Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10045 del 15/04/2021

Cassazione civile sez. II, 15/04/2021, (ud. 23/06/2020, dep. 15/04/2021), n.10045

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rosanna – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23443-2019 proposto da:

K.M., rappresentato e difeso dall’Avvocato TIZIANA

SQUIZZATO, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in

TORINO, VIA CERNAIA 27;

– ricorrente –

contro

MINISTERO dell’INTERNO, in persona del Ministro pro-tempore,

rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici in ROMA, VIA dei PORTOGHESI 12 è

domiciliato;

– resistente –

avverso la sentenza n. 435/2019 della CORTE d’APPELLO di TORINO

depositata l’8/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/06/2020 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

K.M., cittadino del (OMISSIS), proponeva ricorso avanti al Tribunale di Torino avverso il provvedimento della competente Commissione Territoriale di diniego della domanda di riconoscimento della protezione internazionale, chiedendo il riconoscimento della protezione sussidiaria internazionale o, in subordine, il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari.

In particolare il ricorrente (nato a (OMISSIS) in (OMISSIS), di etnia (OMISSIS) e di religione (OMISSIS)) affermava di essere fuggito dal paese di origine a seguito della sua conversione alla religione cristiana e delle persecuzioni messe in atto nei suoi confronti da parte degli abitanti del villaggio. Una volta scappato in Libia con la sua compagna, scoppiava su tale territorio la guerra e la donna veniva uccisa da un colpo di arma da fuoco. A seguito di tale pardita e del grave pericolo anche alla sua vita, lasciava il territorio per giungere in Italia nel 2016.

Con ordinanza in data 17.07.2018, il Tribunale rigettava il ricorso.

Contro tale pronuncia, il ricorrente ricorreva davanti alla Corte d’appello di Torino, riguardo alla mancata audizione anche nel giudizio di primo grado; alla ritenuta non credibilità della vicenda narrata; al mutamento della situazione della (OMISSIS) rispetto al momento della partenza del ricorrente dal (OMISSIS); alla insussistenza del rischio di essere coinvolto nella violenza di un conflitto armato generalizzato; nonchè alla insussistenza dei presupposti per il riconoscimento della potezione umanitaria.

Avverso detta sentenza del Tribunale (recte della Corte d’appello) di Torinò, K.M. propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi. Il Ministero dell’Interno si è costituito tardivamente al solo fine dell’eventuale partecipazione alla udienza di discussione della causa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la “Violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3) e 5) in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 11 e art. 8, comma 2 e art. 166 Direttiva 2013/32/UE omessa fissazione dell’udienza di comparizione personale”.

1.2. – Con il secondo, deduce la “violazione art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5 – falsa applicazione di norme di diritto – rilevanza del rischio di danno grave ascrivibile a soggetti non statuali ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria”.

1.3. – Con il terzo lamenta la “violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, commi 3 e 5, art. 8, commi 2 e 3, e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, comma 1 bis D.P.R. n. 21 del 2015, art. 6, comma 6 e art. 16 Direttiva 2013/32/UE – falsa applicazione di norme di diritto – violazione dei criteri legali per la valutzione di credibilità del richiedente”.

1.4. – Con il quarto motivo, il ricorrente deduce la “violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e art. 15, lett. c) direttiva 2004/83/CE – falsa applicazione di norme di diritto – violazione dei criteri legali per il riconoscimento della protezione sussidiaria”.

2. – Pregiudizialmente questo Collegio rileva che il richiedente impugna in Cassazione testualmente la “sentenza n. 435 emessa dal Tribunale di Torino pubblicata in data 8/03/2019” (v. ricorso pag. 1). Rileva, inoltre, che ne91 ricorso medesimo tutti gli asseriti motivi di illegittimità sono riferiti (formalmente e sostanzialmente) non già alla sentenza della Corte di appello, bensì alle statuizioni del decreto del Tribunale, che del tutto erroneamente si individua quale unica decisione oggetto delle censure proposte.

Pertanto – anche a volere ritenere che la erronea indicazione della decisione impugnata (individuata non già nella “sentenza” della Corte di Appello, bensì nel “decreto”, e non nella “ordinanza”, del Tribunale di primo grado) non dia luogo alla inammissibilità del ricorso (ex art. 366 c.p.c., n. 2) ove non determini l’impossibilità per l’intimato di identificare senza equivoci la decisione impugnata e di svolgere compiutamente in merito le proprie difese (cfr. Cass. n. 138 del 2016; Cass. n. 22661 del 2004: laddove la procura speciale riguarda correttamente la proposizione del ricorso in cassazione avverso la sentenza della Corte di appello – va tuttavia rimarcata la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4.

Infatti, la proposizione, con il ricorso in cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al decisum della sentenza di appello impugnata (che, nella specie, è erroneamente costituito dalle motivazioni del decreto del Tribunale) determina l’inammissibilità del ricorso medesimo, rilevabile anche d’ufficio (cfr. Cass. n. 187 del 2014).

4. – Il ricorso va dichiarato inammissibile. Nulla per le spese nei riguardi del Ministero dell’Interno, che non ha svolto idonea attività difensiva. Va emessa la dichiarazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 23 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2021

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