Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10046 del 20/04/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 20/04/2017, (ud. 24/02/2017, dep.20/04/2017),  n. 10046

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6584-2015 proposto da:

IL BORGO SRL, in persona del legale rappresentante, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 28, presso lo studio

dell’avvocato DANIELA CARLETTI, che lo rappresenta e difende

unitamente agli avvocati GIANLUCA BOLOGNA, ANDREA MONTI;

– ricorrente –

e contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SPA;

– intimata –

avverso il decreto n. R.G. 3867/2014 del TRIBUNALE di BUSTO ARSIZIO,

depositata il 28/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/02/2017 dal Consigliere Dott. MAURO DI MARZIO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. Con decreto depositato in data 28 gennaio 2015 il Tribunale di Busto Arsizio (procedimento n. 3867/2014), ha rigettato l’opposizione proposta da IL BORGO S.R.L. avverso il provvedimento del giudice delegato al fallimento (OMISSIS) S.P.A. con il quale il credito vantato dall’opponente era stato ammesso al passivo solo in via chirografaria e non in prededuzione.

Avverso tale pronuncia IL BORGO S.R.L. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, mentre l’intimata curatela fallimentare non ha svolto difese.

2. – Il primo motivo di ricorso lamenta violazione di legge per avere il Tribunale ritenuto che il Giudice delegato potesse autonomamente qualificare il rapporto dedotto in lite senza attenersi alla incontestata formulazione data dalla ricorrente e non contestata dal curatore.

Il secondo motivo di ricorso lamenta violazione di legge per avere il Tribunale erroneamente interpretato la normativa fallimentare in tema di prededuzione, negando tale qualità ai crediti sorti in occasione del concordato preventivo poi risolto.

Il terzo motivo di ricorso lamenta violazione di legge per non avere il Tribunale applicato il principio di non contestazione, atteso che il curatore non aveva mai dedotto nè eccepito l’estraneità dei crediti vantati da essa ricorrete alla procedura di concordato, così confermando la sussistenza dei presupposti per la prededucibilità.

Il quarto motivo di ricorso lamenta violazione di legge per avere il Tribunale negato che il credito portato da fatture emesse dopo l’omologazione potesse essere ricompreso nell’ambito della p rededucibilità.

2. Il primo motivo è infondato, atteso che costituisce principio generale dell’ordinamento processuale quello per cui il giudice nell’attività di interpretazione del fatto dedotto dalle parti non è vincolato alla qualificazione giuridica da esse fornita, quand’anche coincidente (art. 113 c.p.c., comma 1), con la sola limitazione del divieto di ultrapetizione (art. 112 c.p.c.), nella specie non violato, trattandosi pur sempre di interpretazione tesa a risolvere la questione dedotta in ipotesi e vertente sulla prededucibilità del credito (Cass. n. 12943 del 24/07/2012).

Gli altri tre motivi, tutti concernenti la prededucibilità dei crediti in ipotesi di consecuzione tra concordato preventivo e fallimento, non appaiono cogliere la ratio decidendi del decreto impugnato, che è basata sulla affermata diversità tra la crisi oggetto del primo concordato risolto e quella oggetto del dichiarato fallimento, rispetto alla quale le censure si limitarono a controdedurre argomentazioni astratte sulla consecuzione tra procedure, senza allegare o rinviare a circostanze di fatto idonee a dimostrare la negata unicità delle due crisi, pur intervallate da circa due anni di attività di impresa. In ogni caso, va rilevato che i crediti nascenti da obbligazioni contratte nel corso della procedura di concordato preventivo, cui segua la risoluzione per inadempimento, non possono, nel successivo fallimento, essere soddisfatti in prededuzione e gli atti solutori degli stessi, sia di natura dispositiva che meramente liquidatoria, sono suscettibili, ricorrendone i presupposti, di revocatoria fallimentare, stante la funzione liquidatoria del concordato, rispetto alla quale la continuazione dell’esercizio dell’impresa da parte del debitore è estranea, in quanto meramente eventuale (Cass. 14 febbraio 2011, n. 3581).

Nè rileva in questa sede l’ordinanza n. 17911 del 09/09/2016, resa nei confronti del medesimo Fallimento sul ricorso di altro creditore, soffermatasi su doglianze e problematiche di diverso tenore.

4. – Nulla per le spese.

PQM

rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2017

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