Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10055 del 09/05/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 10055 Anno 2014
Presidente: ADAMO MARIO
Relatore: CIRILLO ETTORE

SENTENZA

sul ricorso 1805-2007 proposto da:
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro
pro tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliati in
ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope
2013

legis;
– ricorrenti –

3305
contro

SY & CO SRL;

intimato

avverso la sentenza n. 82/2005 della COMM.TRIB.REG. di

Data pubblicazione: 09/05/2014

GENOVA, depositata il 15/11/2005;
t

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/11/2013 dal Consigliere Dott. ETTORE
CIRILLO;
udito per il ricorrente l’Avvocato GIACOBBE che ha

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PAOLA MASTROBERARDINO che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso con rinvio.

chiesto l’accoglimento;

RITENUTO IN FATTO
1.

Con sentenza del 5 novembre 2005 la Commissione tributaria

regiofinale della Liguria rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle
entrate nei confronti della società SY&CO, confermando – riguardo
all’indebita detrazione d’imposta per fatture riferibili a rapporti con le
società A.C.C. e IL FRUTTO per operazioni ritenute inesistenti –

disposto dalla Commissione tributaria provinciale di Genova in
accoglimento del ricorso introduttivo della contribuente.
Questa, in prime cure, aveva impugnato l’atto impositivo sotto tre
profili: (i) nullità dell’avviso ai sensi dell’art.42 d.P.R. 600 del 1973
(motivazione

per relationem);

(li) mancanza di prove certe circa

l’inesistenza di operazioni contabili; (iii) illegittimità della pretesa su
interessi e sanzioni.
I primi giudici avevano, quindi, annullato l’avviso perché il Fisco si era
basato solo sui risultati di un processo verbale di constatazione della
Guardia di finanza, senza addurre altre prove; sicché nell’atto impositivo
erano stati acriticamente trasposti i rilievi contenuti nel processo verbale
di constatazione, così eludendo l’obbligo di motivazione e determinando
un’assoluta carenza di prove.

2. In appello l’Ufficio rilevava che l’atto impositivo doveva solo contenere
l’indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che
giustificavano la pretesa fiscale e che, nella specie, l’atto rinviava
legittimamente a un processo verbale di constatazione della Guardia di
finanza, noto alla parte (e a questa consegnato) e condiviso dall’Ufficio
stesso (che con il rinvio adesivo aveva realizzato una mera economia di
scrittura).
Aggiungeva che le indagini di polizia tributaria avevano ricostruito nel
dettaglio il disegno fraudolento posto in essere dall’amministratore della
società SY&CO, Gianfranco Rossi, e da tale Carlo Rossi, i quali, allo
scopo di creare costi fasulli, avevano costituito una serie di società

ad

hoc in contatto con altre ditte compiacenti.
Sottolineava, infine, che incombeva alla parte privata l’onere di provare i
costi sostenuti e le spese detraibili.
Invece, la CTR, nel respingere il gravame, si limitava ad affermare: «nel
merito, ritiene che la sentenza appellata sia condivisibile in quanto

1

l’annullamento dell’avviso di rettifica parziale n.839653 (IVA 1994)

l’Ufficio avrebbe dovuto entrare maggiormente nel merito dei rilievi
eccepiti dalla Guardia di Finanza, specialmente ove si rilevava
l’inesistenza delle operazioni contabilizzate».

3. Hanno proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate e il
Ministero dell’economia e delle finanze. La contribuente non ha spiegato

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Preliminarmente, si rileva la carenza di legittimazione processuale
dell’altro soggetto ricorrente dinanzi a questa Corte, il Ministero
dell’economia e delle finanze, che non è stato parte nel giudizio di
secondo grado ed è oramai estraneo al contenzioso tributario dopo la
creazione delle agenzie fiscali.
L’intervento ministeriale in cassazione è, dunque, inammissibile e il
ricorso va esaminato unicamente riguardo all’Agenzia delle entrate, che
è la sola a essere legittimamente ricorrente.

5. L’unico mezzo è fondato.
L’Agenzia denuncia, per motivazione apparente (art. 36 proc. trib. e art.
360 n. 4 cod. proc. civ.) e, in subordine per vizio motivazionale (art. 360
n. 5 cod. proc. civ.), la completa assenza di un reale apparato
argomentativo della sentenza di secondo grado sul merito della vicenda.
Invero nella decisione del giudice d’appello, quale emerge dal testo della
sentenza, si riscontra il mancato esame di tutti i punti decisivi della
controversia, specificamente riguardanti (i) il recepimento nell’atto
impositivo dei risultati di un processo verbale di constatazione della
Guardia di finanza, (li) il riparto degli oneri probatori tra Fisco e
contribuente, (iii) il sistema societario fraudolento costruito dai Rossi e
(iv) le specifiche anomalie emerse nelle fatture emesse dalle società
A.C.C. e IL FRUTTO (dettagliatamente indicate nella parte dell’appello
trascritta a pag. 6 e seg. del ricorso).
Di talché le generiche formule di rinvio dei giudici d’appello agli atti di
causa [«l’Ufficio avrebbe dovuto entrare maggiormente nel merito dei
rilievi eccepiti dalla Guardia di Finanza, specialmente ove si rilevava
l’inesistenza delle operazioni contabilizzate»] e la conseguente adesione
alla decisione di prime cure [«nel merito, ritiene che la sentenza

2

alcuna difesa.

appellata sia condivisibile»] appaiono acritiche, svincolate dal contenuto
del gravame, indefinite e insignificanti, attagliandosi astrattamente a
qualsivoglía ipotesi.

