa negli anni dal 1994 al 2001 in relazione ad acquisti destinati ad attivita’ esente da IVA e sul presupposto di avere esercitato – appunto- esclusivamente attivita’ sanitaria esente.
La predetta CTR ha motivato la decisione ritenendo (per quanto qui ancora interessa) che “in forza della direttiva 6/a CEE del 17.5.1997 n. 77/388 art. 10, la Corte di Giustizia CEE con sentenza del 25.6.1997 ha rilevato che la Repubblica Italiana e’ venuta meno agli obblighi derivanti dal citato art. 13 perche’ non ha esentato le forniture di beni destinati esclusivamente ad un’attivita’ esentata, ove questi beni non abbiano formato oggetto di un diritto a deduzione”, nel mentre il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 bis del invocato dall’Agenzia, va applicato nei confronti dei soggetti che effettuano sia operazioni imponibili sia operazioni esenti.
La CTR ha ancora ritenuto che non fosse fondata l’eccezione di difetto di legittimazione attiva in capo alla parte ricorrente, cosi’ come quella di decadenza per il decorso del termine del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21.
L’Agenzia delle Entrate ha interposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
La societa’ contribuente non si e’ costituita.
Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all’art. 376 c.p.c. – puo’ essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5.
Infatti, con il quarto motivo di censura (rubricato come:”Violazione ed errata applicazione dell’art. 13, parte b) della lett. e) della 6 direttiva CEE, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 ed al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62, comma 1″, ed assistito da idoneo quesito) la ricorrente si e’ doluta dell’errore compiuto dal giudice di appello per avere frainteso il corretto significato del menzionato art. 13, e cioe’ il fatto che il medesimo renda non soggette ad imposta le sole cessioni di’ beni effettuate da soggetto che – al momento dell’acquisto – non abbia potuto pagare la detrazione dell’IVA pagata su di esso, operazioni di cessione che non erano state allegate come fonte della imposta di cui la originaria ricorrente aveva preteso il rimborso.
In termini del tutto coerenti con gli assunti della parte ricorrente questa Corte si e’ gia’ pronunciata numerose volte, con successione uniforme:” In tema di IVA, l’esenzione prevista dall’art. 13, parte B). lett. e), della 6^ direttiva n. 77/388/CHE del Consiglio, del 17 maggio 1977, secondo l’interpretazione fornitane dalla Corte di Giustizia CE con ordinanza del 6 luglio 2006, in cause C-18/05 e C- 155/05, si applica esclusivamente alla rivendila di beni acquistati per l’esercizio di un’attivita’ esente, ove gli stessi non abbiano formato oggetto di un diritto a detrazione, e non giustifica pertanto il rimborso dell’imposta versata per l’acquisto di beni o servizi destinati in modo esclusivo all’esercizio di un’attivita’ esentata, ancorche’ esclusi dal diritto a detrazione, non essendo il diritto al rimborso desumibile neppure dalla sentenza 25 giugno 1997, in causa C- 45/95, con cui la Corte si e’ limitata ad accertare l’inadempimento della Repubblica Italiana agli obblighi derivanti dalla medesima disposizione, senza avallare un’interpretazione diversa da quella successivamente fornita con la predetta ordinanza” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 27207 del 23/12/2009 ultima reperita). Apparendo piu’ liquida e preliminare in senso logico la questione esaminata sotto la rubrica del vizio di cui sin qui si e’ detto, tutti gli altri motivi di censura restano assorbiti.
Non essendovi ulteriori accertamenti di fatto da espletare, la controversia puo’ essere decisa nel merito, con l’integrale rigetto del ricorso proposto dalla parte contribuente avverso il silenzio – rifiuto sulle istanze di rimborso.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza.
che la relazione e’ stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, ne’ memorie.
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va accolto, con conseguente decisione nel merito.
che le spese di lite posso essere regolate secondo la soccombenza.
PQM
LA CORTE accoglie il ricorso. Cassa la sentenza decidendo nel merito rigetta il ricorso di primo grado del contribuente. Condanna la parte intimata alla rifusione delle spese di questo grado liquidate in Euro 8.000,00 oltre alle spese prenotate a debito.
Cosi’ deciso in Roma, il 5 aprile 2011.
Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2011