Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10040 del 06/05/2011

Cassazione civile sez. I, 06/05/2011, (ud. 27/04/2011, dep. 06/05/2011), n.10040

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

V.F., con domicilio eletto in Roma, via Quintilio Varo n.

133, presso l’Avv. Giuliani Angelo che la rappresenta e difende come

da procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI;

– intimata –

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Roma n. 921

rep. depositato il 16 febbraio 2009;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 27 aprile 2011 dal Consigliere relatore Dott. Vittorio

Zanichelli;

sentite le richieste del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. VELARDI Maurizio che ha concluso per l’accoglimento

del primo motivo e il rigetto del secondo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

V.F. ricorre per cassazione nei confronti del decreto in epigrafe della Corte d’appello che, liquidando Euro 3.500,00 per anni tre e mesi sei di ritardo, ha accolto parzialmente il suo ricorso con il quale è stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del processo svoltosi in primo grado avanti al TAR dall’ottobre 1996 al 1.7.2000 e quindi avanti al Consiglio di Stato dal 25.7.2001 al 20.6.2006.

L’intimata Amministrazione non ha proposto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Premesso che il Collegio ha disposto la redazione della sentenza con motivazione semplificata si osserva quanto segue.

Il primo motivo con il quale si denuncia l’insufficiente quantificazione dell’equo indennizzo è infondato. Premesso che la Corte ha enunciato il principio secondo cui “Secondo i parametri indicati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, ai quali il giudice nazionale è tenuto a conformarsi nell’applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 la durata ragionevole del processo (nella specie: dinanzi alla Corte dei conti in materia di pensione) è di tre anni in primo grado e di due anni in secondo grado; e l’equa riparazione deve essere liquidata in una somma variabile tra i mille/00 ed i millecinquecento/00 Euro per ciascun anno eccedente il termine ragionevole (Cassazione civile, sez. 1^, 3 gennaio 2008, n. 14), nessuna censura può essere mossa all’impugnata decisione che, liquidando in Euro 1.000,00 in ragione d’anno il danno morale conseguente all’irragionevole durata del processo eccedente i tre anni, si è attenuta ai richiamati parametri, non essendo stati evidenziati convincenti elementi che avrebbero dovuto comportare una maggiore liquidazione.

Con il secondo motivo si denuncia violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e dell’art. 1173 c.c. per avere il giudice del merito liquidare gli interessi a far tempo dalla data della pronuncia e non da quella della domanda.

La censura è fondata in quanto è principio già affermato dalla Corte quello secondo cui “Atteso il carattere indennitario dell’obbligatorie nascente dall’accoglimento della domanda di danni conseguenti alla irragionevole durata del processo (ex L. n. 89 del 2001) gli interessi legali sulla somma liquidata decorrono dalla data della domanda di equa riparazione, stante la regola che gli effetti della pronuncia retroagiscono alla data della domanda, nonostante il carattere di incertezza e di liquidità del credito prima della pronuncia giudiziaria”(Cassazione civile, sez. 1^, 17 giugno 2009, n. 14072).

Il ricorso deve dunque essere accolto nei limiti indicati e cassato in parte qua il decreto impugnato.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito e pertanto determinata dalla data della domanda la decorrenza degli interessi.

Le spese del giudizio di merito seguono la soccombenza mentre possono essere compensate per due terzi quelle di questa fase, atteso l’accoglimento solo parziale della domanda e unicamente in punto decorrenza degli interessi, con condanna dell’Amministrazione alla rifusione del residuo.

PQM

LA CORTE accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo, cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, determina dalla data della domanda la decorrenza degli interessi sull’importo liquidato; condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri alla rifusione delle spese del giudizio di merito che liquida in complessivi Euro 873,00, di cui Euro 445,00 per onorari e 378,00 per diritti, oltre spese generali e accessori di legge, nonchè di un terzo di quelle de giudizio di legittimità che, per l’intero, liquida in complessivi Euro 1.000,00, di cui Euro 900,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge; spese distratte in favore del difensore antistatario.

Così deciso in Roma, il 27 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 6 maggio 2011

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