Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10053 del 28/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 28/05/2020, (ud. 19/11/2019, dep. 28/05/2020), n.10053

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34109-2018 proposto da:

N.F., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

FRANCESCA DELLO STROLOGO;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE SPA (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA POMPEO MAGNO

23/A, presso lo studio dell’avvocato GIAMPIERO PROIA, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 470/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 15/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

ESPOSITO LUCIA.

Fatto

RILEVATO

CHE:

La Corte d’appello di Firenze confermava la decisione di primo grado con la quale era stata rigettata la domanda avanzata da N.F. volta all’impugnativa dell’accordo individuale di

consolidamento intervenuto tra le parti il 22 gennaio 2009, con il quale, in adesione al contratto collettivo del 10 luglio 2008, la lavoratrice aveva rinunciato agli effetti della sentenza della Corte d’appello di Firenze n. 197/2006, dichiarativa della nullità del termine apposto al contratto intercorso tra le parti, e a ogni diritto conseguente al rapporto di lavoro pregresso, con restituzione del risarcimento del danno già liquidato alla lavoratrice sulla base della sentenza favorevole;

rilevava la Corte territoriale che i fatti posti a fondamento del motivo d’impugnazione dell’accordo sindacale per errore violenza e dolo erano radicalmente diversi fra la versione prospettata nel ricorso introduttivo di primo grado e quella sviluppata nel ricorso in appello, tanto da potersi ravvisare al riguardo una mutatio libelli;

osservava che l’appello era infondato anche a proposito della mancata assistenza sindacale alla sottoscrizione dell’accordo individuale, ricavandosi dal tenore del medesimo accordo che l’intesa si era conclusa alla presenza del rappresentante sindacale scelto dalla lavoratrice;

rilevava che, una volta esclusa la fondatezza dell’impugnazione per vizi del consenso, l’accordo era da ritenersi valido anche laraidove obbligava la lavoratrice a restituire al lordo l’importo ricevuto a seguito della sentenza;

avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la lavoratrice sulla base di due motivi;

Poste italiane s.p.a. resiste con controricorso;

entrambe le parti hanno prodotto memorie;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata notificata alla parte costituita, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in particolare degli artt. 414,434, 437 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 perchè, nonostante che la mancata assistenza sindacale fosse stata correttamente dedotta fin dal ricorso originario quale elemento costitutivo della domanda, il giudice d’appello aveva ritenuto che l’illustrazione delle ragioni dello stesso fatto costitutivo in appello rappresentasse l’introduzione di motivi diversi e nuovi di impugnazione dell’accordo rispetto ai motivi di cui al ricorso di primo grado, talchè erroneamente la sentenza qualificava come fatti nuovi quelli già dedotti nell’atto introduttivo, essendo le argomentazioni tacciate come nuove dalla Corte territoriale non altro che la descrizione della condotta del rappresentante sindacale e delle mancanze che avevano caratterizzato la relativa assistenza;

il motivo è infondato, poichè la Corte d’appello ha deciso espressamente sulla questione relativa all’assistenza sindacale – con riguardo a profili diversi da quelli, ritenuti nuovi, attinenti alla configurabilità di un vizio del consenso in ragione di tale mancanza escludendo che potesse ravvisarsi un difetto di rappresentanza; è da considerare, inoltre, che la doglianza con cui si censura l’interpretazione che della domanda ha dato il giudice del merito integra un tipico accertamento di fatto riservato, come tale, al giudice del merito, suscettibile in sede di legittimità del solo controllo della correttezza della motivazione che sorregge sul punto la decisione impugnata (Cass. n. 30684 del 21/12/2017);

con il secondo motivo parte ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione di norma di diritto e, in particolare, degli artt. 115, 416 e 437 c.p.c., rilevando che la Corte era incorsa in errore in tema di prova, poichè i fatti dedotti in relazione alla mancata assistenza sindacale costituivano elementi da cui, per presunzioni, desumere la non effettività della assistenza medesima in sede di sottoscrizione dell’accordo individuale;

la censura è inammissibile perchè investe la valutazione del materiale probatorio compiuta dalla Corte di merito, con ciò prospettando, sub specie di violazione di legge, una rivalutazione dei fatti (Cass. n. 8758 del 04/04/2017);

in base alle svolte argomentazioni il ricorso va rigettato, con liquidazione delle spese secondo soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 19 novembre 2019.

Depositato in cancelleria il 28 maggio 2020

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