6. Alla luce di quanto sopra, è sufficiente richiamare la giurisprudenza di
questa Sezione secondo cui – l’esposizione in sentenza dei fatti rilevanti
della causa e la motivazione in diritto devono rendere possibile
l’individuazione del thema decidendum e delle ragioni che stanno a

att. cod. proc. civ., art. 118; Cost., art.111).
Non osserva, pertanto, l’obbligo legale di motivare il giudice d’appello
che si richiami per relationem alla sentenza impugnata, di cui condivida
le argomentazioni, senza dar conto di aver valutato criticamente sia il
provvedimento censurato sia le censure proposte

(ex multis,

C.

3547/02; conf. 11203/13 e 23093/12. Vedasi in generale C. 1756/06,
2067/98, 9113/12).
Nella specie, la motivazione della sentenza impugnata va ritenuta del
tutto figurativa, limitandosi a enunciazioni disancorate, in sede
espositiva, dalla fattispecie concreta, e in ogni caso sfornite di
riferimenti specifici e puntuali al rapporto tributario in contestazione.
Ciò si traduce in mancanza della motivazione stessa (con conseguente
nullità della pronuncia per difetto di un requisito di forma
indispensabile), stante il suo estrinsecarsi in argomentazioni non idonee
a rivelare la ratio decidendi.
7. E proprio l’intelligibilità del percorso argomentativo costituisce, da
oltre un ventennio, il fulcro anche della giurisprudenza di legittimità sulla
motivazione mancante o apparente, secondo cui l’inosservanza del
giudice civile all’obbligo della motivazione integra violazione della legge
regolatrice del processo (come tale denunciabile in cassazione), quando
si traduca in mancanza della motivazione stessa (con conseguente
nullità della pronuncia per difetto di un requisito di forma
indispensabile), la quale si verifica nei casi di radicale carenza dì essa,
ovvero del suo estrinsecarsi in argomentazioni non idonee a rivelare la
ratio decidendi (cosiddetta motivazione apparente), o fra di loro
logicamente inconciliabili, o comunque perplesse od obiettivamente
incomprensibili (Sez. U, 5888/92).

3

fondamento del dispositivo (d.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 1 e 36; disp.

ESENTE DA REGISTRAZIONE
AI SENSI DEL D.P.R. 26/4/19N
N. 131 TAB. ALL. B. – N. 5

MATERIA TORITANA
Ciò vale, nella specie, specialmente riguardo al tema dei risultati delle
indagini di polizia tributaria acquisiti in sede penale, atteso che dalla
sentenza d’appello nulla è dato comprendere circa i contenuti e i modi di
tali indagini e sul concreto riferimento valutativo ad esse in sede
contenziosa.
Infatti, il giudice di secondo grado non ha tenuto conto alcuno delle
inferenze logiche che possono essere desunte dagli elementi dimostrativi
addotti in giudizio dal Fisco e indicati nel ricorso dall’avvocatura erariale

con autosufficiente ricostruzione, e si è limitato ad assumere che
«l’Ufficio avrebbe dovuto entrare maggiormente nel merito dei rilievi»,
senza compiere un’analitica considerazione delle risultanze processuali,
neppure riguardo alla cospicua fatturazione della società A.C.C. per
incerte attività che sarebbero state svolte per commesse e prestazioni in
Iran della contribuente 4111a cop.tilb,,té nei confronti di altre società
apparentemente sue clienti e aventi sede al medesimo indirizzo della
società SY&CO e con gestore talvolta comune nella persona di
Gianfranco Rossi (cfr. C. 3370/12).

8. L’accoglimento del ricorso, riguardo alla censura formulata ex articoli
36 proc. trib. e 360 n. 4 cod. proc. civ., comporta l’assorbimento della
subordinata censura per vizio motivazionale ex art. 360 n. 5 cod. proc.
civ. e l’annullamento della sentenza d’appello con rinvio della causa alla
Commissione competente che, in composizione diversa da quella che ha
emesso la decisione cassata, procederà a esauriente e ragionato esame
delle risultanze processuali, facendo applicazione dei principi innanzi
richiamati, e regolerà anche le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso quanto al Ministero e lo
accoglie quanto all’Agenzia; cassa la sentenza d’appello, in relazione
all’accolto, e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria
regionale della Liguria, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 26 novembre 2013.

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