Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10036 del 28/05/2020

Cassazione civile sez. VI, 28/05/2020, (ud. 12/12/2019, dep. 28/05/2020), n.10036

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32297-2018 proposto da:

ICARO DIDATTICA SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, C.M., P.N., FINCEA SRL, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliati in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e

difesi dall’avvocato GIUSEPPE FEVOLA;

– ricorrenti –

contro

SALLUSTIO SRL e per essa, quale mandataria, il CREDITO FONDIARIO SPA,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato BARBARA SODI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1682/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 11/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. VINCENTI

ENZO.

Fatto

RITENUTO

che, con ricorso affidato a quattro motivi, la Icaro Didattica s.r.l., C.M., P.N. e la Fincea s.r.l. hanno impugnato la sentenza della Corte di appello di Firenze, decisa ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c. e resa pubblica con lettura in udienza in data 11 luglio 2018, che ne respingeva il gravame avverso la decisione del Tribunale di Arezzo che, a sua volta, ne aveva respinto l’opposizione a decreto ingiuntivo emesso in favore della Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio soc. coop. per l’importo di Euro 136.051,15, oltre accessori;

che resiste con controricorso la Sallustio s.r.l., quale cessionaria del credito, e per essa la mandataria Credito Fondiario S.p.A.;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, in prossimità della quale i ricorrenti hanno depositato memoria;

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che, in via preliminare ed assorbente (ciò esimendo il Collegio di dare contezza del tenore dei motivi di impugnazione), il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per tardiva proposizione in relazione al decorso del termine breve, ex art. 325 c.p.c., comma 2, di sessanta giorni dalla notificazione della sentenza impugnata, effettuata il 25 luglio 2018, essendo stato il ricorso notificato, a mezzo PEC, in data 26 ottobre 2018 e, dunque, oltre il predetto termine, che (escludendo il periodo feriale dal 1 al 31 agosto). scadeva il 24 ottobre 2018;

che, contrariamente a quanto opinato dai ricorrenti (che assumono – e insistono con la successiva memoria – non essere computabile, nella specie, il giorno di sabato del 1 settembre, con proroga al primo giorno non festivo – 3 settembre – dal quale tornerebbe a decorrere il tetiiiine per impugnare), la proroga del termine opera chiaramente, ai sensi dell’art. 155 c.p.c., comma 5 (che richiama il dello stesso art. 155 c.p.c., comma 4 che disciplina la proroga del termine scadente nel giorno festivo), nel giorno di sabato in cui il termine stesso viene a scadere, mentre – in ragione di quanto dispone l’art. 155 c.p.c., comma 3 (alla stregua di principio generale, cui i commi 4 e 5 si ispirano, dettando una regola di eccezione, che per il giorno di sabato si fonda sull’equiparazione al giorno festivo) – i giorni festivi, intermedi (come quello invocato dai ricorrenti), “si computano nel termine” (cfr., in tale prospettiva, Cass. n. 14680/2000, Cass., S.U., n. 14699/2003);

che il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile e i ricorrenti condannati, in solido tra loro, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-3 Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 12 dicembre 2019.

Depositato in cancelleria il 28 maggio 2020

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