Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10040 del 08/05/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 10040 Anno 2014
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso 14626-2013 proposto da:
VINGIANI ANNA LUISA VGNNLS73T61C129I, VINGIANI
RODOLFO VGNRLF38D17C129Z, VINGIANI CARLO FELICE
VGNCLF68A26C469Y, in qualità di eredi di Gallerani Milena,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ALESSANDRO III 6, presso
lo studio dell’avvocato LAUDADIO FELICE, che li rappresenta e
difende unitamente all’avvocato LA MURA SALVATORE giusta
procura a margine del ricorso;

– ricorrenti contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

(/
1

Data pubblicazione: 08/05/2014

- resistente noncbi contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE
80415740580;

intimato

avverso la sentenza n. 112/28/2012 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di NAPOLI del 30/01/2012,
depositata il 19/04/2012;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
03/04/2014 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI
CONTI;
udito l’Avvocato Claudio Lucisano (delega avvocato Laudadio Felice)
difensore dei ricorrenti che si riporta agli scritti.
FATTO E DIRITTO
La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione
prevista dall’art.380 bis c.p.c., osserva quanto segue.
Gli eredi di Gallerani Milena Vingiani Rodolfo, Vingiani Carlo Felice e
Vingiani Anna Luisa impugnano per cassazione, con ricorso affidato a tre
motivi, la sentenza resa dalla CTR Campania n.112/28/12 pubblicata il
19.4.2012 che ha accolto l’appello proposto dall’Ufficio contro la sentenza resa
dalla CTP di Napoli che aveva dichiarato parzialmente illegittimo l’avviso di
accertamento relativo a tributi diretti e indiretti per l’anno 2005, rideterminando
il valore del reddito accertato dall’Ufficio attraverso il sistema degli studi di
settore.
Le parti ricorrenti, nel contestare l’avviso del giudice di appello che
aveva ritenuto corretto l’atto di accertamento sulla base del concreto
dimensionamento della farmacia, del fatturato composto prevalentemente di
prodotti destinati a maggiore ricarico rispetto a quello medio relativo a quello
scaturente da farmaci dispensati dal servizio sanitario nazionale, hanno
contestato sotto il profilo della violazione di legge e del difetto di motivazione
Ric. 2013 n. 14626 sez. MT – ud. 03-04-2014
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la sentenza impugnata, deducendo l’erroneo ricorso al metodo induttivo,
l’omessa motivazione dell’atto impugnato e il difetto di motivazione. Ciò
perché l’atto di accertamento si era fondato unicamente sul ritardato invio del
questionario -mentre la normativa di settore presupponeva il mancato invio del
questionario- e comunque sul mero scostamento fra percentuale di ricarico
prevista dallo studio di settore e quella applicata dalla contribuente, senza
contribuente- ubicazione della farmacia, esistenza di altra concorrente nella
zona, ritardi nei pagamenti dell’ASL- , dai quali era possibile invece desumere
la correttezza della dichiarazione della contribuente.
L’Agenzia delle Entrate si è costituita tardivamente al solo fine di potere
presenziare all’udienza pubblica.
Il primo motivo di ricorso sembra inammissibile.
Non vi è traccia, invero, né nella sentenza impugnata né nel ricorso del
fatto che la contribuente abbia prospettato l’illegittimità dell’accertamento sotto
il profilo della mancanza del presupposto dell’omesso invio del questionario.
Dalla sentenza impugnata, per contro, risulta che la contribuente ha incentrato,
nel ricorso introduttivo, le proprie censure sul difetto di motivazione
dell’accertamento in quanto correlato alla sola applicazione dei valori derivanti
dagli studi di settore- v.pag.2 della sentenza-.Si tratta, pertanto, di un motivo
nuovo che non può essere per la prima volta proposto in sede di legittimità.
Il secondo motivo è infondato.
Questa Corte, sulla scia di quanto affermato da Cass.S.U.n.26635/09, è
ferma nel ritenere che l’accertamento tributario standardizzato mediante
applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di
presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege”
determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in
sé considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della
normale redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare
obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale
sede, questi ha l’onere di provare, senza limitazione di mezzi e contenuto, la
sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei
soggetti cui possono essere applicati gli “standards” o la specifica realtà
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nemmeno motivare sugli elementi addotti nel corso del giudizio dalla

dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione
dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma va
integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello “standard”
prescelto e le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate.
L’esito del contraddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità
dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente valutare tanto
impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non
è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo
e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici,
anche se non abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa.
In tal caso, però, egli ne assume le conseguenze, in quando l’Ufficio può
motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli “standards”,
dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente,
nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la
mancata risposta all’invito.-Cass.n.11633/2013-.
Orbene, dovendosi dare continuità a tale indirizzo e ad onta di quanto
affermato dalla parte ricorrente, il giudice di appello ha espressamente
affermato che l’accertamento non si fondava sul mero scostamento fra valore
dichiarato e parametri previsti dagli studi di settore, specificamente esaminando
la particolare situazione patrimoniale della farmacia, la sua collocazione
all’interno di un immobile di significative dimensioni, il numero di persone che
ivi prestava attività lavorativa, l’importo del costo del venduto e dei ricavi
dichiarato, da ciò facendone derivare, anzitutto, la corretta collocazione
dell’esercizio farmaceutico nella fascia prevista dagli studi di settore.
A ciò la Ctr ha aggiunto la circostanza che proprio lo specifico settore
nel quale operava la farmacia, prioritariamente collocata nel settore della
vendita di prodotti per i quali vi era un ricarico maggiore rispetto a quello dei
farmaci dispensati dal servizio sanitario nazionale, rendeva legittimo il rilevato
scostamento fra la percentuale media di ricarico applicata dalla contribuente,
pari al 27 %, a fronte di quella ritenuta dall’ufficio- pari al 35 %- peraltro
considerando che la media di settore oscillava fra il 35 ed il 60 %.
A fronte di tale specifica considerazione della CTR, sono infondati i
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l’applicabilità degli “standards” al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente

