Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10054 del 15/04/2021

Cassazione civile sez. II, 15/04/2021, (ud. 05/11/2020, dep. 15/04/2021), n.10054

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25879-2019 proposto da:

A.Y., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COMANO 95,

presso lo studio dell’avvocato LUCIANO FARAON, rappresentato e

difeso dall’avvocato ANDREA FARAON, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI VERONA, SEZIONE

VICENZA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3321/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 09/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

05/11/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

è stata impugnata da A.Y., cittadino del (OMISSIS), la sentenza n. 33121/2019 della Corte di Appello di Venezia.

Il ricorso è fondato su tre motivi ed è resistito con controricorso.

Per una migliore comprensione della fattispecie in giudizio va riepilogato, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.

L’odierna parte ricorrente formulava istanza, di cui in atti, alla competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale nelle (Ndr: testo originale non comprensibile).

La Commissione rigettava l’istanza.

L’odierno ricorrente impugnava, quindi, detto rigetto con ricorso innanzi al Tribunale di Venezia.

Quest’ultimo, con ordinanza ex art. 702 bis c.p.c., respingeva il ricorso.

Avverso la decisione del Tribunale di prima istanza l’odierno ricorrente interponeva appello a sua volta rigettato con la decisione oggetto del ricorso in esame.

Il ricorso viene deciso ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c. con ordinanza in camera di consiglio non ricorrendo l’ipotesi di particolare rilevanza delle questioni in ordine alle quali la Corte deve pronunciare.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.- Con il primo motivo del ricorso si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame sulla credibilità delle dichiarazioni e, quindi, la motivazione apparente (il tutto in pretesa violazione del D.Lgs. n. n. 251 del 2007, art. 3).

Innanzitutto deve osservarsi che è errato il riferimento svolto col motivo in ordine al parametro normativo processuale alla cui stregua è svolto, in punto, il ricorso.

Se la motivazione fosse (per ipotesi) del tutto inesistente si sarebbe al cospetto di violazione censurabile non art. 360 c.p.c., ex n. 5 ma ex n. 4 della stessa norma, nonchè ex art. 132 c.p.c..

Per di più la valutazione svolta, in fatto e congruamente, dalla Corte del merito non appare censurabile innanzi a questa Corte.

Erroneo è, pertanto, il riferimento a Cass. n. 3340/2019 di cui in ricorso.

La sentenza impugnata, inoltre, non ha omesso di valutare la credibilità delle dichiarazioni del richiedente protezione internazionale.

Nè il difetto di motivazione può essere desunto, come postula parte ricorrente, dal fatto (prospettato in ricorso a p. 7) che vi era stata solo l’affermazione “che la mancata impugnazione relativa allo status di rifugiato ne determinasse il giudicato”.

La Corte distrettuale ha – viceversa – accertato che “all’interno del paese non sia ravvisabile una condizione di violenza generalizzata che ponga in grave pericolo la popolazione”.

Vi è stata, dunque, valutazione della concreta situazione al di là della originale prospettazione di parte ricorrente in ordine ad una sorta di effetto da giudicato.

Avverso quella svolta valutazione nulla di rilevante è oggi addotto nel ricorso, che non si confronta con la ratio della decisione gravata incentrata sulla detta situazione generale del paese di origine e sulla non credibilità della narrazione del richiedente protezione.

Il motivo è, dunque, inammissibile.

2.- Con il secondo motivo del ricorso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si denuncia la violazione di legge con riferimento al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 (con riguardo a protezione umanitaria).

Il motivo è, nella sostanza, incentrato (pure tramite il richiamo al dictum di Cass. 17069/2018) al mancato adempimento, da parte del Giudice del merito, del proprio potere-dovere di accertare, (Ndr: testo originale non comprensibile).

In altre parole si svolge questione del principio di prova attenuato e della cooperazione istruttoria da parte del Giudice del merito adito.

Senonchè la stessa pronuncia invocata – a ben leggere- presuppone in ogni caso un “adempimento dell’onere di allegare i fatti costitutivi del suo diritto”.

Parte ricorrente, anche in dispregio del noto principio di autosufficienza, non specifica come e quando ha – essa – adempiuto al suddetto onere.

Parte ricorrente, inoltre, ignora il recente orientamento di questa Corte che (anche con pronunce antecedenti al proposto ricorso) ha chiarito come, in tema di “ruolo attivo (del Giudice) disancorato dal principio dispositivo proprio del giudizio civile ordinario…..la domanda diretta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale non si sottrae all’applicazione del principio dispositivo, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il Giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio” (Cass. n.ri 27336/2018 e 14621/2020).

Nella fattispecie nulla risulta aver allegato – quale fatto costitutivo – la parte ricorrente, così non potendo oggi invocare il detto principio istruttorio officioso.

Il motivo è, pertanto, inammissibile.

3.- Con il terzo motivo del ricorso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si si denuncia la violazione di legge con riferimento al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 (con riguardo al concetto di vulnerabilità).

Il motivo postula, con argomentazione generica, una pretesa omessa valutazione, con riferimento al caso concreto, quanto alla prospettata situazione di vulnerabilità.

Quest’ultima risulta, tuttavia, oggetto di apposita e congrua valutazione (v. p. 10 sentenza) da parte della sentenza impugnata.

Il motivo è, quindi, inammissibile.

4.- Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato – nel suo complesso – inammissibile.

5.- Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si determinano come in dispositivo.

6.- Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

LA CORTE

dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’Amministrazione controricorrente, delle spese del giudizio determinate in Euro 2.100,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2021

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