Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10048 del 20/04/2017

Cassazione civile, sez. VI, 20/04/2017, (ud. 24/02/2017, dep.20/04/2017),  n. 10048

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13323-2015 proposto da:

BANCO DI BRESCIA SPA, in persona del suo procuratore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA OMBRONE 14, presso lo studio dell’avvocato

LUCIANA CIPOLLA, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato GIUSEPPE FILIPPO MARIA LA SCALA;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SPA, in persona del Curatore, elettivamente

domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE MARZIO 1, presso lo studio

dell’avvocato FRANCESCO MAGARIO, rappresentato e difeso

dall’avvocato SALVATORE SANZO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 948/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 27/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/02/2017 dal Consigliere Dott. MAURO DI MARZIO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. – Con sentenza n. 948 pubblicata il 27 febbraio 2015 la Corte di appello di Milano ha condannato il Banco di Brescia s.p.a. a pagare al Fallimento (OMISSIS) s.p.a. l’ulteriore somma di Euro 629.374,20, retrodatando gli effetti dell’inefficacia dei pagamenti già disposta dal Tribunale alla data del maggio 2000, epoca di avvenuta notificazione alla banca di un sequestro presso terzi nei confronti della società poi fallita.

Avverso tale pronuncia il Banco di Brescia s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, resistiti dalla curatela con controricorso.

2. – Il primo motivo di ricorso lamenta vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omessa valutazione di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, identificato nella circostanza documentata in atti che alla data del maggio 2000 vi fosse prova della sola notifica alla società debitrice del sequestro presso terzi e nessuna prova attestasse la notificazione anche alla ricorrente, con il chè errata doveva ritenersi la retrodatazione a quell’epoca della scientia decoctionis.

Il secondo motivo di ricorso lamenta nullità della sentenza, per avere la Corte territoriale reso sulla circostanza dedotta nel primo motivo una motivazione apodittica.

Il terzo motivo di ricorso lamenta violazione e/o falsa applicazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) degli artt. 678 e 543 c.p.c., nonchè artt. 2697 e 2700 c.c., per avere la Corte ritenuto l’avvenuta notifica al terzo esecutato solo presuntivamente sulla base dell’avvenuta notifica al terzo esecutato ai sensi del combinato disposto degli artt. 678 e 543 c.p.c., basando poi su un’insussistente fidefacenza della dichiarazione in tali atti rese dell’ufficiale giudiziario procedente.

La curatela fallimentare ha dedotto l’inammissibilità e l’infondatezza dell’avversa impugnazione.

3. – Il, primo motivo è inammissibile perchè il fatto controverso che sarebbe stato omesso nella decisone impugnata (la notifica al terzo sequestrato), in realtà non è stato affatto omesso, ma costituisce il fulcro della decisione della Corte territoriale, che afferma testualmente a pag 5 della sentenza che “la conoscenza di detto sequestro non può negarsi in capo all’appellata alla luce della documentazione prodotta (v. l’atto di sequestro dei crediti presso tetri ex artt. 678 e 543 c.p.c. eseguito il 16/5/2000 nei confronti di quest’ultima, come di altri 13 istituti, oltre che notificato alla debitrice”.

Va quindi affermato che, nel vigore del nuovo testo del n. 5) dell’art. 360 c.p.c. non è più consentito contestare la motivazione resa dal giudice di merito (Cass. n. 21439 del 21/10/2015), salvi i casi in cui si contesti la motivazione apparente o manifestamente illogica, estranei al caso di specie.

Il secondo motivo è infondato, posto che la motivazione sopra trascritta non è affatto apodittica, ma afferma che dalla documentazione versata in atti si ricava l’avvenuta notifica del provvedimento di sequestro non solo al debitore ma anche al terzo sequestrato, il chè rende congrua la successiva deduzione della sussistenza a tale epoca della scientia decoctionis, essendo tale valutazione riservata al giudice del merito se appunto logicamente motivata.

Il terzo motivo è infondato, posto che non appare cogliere la ratio decidendi della pronuncia impugnata, che non risiede affatto nella valutazione del grado di fidefacenza delle dichiarazioni dell’ufficiale giudiziario (minimamente citato nella sentenza), ma nell’accertamento dell’avvenuta notifica alla odierna ricorrente dell’atto di sequestro.

4. – Le spese seguono la soccombenza.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali e quant’altro dovuto per legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2017

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