Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10049 del 20/04/2017
Cassazione civile, sez. VI, 20/04/2017, (ud. 24/02/2017, dep.20/04/2017), n. 10049
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27493-2015 proposto da:
C.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GUIDO DA
VERONA 70, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO GUERRINI, che lo
rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
ALITALIA – LINEE AEREE ITALIANE SPA;
– intimata –
avverso il decreto n. 758/2015 del TRIBUNALE di ROMA, depositato il
16/10/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 24/02/2017 dal Consigliere Dott. MAURO DI MARZIO.
Fatto
FATTO E DIRITTO
1. – C.L. ha proposto ricorso per cassazione per due motivi, nei confronti di Alitalia Linee Aeree Italiane S.p.A. in amministrazione straordinaria, contro il decreto del 16 ottobre 2015 con cui il Tribunale di Roma aveva respinto l’opposizione ai sensi della L. Fall., art. 98, volta al riconoscimento del diritto alla distribuzione di azioni, come da accordo quadro del 3 giugno 1998 concluso dalla società con le parti sociali.
Alitalia Linee Aeree Italiane S.p.A. in amministrazione straordinaria non ha svolto attività.
2. – A fronte della motivazione addotta dal Tribunale, il quale ha in particolare ritenuto che l’accordo invocato dal C. si applicasse ai dipendenti della società in forza alla data del 1 giugno 1998, e che lo stesso C. non avesse fornito la prova di trovarsi nelle condizioni previste dall’accordo, non avendo dimostrato l’esistenza di un rapporto di lavoro alla data indicata, il ricorrente ha dedotto due motivi, l’uno di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, l’altro di violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c..
3. Il primo motivo è inammissibile, giacchè svolto in relazione alla formulazione previgente dell’art. 360 c.p.c., n. 5, il quale, nel testo applicabile ratione temporis, si riferisce all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto) di discussione tra le parti: nè nel contesto del motivo è individuato uno specifico fatto, avuto riguardo al principio secondo cui il ricorrente ha l’onere di indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato” da cui ne risulti l’esistenza, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti, la decisività del fatto stesso, mentre l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio, ove il fatto sia stato comunque preso in considerazione (Cass. S.U., n. 8053/2014).
Il secondo motivo è parimenti inammissibile, giacchè, dietro la denuncia di violazione o falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., intende in realtà rimettere in discussione il fatto, e cioè l’accertamento compiuto dal giudice di merito, il quale ha ritenuto che il C. non avesse comprovato la sua qualità di dipendente Alitalia alla data del 1 giugno 1998, mentre la deduzione della violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, (non certo ai sensi del n. 3), ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente appreatnento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), nonchè, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia invece dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è consentita ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Ne consegue l’inammissibilità della doglianza che sia stata prospettata sotto il profilo della violazione di legge ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 (Cass. n. 13960/2014; Cass. n. 26965/2007).
Ciò esime dall’osservare che gli elementi asseritamente trascurati appaiono privi di rilievo: la scheda di adesione è infatti documento proveniente dalla stessa parte che intende servirsene, come tale priva di valore probatorio; il provvedimento del giudice delegato ha rigettato la domanda di insinuazione e, dunque, non può certo comprovare l’esistenza del rapporto di lavoro alla data indicata; il comportamento processuale tenuto alla parte convenuta, che non si è costituita, non ha evidentemente alcun significato sul piano probatorio ai sensi dell’art. 115 c.p.c., comma 1, u.p.
4. Nulla per le spese.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 febbraio 2017.
Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2017