Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10042 del 20/04/2017

Cassazione civile, sez. VI, 20/04/2017, (ud. 20/01/2017, dep.20/04/2017),  n. 10042

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23420/2014 proposto da:

C.I., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CELIMONTANA 38,

presso lo studio dell’avvocato PAOLO PANARITI, che lo rappresenta e

difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA di VENEZIA, MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS);

– intimati –

avverso l’ordinanza n. 62/2014 del GIUDICE DI PACE di VENEZIA, del

15/07/2014 depositata il 25/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. VIARIA

ACIERNO.

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’ordinanza nr. 62/2014, resa dal Giudice di Pace di Venezia nell’ambito del procedimento nr. 1294/2014, è stato rigettato il ricorso proposto da C.I., con il quale lo stesso si opponeva al decreto di espulsione emesso nei suoi confronti dal Prefetto di Venezia, eccependone l’illegittimità in quanto fondato su un provvedimento espulsivo già impugnato e ancora sub indice e su un provvedimento di rigetto del permesso di soggiorno impugnato dinanzi al Consiglio di Stato. Deduceva inoltre la mancanza di motivazione, la nullità del decreto per mancata traduzione e l’omessa sottoscrizione del Prefetto.

A sostegno della decisione il Giudice di Pace, per quel che ancora interessa, ha affermato:

a) il provvedimento impugnato costituisce un presupposto dell’attuale decreto di espulsione, mentre non può rivestire alcun rilievo la pendenza del ricorso avanti al Consiglio di Stato, attesa l’insussistenza di qualsivoglia rapporto di pregiudizialità logica e giuridica del processo amministrativo rispetto alla causa relativa al decreto di espulsione; inoltre, al giudice investito dell’impugnazione del provvedimento di espulsione non è consentita alcuna valutazione sulla legittimità del diniego del soggiorno;

b) il dedotto difetto di motivazione è palesemente privo di fondamento poichè nel provvedimento emergono chiaramente le violazioni contestate al ricorrente, contenendo il decreto impugnato tutti gli elementi necessari e sufficienti a identificarne le ragioni e a consentire al ricorrente una difesa completa;

c) la censura relativa alla mancanza di traduzione in lingua madre è destituita di fondamento perchè, da un lato, la traduzione nella lingua veicolare scelta dal ricorrente è stata allegata all’atto; dall’altro, il ricorrente ha affermato di comprendere la lingua italiana. Il provvedimento è stato notificato a C.I. sia in lingua italiana che in lingua inglese.

Avverso suddetta ordinanza (nr. 62/2014) ricorre per cassazione C.I., sulla base di tre motivi. L’Amministrazione intimata non ha svolto difese.

1) Violazione dell’art. 111 Cost., per omessa ovvero insufficiente motivazione ovvero motivazione ridotta a mera formula di stile, perchè il Giudice di Pace di Venezia ha rigettato in toto il ricorso e non ha in alcun modo motivato tale decisione, se non con una mera formula di stile; l’ordinanza è pertanto nulla o, in subordine, annullabile qualora si ritenesse sussistente un embrione di motivazione.

2) Illogicità dell’ordinanza e violazione di legge nella parte in cui non è stata riconosciuta la nullità del decreto di espulsione per mancata traduzione in lingua albanese, perchè le ragioni con cui il giudice a quo ha fondato il rigetto del motivo relativo alla mancata traduzione del provvedimento sono del tutto pretestuose.

3) Illogicità e nullità dell’ordinanza perchè il Giudice non ha dichiarato nulla in ordine al decreto di espulsione emesso da autorità priva di potere di emanare il provvedimento nè a ciò espressamente delegata: di conseguenza un atto sottoscritto da chi non ha poteri di rappresentanza deve ritenersi nullo o inesistente.

Il ricorso è manifestamente infondato in tutti i suoi motivi.

Quanto al primo motivo, il provvedimento impugnato risulta esaurientemente motivato in ordine a due profili di censura dell’opponente (pregressa espulsione e diniego del permesso di soggiorno sub iudice) e la motivazione è del tutto conforme ai parametri indicati dalla pronuncia Cass., sez. un., 8053/2014.

Quanto al secondo motivo, dal provvedimento del Giudice di Pace risulta che la lingua inglese è stata scelta dallo stesso ricorrente e tale circostanza è documentata in atti. Inoltre, il ricorrente ha espressamente dichiarato di conoscere la lingua italiana, e l’accertamento di fatto compiuto sul punto dal Giudice non è in questa sede censurabile.

Quanto, infine, al terzo motivo, deve richiamarsi il consolidato orientamento di questa Corte in base a cui: “E legittimo il provvedimento di espulsione dello straniero dal territorio dello Stato emesso dal vice prefetto aggiunto a ciò delegato dal vice prefetto vicario, in quanto la previsione di tre distinte figure professionali della carriera prefettizia (prefetto, vice prefetto vicario e vice prefetto aggiunto), ciascuna titolare di proprie attribuzioni, non esclude la facoltà di delega al compimento di singoli atti, rientranti nelle attribuzioni del delegante, al funzionario delegato, mentre è del tutto irrilevante che tale funzione non sia ricompresa nelle attribuzioni proprie del delegato” (Cass. 25271/2010).

In conclusione, il ricorso deve essere respinto. In mancanza di attività difensiva della parte intimata non occorre provvedere sulle spese processuali.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 20 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2017

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