Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10040 del 15/05/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 10040 Anno 2015
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: VENUTI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 3484 – 2014 proposto da:
MARINI

D’ARMENIA

ANTONIO

C.F.

MRNNTN46C31C560K,

-2

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA ADRIANA 11,
presso lo studio dell’avvocato UGO GIURATO, che lo
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

2015
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contro

BANCA NAZIONALE DEL LAVORO S.P.A. C.E. 09339391006, in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25-B, presso
lo studio degli avvocati ROBERTO PESSI e FRANCESCO

Data pubblicazione: 15/05/2015

GIAMMARIA, che la rappresentano e difendono giusta
procura speciale notarile in atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3279/2013 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 01/08/2013 r.g.n. 2787/2012;

udienza del 11/02/2015 dal Consigliere Dott. PIETRO
VENUTI;
udito l’Avvocato GIURATO UGO;
udito l’Avvocato SERRANI TIZIANA per delega verbale
PESSI ROBERTO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

R.G. n. 3484/14
Ud. 11.2.2015

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
D’Armenia esponeva di essere stato dipendente del Banco di
Napoli dall’aprile 1972 al giugno 1996, da ultimo come direttore
della sede di Lussemburgo; di aver ricevuto in costanza di tale
rapporto, nell’aprile 1996, una proposta di incarico di
amministratore delegato da parte della Banca Nazionale di
Lavoro di Lussemburgo; di essersi conseguentemente dimesso
dal Banco di Napoli e di essersi immediatamente adoperato,
nell’interesse della Banca Nazionale del Lavoro S.p.A. (di seguito:
BNL), per l’attivazione di rapporti connessi ad operazioni
finanziarie con paesi asiatici; che, nonostante le rassicurazioni
circa l’imminente formalizzazione dell’incarico di amministratore
delegato, gli veniva proposto un rapporto di collaborazione come
consulente; che veniva allo scopo redatto uno schema di
contratto che egli accettava ed iniziava ad eseguire, indirizzando
alla BNL gruppi industriali italiani intenzionati ad operare nei
mercati asiatici; che per tale rapporto, pur avendo sostenuto
delle spese per trasferte e missioni all’estero, non aveva ricevuto
alcun compenso; che nel giugno 1997 la BNL gli aveva
comunicato di non essere interessata alla sua assunzione e alla
collaborazione professionale di consulenza intrapresa.
Tutto ciò premesso, il ricorrente chiedeva la condanna della
BNL al risarcimento dei danni per responsabilità precontrattuale
in relazione al mancato conferimento dell’incarico di
amministratore delegato. Chiedeva altresì dichiararsi che tra le
parti era intercorso un rapporto di consulenza di natura
subordinata a decorrere dall’ottobre 1996 e sino al giugno 1997
e la condanna della Banca al pagamento dei compensi pattuiti e

Con ricorso al Tribunale di Roma, Antonio Marini

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non corrisposti per tale incarico, al pagamento delle spese
sostenute, al risarcimento dei danni pari ai compensi che
avrebbe riscosso sino alla data stabilita per la cessazione del
rapporto di consulenza nonché al risarcimento dei danni alla
immagine e alla professionalità.
Il Tribunale adito respingeva le domande e tale sentenza
cassazione proposto da Marini D’Armenia veniva accolto da
questa Corte con sentenza n. 1051/12, sulla base delle seguenti
considerazioni:
– la responsabilità precontrattuale ex art. 1337 cod. civ.
presuppone che tra le parti siano intercorse trattative giunte ad
uno stadio tale da giustificare oggettivamente l’affidamento sulla
conclusione del contratto;
– la Corte di merito, muovendo da un presupposto erroneo,
aveva invece ritenuto che fosse necessario che le parti avessero
discusso e concordato gli elementi essenziali del contratto,
ritenendo irrilevanti l’indiscussa trattativa con l’amministratore
delegato di BNL riguardante le modalità di assunzione di Marini
D’Armenia, l’interessamento di un dirigente della Banca per la
sua assunzione, l’interesse della BNL ad una figura professionale
esperta, le dimissioni del lavoratore dal Banco di Napoli, la sua
partecipazione a taluni incontri e missioni estere aventi ad
oggetto possibili finanziamenti, da parte della BNL, di aziende
che operavano in Cina, l’organizzazione di diverse missioni in
Cina nell’interesse della BNL.
Sulla base di tali elementi la Corte di Cassazione, annullava
la sentenza impugnata, con rinvio al giudice del riesame al fine
di valutare se le indubbie trattative intercdte tra le parti fossero
tali da giustificare l’affidamento sulla conclusione del contratto e
se questo fosse stato, anche per fatti concludenti, effettivamente
concluso.
Il processo veniva riassunto davanti alla Corte d’appello di
Roma, la quale, con sentenza depositata in data 1 agosto 2013,