rilievi esposti nel secondo motivo, essendosi il giudice di appello pienamente
conformato alla giurisprudenza di questa Corte.
Né le censure in punto di omessa motivazione esposte nel secondo e nel
terzo motivo appaiono meritevoli di esame.
In definitiva, con le censure anzidette le parti ricorrenti hanno posto in
discussione gli accertamenti di fatto congruamente motivati dal giudice di
rivisitazione che rimane invece impedita dall’assenza di palese incongruità e
illogicità della motivazione della sentenza impugnata.
In questa direzione, del resto, milita il rilievo probante attribuito dalla
CTR al maggiore ricarico spettante su prodotti non farmaceutici
prevalentemente venduti dalla farmacia, soggetti a maggior ricarico rispetto a
quello dei farmaci.
Né le parti ricorrenti si sono date cura di dimostrare che gli elementi
asseritamente non esaminati dalla CTR sarebbero stati decisivi e tali da potere
modificare l’esito del procedimento, essendo solo il caso di rammentare che il
giudice di merito non ha l’obbligo di prendere un esame tutti gli elementi
probatori esistenti, soltanto dovendo giustificare la propria decisione in modo
logico e coerente sulla base degli elementi ritenuti probanti secondo le proprie
valutazioni.
Il Collegio condive la relazione depositata, non apparendo le ulteriori
puntualizzazioni esposte in memoria dalle parti ricorrenti persuasive.
Quanto al primo motivo, nemmeno in memoria —atto peraltro non
idoneo a contenere elementi aggiuntivi rispetto a quelli che devono a pena di
ammissibilità essere specificati in ricorso- sono stati indicati con precisione gli
atti processuali in cui sarebbe stata prospettata la violazione dell’art.39 comma
2 lett. d) bis dpr n.600/1973 in relazione al profilo dell’omesso invio del
questionario. Ed invero, non vi è traccia di siffatta censura né nella sentenza —
v.pag.2 sent impugnata ove si indica la censura correlata al difetto di
motivazione- né la parte ricorrente ha offerto in modo autosufficiente a questa
Corte la possibilità di individuare che la stessa fosse stata ritualmente formulata
in primo grado e ribadita in appello. Fuori bersaglio appare, pertanto, il
richiamo alla giurisprudenza in ordine alla possibilità di dedurre in sede di
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appello tentando di ottenere, inammissibilmente, da questa Corte, una loro

legittimità la disciplina giuridica applicabile alla fattispecie, qui discutendosi
non di mera argomentazione giuridica, ma semmai della proposizione di uno
vizio fondato sull’assenza di specifici presupposti richiesti dall’art.39 ult.cit.
che non poteva essere per la prima volta prospettato in sede di legittimità.
Quanto al secondo motivo, le prospettazioni esposte in memoria
colgono singoli aspetti della motivazione della sentenza impugnata e
quali la CTR ha ritenuto di giustificare la legittimità della pretesa fiscale,
agganciati a fattori ulteriori rispetto allo scostamento dai parametri.
Quanto al terzo motivo, è nuovamente il caso di precisare non solo la
circostanza che la CTR avesse già specificato l’inapplicabilità dello sconto ai
prodotti di competenza ASL, ma quella assorbente, in ordine alla mancata
dimostrazione della decisività degli elementi esposti dalle parti ricorrenti sulle
quali sarebbe mancato l’esame della ctr, una volta ritenuta la congruità e
logicità della motivazione e l’inesistenza di un obbligo di specifica indicazione
delle ragioni che hanno condotto il giudice a ritenere, nell’ambito dei poteri
valutativi al medesimo riservati, non rilevanti ai fini della decisione taluni degli
elementi, peraltro generici, offerti dalle parti. Questa Corte è infatti ferma nel
ritenere che la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più
idonee a sorreggere la motivazione, involge apprezzamenti di fatto riservati al
giudice del merito il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una
fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di
indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere
ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo
ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non
menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione
adottata-cfr. Cass. n.17097/2010;cfr. Cass. n. 8767/2011-.
Sulla base di tali considerazioni, il ricorso va rigettato, con la condanna
delle ricorrenti al pagamento delle spese processuali in favore dell’Agenzia
come da dispositivo
P.Q.M.
La Corte
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
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tralasciano, invece, di considerare la puntuale indicazione degli elementi sui

processuali in favore dell’Agenzia delle Entrate che liquida in euro 4.000,00 per
compensi, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso il 3 aprile 2014.

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