Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10036 del 27/04/2010

Cassazione civile sez. lav., 27/04/2010, (ud. 07/04/2010, dep. 27/04/2010), n.10036

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 35126-2006 proposto da:

DITTA BERTONE BRUNO & F.LLO S.A.S., in persona del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A.

DEL CASTAGNO 34, presso lo studio dell’avvocato BELTRANI SERGIO,

rappresentata e difesa dall’avvocato RUSSO DE LUCA BRUNO, giusta

delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati CORRERA

FABRIZIO, CORETTI ANTONIETTA, MARITATO LELIO, giusta delega in calce

al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 987/2006 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 10/07/2006 R.G.N. 698/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/04/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO DI NUBILA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ricorso depositato in data 18.11.1998, B.B. quale titolare della SAS Fratelli Bertone Bruno e C, esponeva di avere ottenuto una sentenza passata in giudicato del Pretore di Nocera Inferiore, la quale riconosceva il diritto della società attrice agli sgravi contributivi di cui agli artt. 18 della L. n. 1089 del 1968 e della L. n. 589 del 1971, art. 1 essendo stata accertata la propria natura di “nuova impresa”. Chiedeva pertanto al Tribunale di Nocera Inferiore la declaratoria del proprio diritto al rimborso, oltre accessori.

2. Si costituiva l’INPS. Nel corso del giudizio di primo grado la società attrice dava atto dell’avvenuto pagamento della sorte capitale, mentre insisteva per la condanna agli accessori. Il Tribunale dichiarava cessata a materia del contendere quanto ai contributi e condannava l’INPS a pagare l’ulteriore somma di Euro 17.028,40 a titolo di accessori.

Riteneva il primo giudice che con la domanda amministrativa del 3.5.1988 la società aveva posto in mora l’INPS, e che si trattava di indebito oggettivo.

3. Proponeva appello l’INPS; resisteva la società f.lli Bertone. La Corte di Appello di Salerno riformava la sentenza di primo grado e condannava l’INPS a pagare gli interessi legali sul capitale dalla data della domanda giudiziale – 18.11.1998 – anzichè da quella ritenuta dal Tribunale, osservando che – trattandosi di indebito oggettivo, gli interessi decorrono dal giorno del pagamento se il creditore è in mala fede, dal giorno della domanda se egli è in buona fede;

– nella specie, la questione della “novità” dell’impresa nasceva da un verbale ispettivo, dal quale risultava che la società era la prosecuzione della ditta individuale C.B.;

– in tale stato di incertezza, si deve presumere la buona fede dell’Istituto;

– non costituisce domanda quella presentata il 3.5.1988, la quale è la domanda amministrativa con la quale la società contestava la determinazione dell’INPS;

– la domanda cui fare riferimento è quella con la quale il debitore chiede la restituzione della somma indebitamente pagata e tale è solo la domanda giudiziale del 18.11.1998.

4. Ha proposto ricorso per Cassazione la SAS Bertone Bruno e F.lli, deducendo due motivi.

Resiste con controricorso l’INPS.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

5. Con il primo motivo del ricorso, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 2033, 2036, 1185, 1147, 1218 e 1219 c.c.: la domanda in via amministrativa è necessaria onde introdurre la domanda giudiziale e la richiesta del beneficio vale come messa in mora. La Corte di Appello ha trascurato la domanda giudiziale proposta nel 1992 al giudice del lavoro. La domanda del 1998 non può essere ritenuta la prima domanda di restituzione dell’indebito. Il creditore INPS non può essere ritenuto in buona fede.

6. Il motivo è infondato. Parte ricorrente non precisa, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, quale fosse il contenuto della domanda giudiziale proposta nel 1992 e in quale sede ha introdotto il relativo riferimento nel presente processo, a valere come richiesta di restituzione dell’indebito. Nel merito , si osserva che le regole in tema di ripetizione di indebito e di decorrenza degli interessi sono quelle esattamente esposte nella sentenza di appello. Il giudice di merito accerta che l’INPS non può essere ritenuto in mala fede solo perchè la società ha contestato una valutazione negativa circa il diritto agli sgravi contributivi:

ed infatti la semplice esistenza di una controversia non dimostra la mala fede dell'”accipiens”, talchè sarebbe sufficiente contestare un debito per desumerne la mala fede del creditore. L’esclusione della mala fede in capo all’INPS costituisce apprezzamento in fatto, sorretto da motivazione adeguata e coerente, tale da non essere soggetta a censura in sede di legittimità.

7. La questione da porre è invece quella della data della domanda.

Tale si intende la domanda giudiziale, con l’avvertenza peraltro che “in ipotesi di ripetizione dall’INPS di somme indebitamente versate dal datore di lavoro per contributi assicurativi, gli interessi dovuti, ai sensi dell’art. 2033 cod. civ., dall’accipiens” in buona fede decorrono non già dalla domanda giudiziale ma (senza che al riguardo abbia rilievo la sentenza della Corte Costituzionale n. 156 del 1991) dalla precedente domanda amministrativa, atteso che questa (costituente anche nel nuovo rito del lavoro una condizione di proponibilità dell’azione giudiziaria) non può essere considerata una mera richiesta di restituzione, avendo caratteristiche del tutto analoghe alla domanda giudiziale sia per la certezza del “dies a quo” sia per l’idoneità a rendere consapevole l’accipiens” dell’indebito nel quale versa, e tenuto conto che un’interpretazione restrittiva del termine “domanda” nel senso tecnico – giuridico di domanda giudiziale determinerebbe conseguenze pregiudizievoli per i diritti del “solvens” e quindi dubbi di legittimità costituzionale della citata norma in relazione agli artt. 3 e 24 Cost..” (Cass. 5.5.2004 n. 8587).

8. Nello stesso senso Cass. n. 1036.2002: “In ipotesi di ripetizione dall’I.N.P.S. di somme indebitamente versate dal datore di lavoro per contributi assicurativi corrisposti in parte in epoca anteriore e in parte in epoca successiva alla domanda amministrativa, gli interessi dovuti, ai sensi dell’art. 2033 cod. civ., dall’accipiens” in buona fede decorrono per i versamenti anteriori alla domanda amministrativa dalla data di tale domanda e per i versamenti successivi, in mancanza di altri atti di costituzione in mora equivalenti alla domanda giudiziale, dalla data di proposizione di quest’ultima”. Conf. Cass. n. 7636.2000.

9. Occorre allora accertare in fatto il contenuto della domanda amministrativa, prodromica alla domanda giudiziale. Al riguardo la Corte di Appello accerta, in modo adeguatamente motivato e pertanto incensurabile in questa sede, che la domanda amministrativa risalente al 1988 non è quella con la quale viene chiesta la restituzione di contributi, laddove la restituzione dei contributi coi relativi interessi è stata chiesta con la domanda giudiciale in data 18.11.1998.

10. Il ricorso deve, per i suesposti motivi, essere rigettato. Giusti motivi, in relazione alla complessità in fatto della vicenda, all’opinabilità delle questioni trattate ed al comportamento processuale delle parti, consigliano la compensazione delle spese del processo di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del processo di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2010

 

 

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