veniva confermata dalla Corte d’appello di Roma. Il ricorso per

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nel richiamare il principio di diritto enunciato dalla Corte di
Cassazione e nel riesaminare i fatti di causa, riteneva che gli
elementi acquisiti attraverso l’ampia istruttoria documentale e
testimoniale non dimostravano che vi fosse stata una
responsabilità precontrattuale della Banca in ordine al mancato
conferimento dell’incarico di amministratore delegato né, tanto
contratto di consulenza per fatti concludenti.
Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione
Marini D’Armenia sulla base di tre motivi. La Banca resiste con
controricorso. Le parti hanno depositato memoria ex art. 378
cod. proc. eiv.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, denunciando violazione dell’art.
394 cod. proc. civ., il ricorrente deduce che la Corte di merito
non si è attenuta ai principi enunciati dalla Corte di Cassazione
ed a quanto dalla stessa esplicitamente o implicitamente
statuito. La sentenza impugnata ha infatti rimesso in
discussione i presupposti fattuali e logici ormai definitivamente
accertati in sede di legittimità, avendo effettuato un nuovo e
diverso accertamento e una diversa valutazione dei fatti, in
contrasto con il principio di intangibilità delle pronunce della
Suprema Corte.
2. Con il secondo motivo, denunciando ancora violazione
dell’art. 394 cod. proc. civ., il ricorrente ribadisce che la sentenza
impugnata non si è uniformata alla decisione della Corte di
Cassazione, omettendo altresì di valutare elementi probatori
decisivi ai fini della controversia.
In particolare, la pronuncia rescindente aveva accertato
che, dalle prove documentali e testimoniali, erano emersi
elementi comprovanti che l’attività svolta dal ricorrente a favore
della società aveva generato nel medesimo un oggettivo
affidamento sul conferimento dell’incarico di amministratore
delegato della BNL di Lussemburgo.

meno, poteva ritenersi che tra le parti fosse stato concluso un

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Senonchè, aggiunge il ricorrente, il giudice di rinvio, non
tenendo conto di quanto statuito dalla Corte di Cassazione ha
ritenuto insussistente la violazione del principio di buona fede da
parte della Banca e quindi ogni sua responsabilità
precontrattuale.
3. Con il terzo motivo, denunciando violazione dell’art. 394
violazione degli artt. 2222 e seguenti cod. civ., il ricorrente
sostiene che il contratto di consulenza doveva ritenersi concluso
tra le parti per fatti concludenti, alla stregua degli elementi che
la Corte di cassazione aveva ritenuto definitivamente accertati.
Tali elementi erano costituiti dallo schema di contratto di
consulenza predisposto dalla società; dalla partecipazione del
ricorrente a taluni incontri e missioni estere per conto della
Banca; dAlla organizzazione di alcune missioni in Cina, sempre
nell’interesse della Banca; dalla conclusione, da parte di BNL, di
una importante operazione bancaria all’estero, proposta dal
ricorrente.
4. Il ricorso, i cui motivi vanno trattati congiuntamente in
ragione della loro connessione, non è fondato.
Deve premettersi che il ricorrente ha proposto due distinte
domande volte ad accertare, la prima, la responsabilità
precontrattuale della Banca in relazione al mancato
conferimento dell’incarico di amministratore delegato della BNL
di Lussumbergo, la seconda la sussistenza, per fatti concludenti,
di un contratto di consulenza con la Banca a decorrere
dall’ottobre 1996 e sino al giugno 1997, data quest’ultima in cui
le parti non ebbero più alcun rapporto. In relazione ad entrambe
dette domande il ricorrente ha avanzato richieste risarcitorie.
Il ricorso è stato rigettato in primo grado con decisione
confermata dalla Corte d’appello di Roma, ma tale ultima
decisione è stata annullata da questa Corte con sentenza n.
1051/12.

