Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10045 del 15/05/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 10045 Anno 2015
Presidente: COLETTI DE CESARE GABRIELLA
Relatore: DE MARINIS NICOLA

SENTENZA

sul ricorso 13901-2009 proposto da:
D’ANDREA ANTONIO C.F. DNDNTN72L17I158K, domiciliato
in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato LAMERICO MENICHELLA, giusta delega in
atti;

2015
contro

948
%

ricorrente –

I.N.P.S.
SOCIALE

ISTITUTO
C.F.

NAZIONALE

80078750587,

rappresentante pro tempore,

in

DELLA

persona

PREVIDENZA
del legale

elettivamente domiciliato

Data pubblicazione: 15/05/2015

in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura
Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli
avvocati ANTONIETTA CORETTI, VINCENZO STUMPO, giusta
delega in calce alla copia notificata del ricorso;
– resistente con mandato –

D’APPELLO di BARI, depositata il 09/06/2008 R.G.N.
4423/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/02/2015 dal Consigliere Dott. NICOLA
DE MARINIS;
udito l’Avvocato CORETTI ANTONIETTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione.

avverso la sentenza n. 1664/2008 della CORTE

4.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 9 giugno 2008, la Corte d’Appello di Bari, in riforma della decisione resa
dal Tribunale di Lucera, rigettava la domanda proposta da Antonio D’Andrea nei confronti
dell’INPS, avente ad oggetto la riliquidazione dell’indennità di disoccupazione agricola già
corrisposta in relazione alle giornate di lavoro effettuate nell’anno 2000 sulla base della
retribuzione fissata dalla contrattazione collettiva integrativa provinciale anziché, come

più incrementato negli anni successivi.
La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto nella specie maturata
la decadenza dall’azione giudiziaria prevista dall’art. 47 d.P.R. n. 639/1970.
Per la cassazione di tale decisione ricorre il D’Andrea, affidando l’impugnazione a due
motivi. L’INPS è rimasto intimato.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente si duole che la Corte territoriale abbia ritenuto
l’intervenuta decadenza sostanziale benché la relativa eccezione, già disattesa in prime
cure, non fosse stata oggetto di specifico motivo d’impugnazione.
Con il secondo motivo la ricorrente si duole che la Corte territoriale abbia ritenuto
l’applicabilità alla fattispecie, di riliquidazione di un trattamento previdenziale già
riconosciuto, dell’anzidetta decadenza sostanziale.
2.

Il secondo motivo di ricorso è fondato, con conseguente assorbimento del primo.

Questa Corte con sentenza n. 7245/2012, ha confermato quanto già ritenuto dalle Sezioni
Unite con la sentenza n. 12720/2009, in base alla quale “La decadenza di cui all’art. 47 del
d.P.R 30 aprile 1970, n. 639 – come interpretato dall’art. 6 del di. 29 marzo 1991, n. 103,
convertito, con modificazioni, nella legge 1 giugno 1991, n. 166 – non può trovare
applicazione in tutti quei casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere non già il
riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale in sé considerata, ma solo
l’adeguamento di detta prestazione già riconosciuta in un importo inferiore a quello
dovuto, come avviene nei casi in cui l’Istituto previdenziale sia incorso in errori di calcolo
o in errate interpretazioni della normativa legale o ne abbia disconosciuto una
componente, nei quali casi la pretesa non soggiace ad altro limite che non sia quello della
ordinaria prescrizione decennale”.
L’indiretta conferma della correttezza del suddetto orientamento ermeneutico proviene
dallo stesso legislatore che, con l’art. 38, comma 1, lett. d), dl n. 98/11, convertito in legge

operato dall’INPS, in base al salario medio convenzionale rilevato nell’anno 1995 e non

n. 111/11, ha aggiunto al citato art. 47 un ultimo comma, del seguente tenore:

“Le

decadenze previste dai commi che precedono si applicano anche alle azioni giudiziarie
aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di

accessori del credito. In tal caso il termine di decadenza decorre dal riconoscimento
parziale della prestazione ovvero dal pagamento della sorte”, precisando al quarto comma
che “Le disposizioni di cui al comma 1, lett. c) e d) si applicano anche ai giudizi pendenti
in primo grado alla data di entrata in vigore del presente decreto”; le ricordate

disposizioni legislative depongono, in definitiva, per l’inapplicabilità dell’art. 47 dpr n.
639/70, prima delle integrazioni apportate dal citato art. 38 dl n. 98/11, al caso di richiesta
di riliquidazione di prestazioni previdenziali solo parzialmente riconosciute e liquidate
dall’ente previdenziale.
3. Esclusa la decadenza dalla proposta azione giudiziaria e cassata, quindi, per tale
ragione, la sentenza impugnata, sussistono le condizioni per decidere la causa nel merito
(art. 384, comma 2, cpc), ancorché la Corte territoriale non si sia pronunciata sui motivi
d’appello, per avere dichiarato la decadenza in virtù dell’applicazione del criterio della ,
ragione più liquida, senza esaminare la spettanza del diritto oggetto di lite, sicché si è in
presenza non già di un giudicato implicito sull’esistenza del diritto oggetto di pretesa, ma di
un cosiddetto assorbimento improprio, che non importa onere di impugnazione da parte del
soggetto vittorioso in appello.
Ed invero la censura svolta in sede di gravame dall’Inps, per la sua natura esclusivamente
giuridica – involgendo l’astratta configurabilità del diritto dell’operaio agricolo a tempo
determinato alla inclusione della c.d. “quota di TFR” nella retribuzione contrattuale utile
per il calcolo della indennità di disoccupazione – è stata risolta direttamente da questa Corte
con l’affermazione della insussistenza di un diritto di tale contenuto (e della infondatezza,
quindi, della domanda ad esso relativa, così come proposta dall’odierna ricorrente), senza
necessità di attivare il contraddittorio mediante il meccanismo di cui all’art. 384, comma 3,
cpc, tenuto conto del proprio consolidato orientamento nei termini appena espressi (cfr, ex
plurimis, Cass., nn. 200, 202, 11152, 18516/20112011; n. 8510/2012; nn. 9128, 10461,
15375/2013; nn. 1690, 1821/2014) e dell’intervento legislativo di cui all’art. 18, comma 18,
dl n. 98/11, convertito, con modificazioni, nella legge n. 111/11, che ha vi ha dato esplicito
avallo autenticamente interpretando l’art. 4 dl.vo n. 146/97 nel senso che “…

la

retribuzione utile per il calcolo delle prestazioni temporanee in favore degli operai agricoli
a tempo determinato, non è comprensiva della voce relativa al trattamento di fine
rapporto, comunque denominato dalla contrattazione collettiva”.

z

4. In definitiva, il ricorso va accolto, non ritenendosi applicabile nel caso di specie la
decadenza di cui all’art. 47 dpr n. 639/70, con conseguente cassazione della sentenza
impugnata.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito,
con il rigetto della domanda di inclusione della quota di TFR nel trattamento di
disoccupazione agricola.

di compensare per intero fra le parti le spese dell’intero processo.

P. Q. M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbito il primo, cassa la
sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di inclusione della quota di
TFR nel trattamento di disoccupazione agricola; compensa le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma il 25 febbraio 2015.

La problematicità della materia del contendere e l’esito complessivo della lite consigliano

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