Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10037 del 20/04/2017
Cassazione civile, sez. VI, 20/04/2017, (ud. 14/12/2016, dep.20/04/2017), n. 10037
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –
Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –
Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29242-2015 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA IN FALLIMENTO, in persona del Curatore Dott.ssa
S.F. elettivamente domiciliata in ROMA presso la CORTE DI
CASSAZIONE PIAZZA CAVOUR rappresentata e difesa dall’AVVOCATO
RODOLFO LOCCO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1879/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di MILANO del 13/04/2015, depositata il 06/05/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 14/12//2016 dal Consigliere Relatore Dott. ENRICO
MANZON;
disposta la motivazione semplificata su concorde indicazione del
Presidente e del Relatore.
Fatto
RILEVATO
che:
Con sentenza in data 13 aprile 2015 la Commissione tributaria regionale della Lombardia accoglieva l’appello proposto da (OMISSIS) spa in fallimento avverso la sentenza n. 429/12/13 della Commissione tributaria provinciale di Milano che ne aveva respinto il ricorso contro la cartella di pagamento IRES, IVA 2008. La CTR osservava in particolare che essendo in prime cure contestato dall’Agenzia delle entrate, ufficio locale, soltanto che la società contribuente avesse presentato il modello F24 a saldo zero per operare una compensazione di IVA a credito per euro 112.776,00, le ulteriori contestazioni sollevate in grado di appello dovevano considerarsi precluse e comunque riteneva le stesse infondate anche alla luce di giurisprudenza di legittimità che citava.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate deducendo due motivi.
Resiste con controricorso la Curatela della fallita società contribuente.
Diritto
CONSIDERATO
che:
Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – l’Agenzia fiscale ricorrente lamenta violazione/falsa applicazione di plurime disposizioni legislative con riguardo al punto in cui la CTR ha affermato che era onere dell’Ente impositore provare la sussistenza della pretesa IVA de qua.
Con il secondo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, – l’Agenzia fiscale ricorrente si duole della violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, con riguardo alla affermazione della “novità” delle questioni inerenti la regolarità della compensazione IVA opposta dalla Curatela della società ricorrente quale motivo di impugnazione in parte qua dell’atto impositivo impugnato.
Le censure, strettamente connesse e dunque da trattarsi congiuntamente, sono infondate.
La CTR correttamente infatti ha rilevato la “novità” e dunque l’inammissibilità per tardività delle questioni, inerenti la compensabilità del credito IVA di che si tratta, poste soltanto con le difese di appello dall’Agenzia delle entrate, ufficio locale, risultando pacifico che in prime cure l’Ente impositore avesse contestato esclusivamente che fosse provata la presentazione dell’atto che tale compensazione aveva operato (F24 a saldo zero), fatto questo poi ammesso nel secondo grado dall’Ente stesso.
E’ quindi evidente l’autonomia/pregiudizialità di tale ratio decidendi rispetto alla questione della tardività di detto atto di esercizio della compensazione IVA e conseguente questione della emendabilità della dichiarazione financo in sede giudiziale, cui è cenno nella sentenza impugnata, ma espressamente come obiter dictum.
Il ricorso deve quindi essere rigettato.
Le spese processuali seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (cfr. Cass. Civ. 1778/2016, 5955/2014).
PQM
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 5.600 oltre Euro 200 per esborsi, 15% per contributo spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2017