cod. proc. civ., omessa, carente ed erronea motivazione nonché

Con questa sentenza la Corte ha ritenuto che la decisione
impugnata, muovendo dall’erroneo presupposto che, ai fini della
sussistenza della responsabilità precontrattuale fosse necessario
che le parti avessero discusso e concordato, gli elementi
essenziali del contratto, non ha valutato se le indubbie trattative
intercorse tra le parti medesime fossero giunte ad uno stadio tale
dell’incarico di amministratore delegato e se tra le parti fosse
stato effettivamente concluso, per fatti concludenti, un contratto
di consulenza.
Ha quindi cassato con rinvio la sentenza impugnata per
l’ulteriore esame della controversia, tenendo conto di taluni
elementi che la stessa Corte ha ritenuto essere stati accertati nel
giudizio di merito: le dimissioni del ricorrente dal Banco di
Napoli, le trattative intercorse con esponenti di rilievo della
Banca, l’interesse da costoro manifestato per una sua eventuale
assunzione, la partecipazione del ricorrente a taluni incontri e
missioni estere aventi ad oggetto eventuali finanziamenti, da
parte di

BNL,

a favore di aziende operanti in Cina,

l’organizzazione di talune missioni in tale nazione.
La Corte d’appello di Roma, con la sentenza qui impugnata,
ha riesaminato “l’ampia istruttoria documentale e testimoniale»
e, tenendo conto del principio di diritto e delle altre statuizioni
contenute nella sentenza rescindente, è pervenuta alla
conclusione che la sentenza di primo grado, che aveva rigettato
le pretese del lavoratore, dovesse essere confermata.
Il ricorrente censura anche questa decisione, ritenendo che
la sentenza impugnata non si è adeguata ai principi enunciati da
questa Corte con la indicata sentenza, ha rimesso in discussione
i presupposti fattuali e logici definitivamente accertati in sede di
legittimità, ha effettuato nuovi e diversi accertamenti, ha
compiuto una valutazione dei fatti di causa in contrasto con il
principio di intangibilità delle pronunce della Suprema Corte, ha

da giustificare oggettivamente l’affidamento sul conferimento

i

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omesso di valutare elementi probatori decisivi ai fini della
controversia.
Non ritiene questo Collegio di condividere tale
pro spettazione .
Deve al riguardo precisarsi che in tema di responsabilità
precontrattuale la verifica della ricorrenza degli elementi che
configurano tale tipo di responsabilità, risolvendosi in un
accertamento di fatto, è demandata al giudice di merito ed è
incensurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato
(cfr. Cass. n. 7768/07; Cass. n. 11438/04; Cass. n. 1632/2000).
Lo stesso dicasi con riguardo alla verifica degli elementi da
cui desumere se un determinato contratto sia stato concluso per
fatti concludenti.
Nella specie, la Corte di merito, in adesione ai criteri
affermati dalla pronuncia rescindente, ha escluso, con una serie
di argomentazioni ben coordinate ed esaurienti, la responsabilità
precontrattuale della Banca, ritenendo altresì che non fosse
ipotizzabile la sussistenza, per fatti concludenti, di un contratto
di consulenza.
In particolare la Corte anzidetta, quanto al rivendicato
conferimento dellincarico di amministratore delegato, ha
affermato che le dimissioni del ricorrente rispondevano ad una
sua valutazione personale, non concordata con BNL, essendo
state esse esplicitamente determinate, come risultava dalla
lettera del ricorrente del 31 maggio 1996, dalla consapevolezza
che il compito da lui svolto presso il Banco di Napoli non
rientrava più nelle strategie prioritarie di tale istituto di credito;
che peraltro tali dimissioni erano state accompagnante da una
richiesta di un adeguato incentivo; che i rapporti intrattenuti con
i rappresentanti della Banca erano inidonei ad ingenerare un
ragionevole affidamento sul conferimento dell’incarico di
amministratore delegato; che alcuna proposta di concreta
assunzione venne mai formulata dalla Banca, tanto meno con
l’incarico di amministratore delegato, risultando invece che una

