Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10037 del 27/04/2010

Cassazione civile sez. lav., 27/04/2010, (ud. 07/04/2010, dep. 27/04/2010), n.10037

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 27881-2006 proposto da:

DIREZIONE PROVINCIALE DEL LAVORO DI MILANO, in persona del legale

rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

RADIO DIMENSIONE SUONO S.P.A., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PARAGUAY 5,

presso lo studio dell’avvocato RIZZO CLAUDIO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato TRANE PASQUALE, giusta delega a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2655/2005 del TRIBUNALE di MILANO, depositata

il 05/07/2005 R.G.N. 7849/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/04/2010 dal Consigliere Dott. PIETRO CURZIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Direzione provinciale del lavoro di Milano chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale di Milano, pubblicata il 4 luglio 2010, che ha dichiarato illegittima l’ordinanza ingiunzione n. 9.2004 emessa dal direttore del DPL di Milano in data 1 settembre 2004 per violazione del D.L.C.P.S. n. 708 del 1947, art. 6.

Il ricorso si basa su di un unico motivo, così rubricato: violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 17, comma 5, nonchè del D.L.P.C.S. n. 708 del 1947, art. 6, comma 2, art. 10, comma 2. Omessa, erronea, insufficiente, contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.

La decisione viene censurata perchè il giudice avrebbe errato laddove ha ritenuto territorialmente competente l’ufficio di (OMISSIS) e non quello di (OMISSIS) poichè l’accertamento è stato effettuato in (OMISSIS). Al contrario, secondo la ricorrente la competenza era di (OMISSIS) “in quanto i lavoratori erano lì impiegati e lì si svolgeva l’intera attività della società RDS”, mentre “il controllo ispettivo dei funzionari dell’ENPALS, svoltosi effettivamente presso la sede di (OMISSIS) della società, aveva la finalità di reperimento delle prove di un illecito, consumatosi altrove, nella fattispecie, in (OMISSIS), luogo in cui di fatto è svolta l’attività di Radio Dimensione Suono”.

Il ricorso non è fondato.

La contestazione oggetto dell’ordinanza è la seguente: “per aver fatto agire lavoratori appartenenti alle categorie indicate dall’art. 3, da n. 1 a n. 14 non in possesso di certificato di agibilità ENPALS per complessivi 1104 giorni nei periodi dal 1 maggio 1999 al 30 aprile 2002”.

Nella contestazione non si specifica il luogo della commissione dell’illecito.

Nel ricorso si riconosce che la RDS ha sede tanto in (OMISSIS) che in (OMISSIS) e si afferma che effettivamente il controllo si è svolto presso la sede di (OMISSIS).

In presenza di questo stato di cose, ha ragione il giudice quando ritiene che “in mancanza di altre indicazioni” la competenza sia di (OMISSIS), luogo dell’accertamento.

La sentenza, infatti, dopo aver rilevato che è pacifico che l’accertamento fu compiuto in Roma, ha cura di precisare “Peraltro, nè nel rapporto, nè nel verbale di illecito amministrativo, nè negli allegati all’ordinanza ingiunzione emerge che i lavoratori svolgessero attività a (OMISSIS), nè la DPL ha chiesto di provare tale circostanza”. Tale netta e cruciale affermazione non è stata oggetto di specifica censura nel ricorso per cassazione.

La giurisprudenza della Corte di cassazione richiamata dalla DPL riconosce che la competenza si connette ad un luogo diverso da quello dell’accertamento, a condizione che “la stessa imputazione indichi un luogo della commissione del fatto diverso dall’accertamento” circostanza che nel caso in esame non è stata nè allegata nè provata.

Il ricorso, pertanto, deve essere respinto, con le conseguenze di legge in ordine alla spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese nei confronti della controparte liquidandole in 1.500,00 Euro per onorari, 12,00 Euro per spese borsuali, oltre IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2010

 

 

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