t,

siffatta proposta venne avanzata agli organi apicali della Banca
dal precedente amministratore delegato; che gli incontri tra le
parti si muovevano sul terreno delle mere ipotesi; che mancava
del tutto la prova che la Banca avesse violato l’obbligo di lealtà
reciproca, dovendosi invece ritenere che il ricorrente fosse ben
consapevole che l’interesse della Banca ad una sua assunzione
Quanto, poi, al contratto di consulenza, la Corte
territoriale, nel rilevare che la pronuncia rescindente non aveva
enunciato sul punto alcun principio di diritto, ma aveva
demandato al giudice di rinvio il riesame degli atti, ha valutato
nuovamente, anche qui, il merito della vicenda, escludendo che
un siffatto contratto fosse stato concluso per fatti concludenti.
In particolare ha rilevato che mancava del tutto la prova
che fosse stato conferito, sia pure verbalmente, un incarico in tal
senso al ricorrente; che il medesimo, pur avendo avuto contatti
ed incontri con autorità cinesi, non risultava essere stato mai
autorizzato dai vertici della Banca a spendere il nome di questa
all’estero; che era ipotizzabile che il ricorrente, al di là dell’esito
finale dei rapporti intrattenuti con BNL, potesse avere interesse
a mantenere ed a coltivare le precedenti relazioni intercorse con i
clienti; che la corrispondenza intercorsa tra le parti non
dimostrava la sussistenza del rapporto di consulenza in
questione; che lo schema di contratto cui aveva fatto riferimento
il ricorrente era stato predisposto da uno studio legale esterno,
su iniziativa personale del precedente amministratore delegato
della Banca, senza che fosse stata sottoscritto o accettato da
alcuno.
Come più sopra rilevato il ricorrente ha contestato tale
motivazione, proponendo una serie di censure che
sostanzialmente si risolvono in una richiesta di riesaminare e
valutare, ancora una volta, il merito della causa, e cioè in una
inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del
convincimento del giudice di merito, e perciò in una richiesta

era una ipotesi meramente progettuale.

diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto,
estranea alla natura e alla finalità del giudizio di cassazione.
Tale richiesta va disattesa, avendo la sentenza impugnata,
sulla scorta dei principi e delle indicazioni fornite dalla
pronuncia rescindente, dato sufficientemente conto della
decisione adottata, con una motivazione congrua, coerente e
Discende da tutto quanto precede che il ricorso deve essere
respinto.
5. L’esito incerto della lite, confermato dall’annullamento,
in sede di legittimità, della prima sentenza della Corte d’appello,
giustifica la compensazione tra le parti delle spese del presente
giudizio.
Il rigetto del ricorso comporta il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo unificato pari a quello dovuto
per il ricorso, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115
del 2002, comma inserito dall’art. 1, comma 17, L. n. 228 del
2012.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del
presente giudizio.
Ai sensi all’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115 del 2002,
comma inserito dall’art. 1, comma 17, L. n. 228 del 2012, dà atto
che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo unificato pari a quello dovuto
per il ricorso medesimo a norma dello stesso art. 13, comma 1-

bis.
Così deciso in Roma in datai l febbraio 2015.

priva di vizi logico-giuridici.

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